“Carthago delenda est” …ditelo a matteo renzi
Cartagine era una grande e bella Città-stato. Aveva colonizzato commercialmente gran parte del Mediterraneo occidentale, ma non solo. E con una potentissima flotta espandeva i propri possedimenti e le proprie aree di influenza. Era civile, evoluta, raffinata e colta.
Ebbe la sfortuna di condividere l’esistenza con Roma.
Si scontrarono due mondi e due modi di intendere la vita ed il dominio.
Roma era grezza, al confronto, con una cultura più primitiva, non ancora assurta a faro di civiltà eterna. Ma aveva dalla sua una volontà di potenza, un testosterone insopprimibile ed una coesione che superava le diatribe interne. Roma era la Dea Roma, per i Romani, senza se e senza ma. Le guerre durarono secoli, con vicende alterne. Cartagine fu sul punto di vincere, dopo Canne. Ma sempre il Sangue romano trovò in sé la forza di risorgere e di armare un esercito dopo l’altro. Fino ad arrivare ad assediare la Città nemica con Scipione, un “legatus” (generale) romano, che non le mandava a dire: combatteva.
E proprio l’assedio di Cartagine, con le donne che si tagliarono i capelli per produrre funi e corde per gli archi, che nasce la similitudine con i nostri tempi.
Mi è balenata questa mattina, ascoltando le notizia. Si parla di quando il presidente della Repubblica (presidente minuscolo, Repubblica maiuscolo) darà le dimissioni: prima o dopo l’approvazione della legge elettorale? Prima o dopo il discorso di fine anno? Prima o dopo la conclusione del Semestre di presidenza Italiana dell’Unione Europea? E si fanno calcoli, dei vari atteggiamenti dei partiti: cosa farà questo, cosa farà quello. Si commenta l’astensionismo, e si cerca di individuare chi beneficerà del declino dei pentastellati (regolare meteora, come lo fu Giannini qualunquista, Bonino radicale, di Pietro che non ci ha azzeccato, il Bossi secessionista….
Tutti interpreti e fruitori dell’indignazione vieppiù insofferente della gente, che non riuscirono ad incanalare la protesta, il messaggio di rivolta larvata). Nei discorsi i “politici” si addossano l’un l’altro le colpe e le cause. Si illustra “con chiarezza e con coerenza” la propria posizione, rischiando il ridicolo, se non peggio. Litigano o fingono di farlo, con una faccia di glutei bronzea e ripugnante, non riuscendo più neppure a nascondere il loro vero e profondo desiderio: la poltrona remunerante, gratificante, unica passione e brama.
Non si accorgono neppure più della realtà, di quello che sta avvenendo.
Esattamente come i dignitari cartaginesi. Fuori le mura c’era Scipione, romano, feroce, duro e spietato. Le donne cartaginesi, più patriote dei loro uomini, avevano sacrificato un fattore importantissimo della loro essenza femminile: i capelli. I dignitari facevano invece baruffa per aver la precedenza nel corteo rituale che andava al tempio per la funzione. La posizione nel corteo equivaleva allo scranno di parlamentare di questa democrazia odierna:potere e prestigio.
Scipione entrò, distrusse, lasciò mano libera all’esercito per vari giorni. Alla fine, a suggello, sulle rovine di quella che era stata una magnifica Città – Stato, fece spargere il sale: neppure l’erba avrebbe dovuto rinascere ove era fiorita la civiltà nemica.
I politici di oggi mi sembrano i dignitari cartaginesi: discutono di sé, del nulla, dei giochino elettorali, delle tattiche per fingere di cambiare, per poter non cambiare nulla.
E il primo ministro Renzi mi sembra meriti l’appellativo di “cartaginese”.
Scipione da Roma grata ed ammirata, fu chiamato “Scipione l’africano” a eterna gloria.
“Renzi il cartaginese” ne incarna il contrappasso.
Fabrizio Belloni