“Signor presidente lei non mi rappresenta…” – Lettera aperta al presidente della repubblica in carica
Care compagne, cari compagni, vi inoltro copia della lettera preparata fra gli altri da Giovanni Caggiati e Angelo Ruggeri. Se la condividete, vi prego di spedirne una copia con la vostra firma all’indirizzo del Quirinale (qui sotto) e anche di inoltrarla ai vostri indirizzari personali. Un caro saluto comunista, Raul Mordenti
Oggetto: Sig. Presidente, lei non mi rappresenta
Inviare a: presidenza.repubblica@quirinale.it
Egregio Presidente,
ho ascoltato con profondo stupore e rammarico le sue parole in merito alle riforme istituzionali che mettono in
discussione l’assetto democratico del Paese ed avviano un percorso autoritario nel metodo e nel merito.
Lei dovrebbe essere il garante dell’osservanza della Costituzione che ha giurato di osservare e di far osservare; dovrebbe anche essere il rappresentante di tutti gli italiani.
Invece Lei ha scelto di essere uomo di parte e di sostenere lo stravolgimento dell’assetto democratico del Paese, consentendo la svolta autoritaria concordata da uno spregiudicato Presidente del Consiglio e da un pregiudicato, con sentenza definitiva, per frode fiscale.
A Suo avviso, un Senato non rappresentativo e formato da cooptati, una Camera di nominati, con una soglia di sbarramento che preclude una effettiva rappresentatività e che è più fascista della legge fascista Acerbo, l’abolizione del Consiglio Nazionale P.I. e l’esautoramento degli organi collegiali della scuola, ecc. sarebbero riforme democratiche e necessarie per garantire la ripresa economica del Paese e lo sviluppo dell’occupazione.
A mio modesto avviso, le riforme da Lei auspicate sono un attentato alla democrazia ed alla Costituzione che
certamente si può modificare, ma non stravolgere nei suoi principi democratici; sono riforme volte a garantire il potere assoluto ad un Capo ed assolutamente inidonee a realizzare quella politica occupazionale, ormai indilazionabile e non risolvibile senza un coinvolgimento del mondo del lavoro.
Spetterà al Parlamento giudicare le sue parole, gravi e preoccupanti; io posso solo dirle che Lei non mi rappresenta. Secondo la nostra Costituzione non spetta al Presidente della Repubblica sostenere il Governo;
non spetta al Presidente della Repubblica oltraggiare le opposizioni, parlamentari o sociali; non spetta al Presidente della Repubblica invitare i Giudici alla prudenza alla vigilia di sentenze che coinvolgono i potenti; non spetta al Presidente della Repubblica intervenire sui calendari dei lavori parlamentari o invitare il Parlamento alla fretta, meno che mai quando si modifica a Costituzione.
Quando il Parlamento discute il Presidente della Repubblica, secondo la nostra Costituzione, tace e deve tacere.
Giovanni Caggiati – Parma, 27/7/2014
Sottoscritta da Paolo D’Arpini