USA – Massacratori da Sand Creek ad oggi
E’ passato oramai un secolo e mezzo dal massacro del fiume Sand Creek
ed il suo ricordo, a poco a poco sempre più lontano, permane nella
memoria delle generazioni che si succedono.
All’alba del 29 novembre del 1864, un contingente dell’esercito degli
Stati Uniti attaccò le tribù Cheyenne ed Arapaho accampate presso
un’ansa del fiume Sand Creek, dove si trovavano per svernare.
Seicento tra vecchi, donne e bambini. La quasi totalità dei loro
guerrieri era altrove, lontani per cacciare bisonti.
Ad attaccare quegli indifesi, settecento soldati dell’esercito
statunitense, agli ordini di un tutt’altro che prode colonello
Chivington, un altro che non aveva mai nascosto il suo disprezzo ed il
suo odio per i nativi americani.
Come risultò dall’indagine successiva, molti tra i soldati americani
erano ubriachi e privi di disciplina, perché reclutati alla svelta tra
gruppi di volontari che avevano scelto i territori indiani invece che
combattere sul fronte della guerra civile, allora in pieno
svolgimento.
Non si trattò di uno scontro tra valorosi, come altri nella Storia dei
popoli ma di una carneficina in nome dell’odio insensato e
dell’espansionismo privo di scrupoli.
Ai bianchi facevano gola certi territori, certi giacimenti, certe
tratte commerciali. Gli indiani erano un impedimento e furono trattati
secondo un copione messo in scena ancora molte altre volte, in molte
altre parti del mondo.
Perché gli indiani erano accampati proprio lì? Perché avevano ricevuto
assicurazioni che non sarebbero stati in pericolo.
Perché si erano fidati? Perché i rapporti con i bianchi, malgrado
alcuni alti e bassi, erano stati tutto sommato pacifici ed erano stati
firmati dei trattati apparentemente sempre rispettati.
I capi indiani più vecchi probabilmente capivano che i nativi non
potevano nulla contro la potenza militare dei bianchi e cercavano di
salvare il salvabile, mostrandosi leali, rispettosi, amichevoli. Si
sbagliavano.
All’alba del 29 novembre 1864, Cheyenne e Arapaho capirono bene quanto
niente valesse la parola dell’Uomo Bianco.
Lo capì bene per primo Antilope Bianca, capo indiano di 75 anni: corse
incontro ai soldati a mani alzate ritrovandosi ammazzato, il corpo
mutilato poi dai coltelli. Naso, orecchie, dita, genitali furono usati
come trofei.
Lo capirono bene tutti coloro che quel giorno si ritrovarono in
pericolo di vita, feriti o morti e, da morti, senza pezzi del loro
corpo. Uomini o donne che fossero. Perché anche da morti, i loro corpi
vennero profanati e da essi presi dei pezzi che finirono ad ornare
cappelli, selle, vestiti.
Capirono bene che la parola dell’America non vale niente e che se
viene rispettata è solo perché l’avversario ha trattato da una
posizione di forza e può far pagare caro il tradimento.
http://www.statopotenza.eu/16966/anniversario-di-un-massacro
http://italian.irib.ir/analisi/commenti/item/174453-anniversario-massacro-disumano-sand-creek-dai-soldati-usa