Educare alla pace – “Per eliminare le guerre cominciamo col chiudere i mattatoi”

Marinella Correggia con il suo libro Cucinare in Pace

Dire no ad un male serve a poco se non si combattono le cause che lo generano. La guerra, come la malattia, non è la causa ma l’effetto di un male profondo e diffuso: è la sommatoria delle singole disarmonie che ognuno alimenta con il suo personale egoismo.
Si dice che la guerra germoglia sul terreno dell’ingiustizia, della disperazione, della miseria, ed è vero, ma non è solo questo. I popoli del benessere non hanno eliminato dalla loro realtà sociale la violenza ed il crimine.
Se per assurdo ogni essere umano avesse domani da che vivere da nababbo un giorno dopo l’umanità sarebbe nella medesima situazione di oggi, perché è la coscienza degli uomini che è malata e se non si interviene sulla sfera morale dei cittadini attraverso programmi di formazione, gli uomini resteranno profondamente insaziabili e sempre capaci di commettere delitti. Un animale affamato uccide la sua preda per nutrirsi, perché da questo dipende la sua vita, ma una volta saziato non ha più motivo di essere aggressivo. Non è così, purtroppo, per gli esseri umani, a meno che non siano educati fin dall’infanzia alla giustizia e al rifiuto incondizionato della violenza.
A parte sporadici pazzi criminali e venditori di armi, nessuno vuole la guerra. Il 99% dell’umanità non vuole la guerra. Nessun individuo saggio ed equilibrato può volere questo male, il peggiore in assoluto. Eppure la terra è disseminata di guerre perché nel corso della storia non c’è mai stata la vera volontà politica di educare la gente alla fratellanza universale, all’aiuto reciproco, alla condivisione, al dialogo: non conviene ai potenti che sia abolita la legge del più forte.
E’ vero che quando un feroce dittatore non vuole sentire la voce della ragione è necessario impedirgli di nuocere per cercare di scongiurare mali peggiori, ma la soluzione non deve mai, in alcun modo, coinvolgere gli innocenti. E’ altrettanto vero che anche in una ipotetica dimensione paradisiaca ci saranno sempre schegge impazzite: ma se le popolazioni fossero educate ai principi del diritto e della vera democrazia, la scelta dei capi cadrebbe su individui capaci di operare per l’esclusivo bene loro popolo, non per le loro capacità strategiche, economiche o politiche.
L’aspetto più pericoloso sta nel meccanismo innescato del benessere economico al quale le popolazioni abbienti non intendono rinunciare, anche a costo di improvvisarsi predatori a danno dei più deboli.
La sola speranza per il genere umano di abolire la violenza, le ingiustizie e la guerra è di educare le popolazioni ai valori fondamentali della vita. Finché ogni Stato non s’impegnerà a curare la formazione morale dei suoi cittadini, per dare specialmente alle nuove generazioni una mentalità di pace, di giustizia, di condivisione, di valorizzazione delle differenze culturali, di rispetto, di onestà non sarà possibile realizzare un mondo senza guerre. E’ un illuso chi crede che la guerra possa essere abolita senza prima cambiare la coscienza degli uomini.
La cultura della pace non si improvvisa. Non basta dire “pace,” “giustizia” se non si rende l’animo umano capace di incarnare questi principi. La pace è il risultato finale di un processo educativo ed evolutivo della sfera morale, civile e spirituale di un popolo alla quale si può pervenire solo attraverso programmi scolastici di insegnamento attuati con lo stesso impegno, anzi maggiore, con cui vengono insegnate le altre discipline scolastiche. Dal cuore umano nasce infatti ogni bene ed ogni male. L’amore dorme nella coscienza di ognuno in attesa di essere legge di vita.
Ed oggi, dopo duemila anni di cristianesimo, ancora grava sull’Occidente e sull’intero genere umano l’onta di non essere riuscito ad abolire il male più antico e terribile della storia: la guerra, come strumento di risoluzione delle controversie umane. L’uccisione legalizzata di un uomo è un fallimento per l’intera civiltà umana. Purtroppo qualcuno crede che non sia possibile aspirare ad un mondo senza guerre; dove gli uomini perdono i freni inibitori e l’odore del sangue fa scatenare in essi l’istinto del massacro, della devastazione, dello stupro, del sadismo, dell’umiliazione dei vinti. Come può essere consentito in guerra ciò che in tempi di pace viene condannato dalla legge e dalla coscienza morale? Chi è capace di uccidere in guerra come può, tornando a casa, essere un buon padre di famiglia, un buon cittadino? Ma la guerra ci sarà finché ci sarà qualcuno gente disposta ad uccidere.
La guerra è la macchia più nera che pesa, senza possibilità di appello, sulla coscienza dell’intero genere umano come una tremenda nemesi karmica i cui frutti sono: morte, dolore, pianto, disperazione, miseria, fame, involuzione, annientamento di ogni sogno, distruzione di ogni speranza: è la fine di tutto ciò che con sacrificio e fatica si è costruito.
La guerra è la peggiore espressione del genere umano che in questo dimostra di essere tra tutte le creature la più irrazionale e crudele: abitua l’uomo a convivere con la tremenda legge del fine che giustifica i mezzi e obbliga uomini, fondamentalmente onesti, giusti e buoni, a trasformarsi in feroci assassini, a compiere l’atto più ingiusto e disumano che un uomo possa compiere verso un suo simile che è costretto, suo malgrado, ad uccidere per non essere ucciso. Il dolore di una madre a cui viene ucciso il figlio, di una sposa a cui viene assassinato il compagno o un figlio è inimmaginabile, come spaventose sono le conseguenze che ricadono sempre sui più deboli e che nessuna causa può mai giustificare.
Come deve essere abolito il concetto di patria/nazione (da sempre motivo di lutti e sventure) per essere sostituito con il concetto di Patria Universale, senza per questo rinunciare alla propria cultura, alle proprie tradizioni, alla propria sovranità, così deve essere abolito il concetto di guerra dalla mente e soprattutto dalla coscienza degli individui, come possibilità di risoluzione dei contrasti tra popoli, ma contestualmente ogni popolo deve essere educato alla pace, alla concordia, alla fraterna collaborazione, alla valorizzazione delle differenze culturali, politiche, sociali, religiose.
Occorre un nuovo sistema politico mondiale che rifiuti a priori ogni condivisione ai conflitti armati in grado di sancire un accordo imperituro tra le nazioni a non ricorrere in nessun caso all’uso delle armi. Un nuovo ordine internazionale in grado di istituire un esercito mondiale, composto da volontari, con il compito di prevenire e di spegnere ogni focolaio interno ed internazionale che possa trasformarsi in un conflitto armato tra le parti, ed ogni popolo deve contribuire, a seconda delle sue possibilità, al suo mantenimento. Per giungere a questo occorre pervenire all’istituzione di un Governo Mondiale che abbia il controllo delle forze armate e la capacità di unificare le stesse.
L’egemonia mondiale di una sola potenza auspicata da Bertrand Russel può essere la soluzione del “meno peggio” ma ha come contropartita lo spettro che questa ceda alla tentazione di imporre il suo potere su tutti, a meno che non si trovi il modo di neutralizzare questo pericolo.
Ma anche in questo caso la possibilità di una nuova guerra sarà alquanto aleatoria se contestualmente non ci sarà una forte volontà politica, da parte di ogni nazione, di educare, attraverso la scuola, le nuove generazioni all’idea che la pace, figlia della giustizia e della democrazia, è possibile, sempre e dovunque mediante la scienza della convivenza sociale e del processo integrato delle culture.
Insomma, trovare una strategia adatta a scongiurare una guerra è solo una guerra rimandata, se non si interviene sulla coscienza degli uomini.

Art. 11 della Costituzione recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli.

Franco Libero Manco

Post Scriptum:
Il CIWF (Compassion in Word Farming) riporta un’inchiesta dei suoi video-operatori in Libano che hanno svolto delle riprese in un mattatoio che sospettavano celasse pratiche crudeli, ma non si aspettavano di essere testimoni di tanto orrore.” Al macello pubblico di Beirut il pavimento è coperto di sangue, feci e parti anatomiche di animali; gli animali vengono trattati con brutalità, trascinati per le zampe, per il vello e perfino per le orbite oculari; gli animali sono costretti a saltare sui corpi di altri animali morti per arrivare al luogo dell’uccisione”.

E la situazione non è dissimile negli altri milioni di macelli disseminati per il mondo. Finché gli esseri umani saranno così ingiusti, insensibili e crudeli verso esseri innocenti; finché la loro coscienza sarà in grado di giustificare, o solo tollerare, l’esistenza dell’inferno dei mattatoi non saranno in grado di abolire le guerre.

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