Blocca renzie – Per dire NO alla rottura dello stivale – 15 e 16 ottobre 2014, presidio a Roma / Parlamento

Fermatelo prima che sia troppo tardi

Blocca renzie – Per dire NO alla rottura dello stivale – 15 e 16 ottobre 2014, presidio a Roma / Parlamento

Un attacco all’ambiente senza precedenti e definitivo: è il cosiddetto Decreto “Sblocca Italia” varato dal Governo Renzi il 13 settembre 2014. Un provvedimento che condanna il Belpaese all’arretratezza di un’economia basata sul consumo intensivo di risorse non rinnovabili e concentrata in poche mani. È un vero e proprio assalto finale delle trivelle al mare che fa vivere milioni di persone con il turismo; alle colline dove l’agricoltura di qualità produce vino e olio venduti in tutto il mondo; addirittura alle montagne e ai paesaggi sopravvissuti a decenni di uso dissennato del territorio. Basti pensare che il Governo Renzi rilancia le attività petrolifere addirittura nel Golfo di Napoli e in quello di Sorrento tra Capri, Ischia ed Amalfi!.

Si arriva al paradosso che le produzioni agricole di qualità, il nostro paesaggio e i tanti impianti e lavorazioni che non provocano inquinamento, compresi quelli per la produzione energetica da fonti rinnovabili quando realizzati in maniera responsabile e senza ulteriore consumo di territorio, non sono attività strategiche a norma di legge. Lo sono, invece, i pozzi e l’economia del petrolio che, oltre a costituire fonti di profitto per poche multinazionali, sono causa dei cambiamenti climatici e di un pesante inquinamento. Mentre il mondo intero sta cercando di affrancarsi da produzioni inquinanti, il Governo Renzi per i prossimi decenni intende avviare la nostra terra su un binario morto dell’economia. Eppure l’industria petrolifera non ha portato alcun vantaggio ai cittadini ma ha costituito solo un aggravamento delle condizioni sociali ed ambientali rispetto ad altre iniziative legate ad un’economia diffusa e meno invasiva.

Nel Decreto la gestione dei rifiuti è affidata alle ciminiere degli inceneritori, mentre l’Italia dovrebbe puntare sulla necessaria riduzione dei rifiuti e all’economia del riciclo e del riutilizzo delle risorse.

Tanti comuni italiani hanno raggiunto percentuali del 70-80% di raccolta
differenziata coinvolgendo intere comunità di cittadini. Bruciare i rifiuti
significa non solo immettere nell’ambiente pericolosissimi inquinanti
producendo ceneri dannose alla salute e all’ambiente ma trasforma in un
grande affare, concentrato in poche mani, quello che potrebbe essere una
risorsa economica per molti.

Le grandi opere con il loro insano e corrotto “ciclo del cemento” continuano
ad essere il mantra per questo tipo di “sviluppo” mentre interi territori
aspettano da anni il risanamento ambientale. Chi ha inquinato deve pagare.

Servono però bonifiche reali, non affidate agli stessi inquinatori e realizzate con metodi ancora più inquinanti; l’esatto opposto delle recenti norme con cui si cerca di mettere la polvere tossica sotto al tappeto. Addirittura il “sistema Mose” diventa la regola, con commissari e “general contractor” che gestiranno grandi aree urbane in tutto il Paese.

Questo Decreto anticipa nei fatti le peggiori previsioni della modifica
della Costituzione accentrando il potere in poche mani ed escludendo le
comunità locali da qualsiasi forma di partecipazione alla gestione del loro
territorio..

Il provvedimento si configura come un primo passaggio propedeutico alla
piena realizzazione del piano complessivo di privatizzazione e finanziarizzazione dell’acqua e dei beni comuni che il Governo sembra
voler definire compiutamente con la legge di stabilità.

Vincenzo Miliucci – v.miliucci@libero.it

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Con l’adesione di Paolo D’Arpini, referente Rete Bioregionale Italiana e Circolo Vegetariano VV.TT.

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