Animalismo, auto-difesa e lotta alle zanzare ed altri insetti “nocivi”
“Come possiamo considerare degni di diritti uomini vuoti, ignoranti e crudeli, mentre neghiamo gli stessi diritti alla mucca, alla pecora, al cane che ci danno il loro latte, la loro lana e ci proteggono?” (Plutarco)
Anche gli animalisti più impegnati a volte di fronte agli attacchi insidiosi di mosche o zanzare non sanno resistere alla tentazione di sopprimere questi ignari animaletti giustificandosi con la difesa della propria incolumità. C’è chi ha terrore dei ragni, chi dei topi, chi delle salamandre, chi dei serpenti, chi degli scorpioni; alcuni hanno terrore degli uccelli, altri dei cani e perfino dei gatti. Così succede che alcuni animalisti, di fronte alla paura di un eventuale pericolo, cadano in contraddizione con la loro etica in difesa del mondo animale. Infatti se la posizione di chi ritiene giusto uccidere un animale quando questo costituisse pericolo (salvo naturalmente difesa della propria vita) la stessa giustificazione potrebbe estendersi, a seconda delle fobie personali, a qualunque specie animale: ai cinghiali quando invadono i campi dei contadini, agli uccelli che si nutrono di quel che trovano nelle campagne, ai lupi, agli orsi e così via: chi per un modo chi per un altro troverebbe la giusta motivazione per improvvisarsi giustiziere dal momento che ognuno di noi ha più o meno paura di qualche animale.
Nessun animalista si sentirebbe giustificato ad ammazzare una rana o un pipistrello se dovessero invadere per errore la loro dimora: giustamente lo considererebbero un fatto inconciliabile con la nostra causa, mentre difficilmente si sentirebbero in dovere di rispettare la vita di un moscone, di una vespa o di uno scarabeo.
Si reagisce con clamori di piazza quando viene uccisa una balena mentre si subisce passivamente la strage quotidiana dei tonni, sardine, seppie, salmoni, ostriche ecc. eppure la vita di una balena vale quanto quella di un qualunque altro animale, anche se di più piccole dimensioni.
Non è la dimensione fisica dell’animale, né la sua bellezza a sancire il diritto al rispetto, altrimenti l’elefante avrebbe più diritto di una gazzella. Ne il valore intrinseco di un animale dipende dal numero dei componenti la sua specie, altrimenti anche il valore della vita umana sarebbe inversamente proporzionale all’aumentare dei suoi componenti. Ma allora dovremmo rispettare anche i batteri? Non esageriamo, anche se sarebbe auspicabile una sensibilità umana capace di valorizzare ogni diversità con cui si manifesta e permette la nostra stessa esistenza. La nostra morale ci impone di fare meno male possibile agli altri esseri viventi con cui condividiamo la stessa casa: abbiamo il dovere di evitare di uccidere e di far del male volutamente, ma non abbiamo colpa di ciò che non possiamo evitare.
Naturalmente il nostro è un parlare da cittadini metropolitani. Basta fare una passeggiata in campagna per rendersi involontariamente responsabili dell’uccisione di molti piccoli animali, diversamente occorrerebbe fare come i monaci giainisti che muniti di scopa spazzano il terreno per evitare di calpestare i piccoli abitanti della terra. I contadini nell’arare il campo o in qualunque altra attività campestre non si sottraggono all’uccisione di miglia o milioni di piccoli insetti e formiche, per non parlare dei trattamenti chimici dei terreni e delle piante, vera e propria ecatombe di esseri minuti. Ma anche se qualunque coltura, anche la meno invasiva, causa inevitabilmente la soppressione di insetti, molto dipende dal modo in cui ci si pone nei confronti di situazioni inevitabili.
Nessuno ha il merito o il demerito di essere nato uomo, topo o uccello. Se fossimo nati zanzara certamente non vorremmo essere schiacciati contro una parete. Non ci vuole molto ad essere coerenti: basta prendere le precauzioni necessarie per evitare di dover attivare iniziative deprecabili. Se in casa troviamo delle formiche, dei ragni o degli scarafaggi forse è sufficiente munirsi di paletta è portarli in un terreno vicino. Se le zanzare non ci fanno dormire è sufficiente fare in modo che non entrino nel nostro campo d’azione per non dover ricorrere a rimedi estremi che ci causerebbero sensi di colpa, ma soprattutto perché spegnerebbero il loro percorso evolutivo.
Ogni animale, di qualunque specie, merita rispetto e protezione non perché bello, intelligente o utile alla specie umana, ma perché parte della famiglia dei viventi. Se giustificassimo l’uccisone di alcuni animali perché dannosi, fastidiosi, o perché incutono timore, ben pochi si salverebbero e tutto sarebbe giustificabile. Non è forse lo stesso concetto per cui alcuni ritengono che non tutti gli esseri umani abbiano gli stessi diritti? E se questo concetto dovesse estendersi agli esseri umani dovremmo accettare di buon grado l’idea che un ladro, o chiunque più forte di noi, ci rapini, ci violenti, ci uccida. In questi caso la terra sarebbe un inferno.
Nel pianeta terra c’è posto per tutti. Ogni cosa vive per un preciso scopo, quello di proseguire il proprio cammino evolutivo, e tutte le cose sono interconnesse: la vita stessa è possibile solo perché esistono anche le vespe, i topi, le volpi… E quando un animale entra accidentalmente nella nostra sfera d’azione forse non è l’animale ad aver invaso il nostro spazio vitale: può darsi che siamo noi nel posto sbagliato. Molti animali di cui spesso gli umani hanno un’ingiustificata paura vivevano sulla terra molto prima della comparsa dell’uomo. Per l’animale non esiste proprietà privata, barriere geografiche, campi recintati, e se la zanzara ci punge seguendo il suo istinto non per questo deve essere uccisa. La zanzara non sa che non deve pungerci: non ha alternative, noi si: possiamo proteggerci. Un pò di sacrifico vale bene una vita. Impariamo a trattare ogni animale come se fosse l’ultimo rimasto della sua specie e allora avremo una vera coscienza animalista e impareremo a rispettare maggiormente il miracolo della Vita.
Franco Libero Manco