UE – L’intransigenza tedesca nuoce anche alla Germania

Dirò qualcosa di antipatico e forse forte. La linea tedesca in Europa, di assurda intransigenza, a fronte dell’evidenza della impraticabilità, anche politica e sociale, dell’austerità recessiva, dimostra che l’obiettivo è quello di mantenere bacini di consenso politico interno alimentando la favola dei Paesi mediterranei spendaccioni ed anarchici (peccato però che con il 2,6% del Pil, l’Italia abbia un avanzo primario superiore a quello tedesco, pari al 2,5%) e di costruire e mantenere una egemonia economica, distruggendo economie concorrenti, per poi trasformarle in praterie per acquisizioni di ciò che resta della loro industria (vedi Siemens con Alstom, vedi le voci di acquisto di Alfa Romeo da parte di Vw) e, grazie alla deflazione salariale, in comodi siti di delocalizzazione di stabilimenti produttivi tedeschi. Un disegno anche razionale sotto il profilo economico, e certo la nostra colpa è quella di esserci messi nelle condizioni di averglielo permesso, riempiendoci di debito senza lavorare sulla competitività strutturale, però tale disegno non tiene conto del parametro politico e sociale. Cosa farà la Germania con milioni di italiani, greci, spagnoli, ecc. Che bussano alle sue porte sfruttando la libertà di movimento dentro la Ue, per trovare lavoro? Cosa farà quando i movimenti politici euroscettici e nazionalistici diverranno una ondata irrefrenabile in tutti i Paesi membri? Quando questi ultimi non potranno contribuire al bilancio della Ue perché falliti? I tedeschi dimenticano sempre le lezioni della storia. Per avere un Sacro Romano Impero occorre un Papa italiano che ti incoroni, un diritto romano che ti legittimi. Da soli non si va da nessuna parte.

Tupàc Amarù II

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Commento di Vincenzo Zamboni: “Sono completamente favorevole ala eliminazione dell’euro-debito a cambio fisso, ma ciò si inserisce nel contesto generale della guerra del capitale monopolista contro i lavoratori, una guerra in cui stranamente il proletariato si è ridotto quasi in assenza di difesa. E questo è il guaio radicale: la mancanza di lotta di classe di questa epoca disgraziata.”

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