La guerra della cartamoneta – Ovvero: se una montagna di dollari spazzatura non può comprare il mondo…
L’informazione tende a darci una immagine dgli Usa come di una sorta di divinità onnipotente, ma le cose stanno davvero così ?
Guardiamo il caso dell’Irak. 23 (dal ‘91, prima guerra del Golfo) anni di guerra statunitense non sono ancora bastati ad ottenere il controllo politico della situazione. il piano di spartizione in tre stati (”Grande Medio Oriente”) è del 2001, e ancora oggi si trovano ad aver perso un alleato, l’Isis del califfato, che doveva essere una loro creazione, ma dopo la denuncia di Baghdad contro il furto di petrolio Isis ha dovuto cambiare acquirenti, riaprendo l’oleodotto per la Siria, e tanto è bastato a far saltare tutti gli equilibri, sicché Washington vorrebbe liberarsi della sua creatura ma non ci riesce.
Intendo dire che il mondo oltre che più grande di quel che pensano i nostri giornali è anche molto più intricato e complicato di come lo vorrebbero dipingere, ed è piuttosto instabile.
E’ ovvio che 300 milioni di cittadini Usa non possono, da soli, controllare un pianeta abitato da 7 mld di individui (incluse non poche potenze atomiche).
Per questo Carter elaborò una strategia di guerre “Per procura”, conflitti regionali da gestire organizzando bande armate ed eserciti appositi.
Ma per quanti soldi tu possa avere, i cambiamenti autonomi di campo non li puoi eliminare, a causa delle variabili circostanze di interesse: le alleanze non sono stabili, e la “Guerra per procura” è un’arte perennemente sul filo del rasoio, un continuo gioco a finanziare ed armare chi poi ti si potrebbe rivoltare contro.
Finora l’arma della moneta internazionale monopolista ha sempre funzionato come enorme strumento di potere, ma se viene a mancare il monopolio si profila una situazione in cui l’aggressività rimane senza strumenti efficaci.
Tutto il meccanismo del capitalismo occidentale funziona attraverso l’espansione, ma se l’espansione si blocca quel meccanismo si inceppa.
Una moneta Lakota International non è concorrenziale al dollaro, ma una moneta russocinese sì.
Vladimir Putin infatti sta attuando un progetto di moneta alternativa russa, già in associazione con Cina e India. Si chiama Progetto Doppia Aquila e tende a sostituire il dollaro nelle transazioni internazionali. Se accadrà, l’immensa montagna di spazzatura verde chiamata “dollaro” non sarà più il valore di riferimento per i pagamenti internazionali e da quel momento in poi saranno cazzi amarissimi per Oblablama e l’Europa. Il volume di commerci internazionali che ricade nell’area Russia-Cina oltre India e Paesi Brics rappresenterà ben oltre il 50% degli scambi totali. Il che vuol dire che Putin potrà dettare legge su metà del Pianeta, e tutto questo senza sparare nemmeno un colpo.
[ Superpippo De Pippis ].
Ecco quindi spiegato in poche parole l’insostenibile nervosismo dei governi eurostatunitensi verso Mosca.
Gli ultimi superstiti ruderi sbrecciati di Bretton Woods si stanno sbriciolando e ormai crollando polverosamente.
L’aspetto più incredibile della situazione è perché mai nessuno lo abbia fatto prima.
Non c’è un solo motivo oggettivo al mondo per cui le nazioni debbano continuare ad impiegare il dollaro come unità monetaria degli scambi internazionali.
A parte l’esercito Usa, lo stesso che ha devastato l’Irak per motivi ben diversi dalla favola della “armi di distruzione di massa”, ovvero perché Saddam Hussein non intendeva accettare i prestiti forzosi Fmi vincolati agli interessi delle corporation statunitensi, e pure vendere petrolio in euro invece che in dollari (lo conferma l’ex insider John Perkins). E pure la Siria è continuamente minacciata di guerra per lo stesso motivo (gode di moneta sovrana, sistema bancario nazionalizzato, ed è estranea alla politica dei prestiti Fmi, di cui non ha bisogno).
Ma, a differenza dell’Irak, la Russia è una superpotenza militare nucleare, alleata di altre tre potenze nucleari (Cina, India, Brasile), il che mette fuori gioco l’esercito Usa.
Non rimane che prepararsi, avremo un mondo sempre più bipolare nel quale vivere, con buona pace di Washington e dei sogni del “nuovo secolo americano” (do you remember?).
Vincenzo Zamboni