Illegittimità costituzionale della Nato di Joachim Lau e Claudio Giangiacomo

NATO forza di aggressione

ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DELLA NATO

Il titolo del presente capitolo può sicuramente apparire pretenzioso ed eccessivo: come si può infatti sostenere l’illegittimità della partecipazione italiana alla NATO quando su di esso vi sono già state varie pronunzie che ne hanno ribadito la legittimità?
Per tentare di chiarire la nostra posizione prenderemo le mosse proprio dalla più importante di queste pronunzie.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 1920 del 22 marzo 1984 ritenne infatti la legittimità costituzionale della NATO in relazione agli artt. 10 e 11 della costituzione italiana1 assumendo che la Nato sarebbe un’organizzazione internazionale che favorisce la pace e la giustizia tra le nazioni e, soprattutto, quale aspetto essenziale, che rappresenta un’alleanza a puro scopo difensivo.
Partendo da tale pronunzia, quindi, possiamo affermare che la partecipazione italiana alla Nato non è in contrasto con la costituzione laddove l’Alleanza Atlantica mantenga la sua caratteristica di organizzazione internazionale che favorisce la pace e la giustizia tra le nazioni (che lo sia mai stato si può ovviamente dubitare, ma prendiamolo ora come assioma) e che abbia un puro scopo difensivo ( Art.5 Trattato Nato) .
Dando, quindi, per scontato (ma scontato non è) che sino al 1984, data delle citata pronunzia, la NATO abbia avuto le suddette caratteristiche dobbiamo cercare di verificare se tali caratteristiche essenziali per la sua legittimità costituzionale siano ancora presenti.
Il nuovo Concetto Strategico dell’Alleanza atlantica, è stato approvato nel corso dell’ultimo vertice svoltosi a Washington il 23–24 aprile 1999 in occasione del cinquantennale della sua istituzione (nel medesimo periodo l’Alleanza bombardava la Serbia con un’iniziativa politico–militare che non beneficiava cioè di nessuna copertura o legittimazione o qualsivoglia intesa preventiva con l’Organizzazione delle Nazioni Unite.) 2
Il precedente Concetto Strategico assunto nel vertice di Roma del novembre 1991 prendeva atto della fine della guerra fredda e dell’esaurirsi della minaccia sovietica e definiva i nuovi “rischi” per la sicurezza europea. 3
Dalla nuova classificazione dei “rischi” veniva fatta discendere l’esigenza di una generale ristrutturazione dello strumento militare atlantico e del potenziamento delle sue capacità di intervento oltre i limiti territoriali dei paesi alleati.
Nasceva, quindi, al contempo, una concezione estremamente ampia della sicurezza tanto da rendere difficile prevederne e definirne i compiti e le missioni.
Dopo otto anni, nel 1999, con il nuovo Concetto Strategico, scompare la necessità di salvaguardare “l’equilibrio strategico in Europa” 4 e con esso la ragione d’essere dell’Alleanza per quanto attiene ai compiti di tutela della difesa dei confini dei suoi membri.
I nuovi rischi per la sicurezza degli alleati e per la stabilità dell’area euro–atlantica vengono indicati nell’instabilità politica ed economica; negli “atti di terrorismo, di sabotaggio e di crimine organizzato, o anche alla interruzione del flusso di risorse vitali. I movimenti incontrollati di un gran numero di persone.” 5
Il concetto di sicurezza e di difesa viene enormemente ampliato e ad esso segue anche un ampliamento geografico e la previsione della possibilità di intervento in regioni esterne all’area euro–atlantica.
Interventi di prevenzione dei rischi e delle minacce potenziali per i quali non ci si preoccupa nemmeno di una copertura politico–giuridica che ne garantisca la legittimazione internazionale sebbene, però, il documento di Washington stabilisca che ogni azione non-articolo 5 debba essere conforme al diritto internazionale.
Con il nuovo Concetto Strategico del 1999 si arriva quindi a legittimare ciò che non era previsto o autorizzato dal trattato istitutivo del 1949 arrivando a codificare le missioni “fuori aria” nella terminologia del protocollo le “non–Article 5 crisis response operations”.
Il fatto stesso che per la definizione di dette missione si debba far riferimento ad una negazione “operazioni non articolo 5” attesta senza ombra di dubbio (e di malevole interpretazione) quanto la loro previsione rappresenti “altro” rispetto al trattato istitutivo. 6
Se il cambiamento che il Documento di Washington ha operato nell’Alleanza atlantica rende già, a nostro giudizio, impossibile ribadirne la caratteristica esclusivamente difensiva, tale aspetto è stato completamente superato con il vertice di Riga del 2006, dopo il quale il crisis management è divenuto uno dei compiti principali della Nato superando completamente la concezione dell’Alleanza quale patto di sicurezza collettiva tra gli stati membri. 7
La Nato quindi è ormai una alleanza non più esclusivamente difensiva e che anzi, nella pratica, ha intrapreso una serie di missioni che vanno ben oltre la nozione di legittima difesa contro un attacco armato (si potrebbe dire che vanno ben oltre persino l’eccesso di legittima difesa).
La NATO si è palesemente trasformata in ciò che Christopher Coker della London School of Economics ha definito il “Poliziotto occidentale del mondo ” e sempre con più evidenza in uno strumento della politica estera degli USA.8
Se non è più esclusivamente difensiva e se non può ragionevolmente estendersi il concetto di legittima difesa sino a ricomprendere la c.d. teoria USA della “guerra preventiva” (dovrebbero valere anche in questo caso i consolidati canoni dell’ermeneutica giuridica e costituzionale), non si può in alcun modo ritenere il Nuovo Concetto Strategico conforme all’art. 11 della costituzione.
Alcuni autori ritengono, però, che tale anticostituzionalità sia superata dall’esplicito riferimento alla conformità al diritto internazionale che ogni operazione “non articolo 5” dovrebbe avere. 9
Tale assunto non sembra, a nostro giudizio, accoglibile e ciò sia perché non è possibile una interpretazione così estensiva dell’art.10 e della seconda parte dell’art.11 della costituzione tanto da ricomprendere nel concetto di “limitazione di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia” la possibilità di operazioni “non articolo 5” ed anche perché nei fatti tali operazioni sono state svolte anche senza l’autorizzazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (Serbia-Montenegro del 1999).
Le operazioni svolte dalla NATO nel corso degli anni 2000/2011 dimostrano ulteriormente la sua trasformazione in una forza di attacco svincolato da ogni necessità di difesa, non potendosi in nessun caso, lo ribadiamo, estendersi il concetto di difesa agli attacchi cd “preventivi”.
Se è, quindi, a nostro giudizio difficile ritenere conforme all’art. 11 della costituzione italiana la partecipazione alla Alleanza atlantica a seguito dell’adozione del nuovo concetto strategico del 1999 e dell’ulteriore connotazione assunta con il vertice di Riga, è ancor più difficile sostenerne la legittimità, sebbene da un diverso punto di vista, in relazione al disposto degli articoli 72 ed 80 della costituzione italiana:
“Se si vuole cambiare il Patto Atlantico, lo si deve fare con le forme con le quali si cambiano i patti. Non è possibile sotto la dizione generica di “nuova strategia” dare per acquisito, quindi per valido, l’insieme dei documenti che sono stati adottati nel Consiglio di Washington. Questo è illegittimo.”10 (On. Andreotti, il 16 giugno 1999).
Tale dubbio di costituzionalità, oltre che dall’On. Andreotti, è stato posto da autorevoli costituzionalisti 11 che hanno sottolineato come la trasformazione del ruolo della NATO compiuto con l’adozione del Concetto strategico del 1999 ponga un problema di controllo democratico.
Secondo l’art. 72 della Costituzione italiana “ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale.(…)
La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge [...] di autorizzazione a ratificare trattati internazionali [...].”
L’art 80 della Costituzione recita poi:
“Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi.”
Insomma non solo il nuovo concetto strategico della NATO viola, a nostro giudizio, apertamente l’art. 11 della costituzione ma è stato adottato senza il benché minimo rispetto di quanto previsto dagli artt. 72 ed 80 della stessa costituzione non potendosi in alcun modo escludere la “natura politica” della trasformazione avvenuta con il Documento di Washington.

Quanto detto sopra sulla trasformazione della NATO ha ovviamente una immediata ricaduto sull’ulteriore aspetto del trattato che riguarda le basi presenti sul territorio italiano siano esse basi NATO o USA ed a maggior ragione quest’ultime.
La presenza delle basi USA sul territorio italiano trova la sua giustificazione normativa (sic!) nella bilateralizzazione dell’art. 3 del trattato Nato che impegna le parti a sviluppare le loro capacità di difesa, individualmente e congiuntamente, e a prestarsi reciproca assistenza per sviluppare le loro capacità di legittima difesa individuale e collettiva12.
Alcune condizioni fondamentali del loro “soggiorno” sono state regolate dalla convenzione di Londra del 19 giugno 1951 sullo Statuto delle Truppe della NATO, ratificato in Italia dal 21.1.1956. All’articolo II è stabilito che le truppe straniere ospitate in Italia devono rispettare il diritto vigente del paese ospitante incluso e quindi anche, ad esempio, il Trattato di Non Proliferazione regolarmente ratificato con legge nazionale italiana.
Al di là delle indicazioni contenute nello Statuto delle Truppe la costruzione delle base militari è quindi regolata da convenzioni bi- o multilaterali tra i paesi della Nato.
Tali accordi bilaterali o multilaterali che siano andrebbero, comunque, assunti nelle forme previste dagli artt. 72 ed 80 della costituzione italiana ma in realtà, nella prassi, viene utilizzata la cd. procedura semplificata, non prevista dalla Costituzione. Tale procedura comporta l’immediata entrata in vigore dell’accordo non appena sottoscritto dai rappresentanti dell’esecutivo.
In realtà la procedura semplificata dovrebbe riguardare esclusivamente accordi di contenuto eminentemente tecnico e non certo accordi aventi rilevanza politica come la decisione di concedere parte del territorio italiano per l’istallazione di una base di una potenza straniera seppur alleata.
Va detto inoltre che la legge 11.12.1984 n. 839 prevede espressamente che anche gli accordi assunti con la procedura semplificata debbano essere pubblicati 13 nella Raccolta Ufficiale delle leggi e decreti della repubblica italiana.
In realtà per quanto riguarda le basi i relativi accordi non sono mai stati resi pubblici.
Lo stesso trattato fondamentale che disciplina lo status delle basi USA in Italia “accordo bilaterale sulle infrastrutture” stipulato il 20 ottobre 1954 è un accordo in forma semplificata e non è mai stato pubblicato.
Malgrado tutte le incertezze dovute alla impossibilità di verificare il contenuto dei vari accordi bilaterali che hanno permesso la istallazione delle varie basi, possiamo sicuramente affermare che il loro compito debba, comunque, essere esclusivamente difensivo e ciò quale diretta derivazione della bilateralizzazione dell’art. 3 del Trattato Nato.
La trasformazione della Nato avvenuta con il Nuovo Concetto strategico ha, però, modificato anche l’uso delle basi che sono state usate per operazioni che vanno molto al di là della nozione di legittima difesa contro un attacco armato14.
Per concludere, quindi, la nostra trattazione non possiamo che ribadire come, pur prendendo quale assioma la legittimità costituzionale della partecipazione italiana alla Nato sino alla data della pronunzia n. 1920/1984 della Corte di Cassazione, tale legittimità costituzionale non può essere estesa alla adesione al Nuovo Concetto Strategico assunto nel vertice di Washington del 1999.
Tale illegittimità non può che, ovviamente, riversarsi anche sulla presenza delle basi Nato sul territorio italiano ed ancor di più sulle basi USA i cui accordi non sono nemmeno stati assunti nelle forme prescritte dagli art. 72 ed 80 della costituzione e che, peraltro, in aperta violazione del Trattato di Non Proliferazione contengono armamenti nucleari.
Proprio al fine di fare chiarezza ed evitare il ripetersi di violazioni della carta costituzionale alcune organizzazioni pacifiste italiane hanno da poco iniziato una campagna per la raccolta delle firme su di una proposta di Legge di inizativa popolare sui trattati internazionali e sulle basi e servitù militari 15 ove si chiede la desegregazione di tutti i trattati e l’obbligo di pubblicazione e di discussione parlamentare della ratifica.
Vertice di Washington del 1999 e l’uso delle armi nucleare
Oltre a quanto detto la costituzionalità e legittimità della partecipazione dell’Italia alla Nato deve essere messo in dubbio anche per le scelta nucleare effettuata nel Nuovo concetto strategico.16
L’armamento e la deterrenza nucleare viene chiaramente ribadita come necessaria e nessun accenno viene fatto all’obbligo di perseguire in buona fede la conclusione di negoziati che conducano al disarmo nucleare globale come invece previsto dal NPT.
La giustificazione della Opzione nucleare della strategia della Nato fino agli anni novanta era la presunta necessita di garantire la politica della MAD ( mutual assicured distruction), cioè la deterrenza reciproca dei due blocchi militari NATO – Patto di Varsavia che garantiva la distruzione anche dell’aggressore.
Tale strategia è stata rilanciata nel protocollo di Washington senza minimamente tener conto badare del diritto internazionale generalmente riconosciuto o delle relative voci della maggior parte della comunità internazionale che in varie occasioni ha espresso, da decenni, la propria opinione che l’uso delle armi nucleari è un crimine contro l’umanità17
Invero le norme del diritto internazionale, vietano l’uso e la minaccia dell’uso delle armi nucleari e soprattutto prevedono in base all’art. 6 del trattato di Non proliferazione un obbligo di perseguire in buona fede la conclusione di negoziati che conducano ad un disarmo nucleare globale sotto un rigido ed effettivo controllo internazionale.
Ambedue gli obblighi attualmente non vengano rispettate come ci dimostra quotidianamente l’atteggiamento minaccioso delle potenze nucleari, ribadito come dicevamo anche nel Nuovo Concetto Strategico della Nato, e la evidente crecente voglia di alcuni Stati non nucleari di acquisire la propria capacità nucleare bellica.
Nonostante il Trattato di Non Proliferazione, prevedeva il “Divieto di consegnare direttamente o indirettamente ad altri Stati, soprattutto se non nucleari, armi atomiche” (art. 1) ed anche il “Divieto degli Stati non nucleari di accettare direttamente o indirettamente il possesso e la disposizione di armi nucleari” (art. 2), c’è una impressionante proliferazione di armi atomiche, in contrasto con i menzionati principi ed il NCS prevede espressamente il coinvolgimento di tutti i membri della Nato “ The Alliance will therefore maintain adequate nuclear forces in Europe. These forces need to have the necessary characteristics and appropriate flexibility and survivability, to be perceived as a credible and effective element of the Allies’ strategy in preventing war”
Tale violazione delle norme coinvolge espressamente anche l’Italia (Paese non nucleare) che ha accettato attualmente il deposito sul proprio territorio di circa novanta testate nucleari tattiche, divise tra la base di Aviano e quella di Ghedi (PN). Queste armi dislocate in Italia fanno parte della strategia militare nucleare della NATO, che come dicevamo ha ribadito la propria filosofia politica ed il proprio programma strategico di utilizzare queste armi non solamente come contrattacco nucleare ma anche nei confronti di paesi non nucleari ed anche in caso di presunte minacce contro città ed altri obiettivi non militari o preemptive strikes contro presunti terroristi.
Orbene, vale la pena di ricordare come la Corte Internazionale di Giustizia de L’Aia, con la decisione del 08/07/1996, abbia solennemente affermato: “la minaccia e l’uso delle armi nucleari è, in linea generale, in contrasto con le norme del diritto internazionale applicabile ai conflitti armati e, in particolare, con i principi e le regole del diritto umanitario”.
La decisione della Corte era frutto di una iniziativa globale della cosiddetta società civile . Nel 1992 un piccolo gruppo di anti-nuclearisti, tra cui medici, giuristi e fisici, la IALANA e i IPPNW insieme all’International Peace Bureau fondato nel 1892, ha con successo lanciato l’idea che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite potesse chiedere alla Corte Internazionale di Giustizia, se l’uso della bomba nucleare fosse illecito o meno. L’iniziativa è stata chiamata WORLD COURT PROJECT. Solo 4 anni più tardi, dopo un avventuroso percorso istituzionale a livello nazionale e internazionale, la Corte Internazionale di Giustizia ha espresso il suo verdetto.
La domanda iniziale della Assemblea generale ONU era: è permessa la minaccia o l’uso delle armi nucleari in qualunque circostanza dal diritto internazionale ?

La Corte non ha potuto individuare una specifica norma e quindi ha applicato la norma generale che prevede che tutti gli Stati membri delle ONU non possano, nei rapporti internazionale, minacciare l’uso della forza allo scopo di interferire contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di uno altro stato.

Su questa base sia l’uso che la minaccia (deterrenza ) dell’uso delle bombe nucleari è illecito in quanto non è conciliabile con gli artt. 2 comma 4 e 51 della Carta Onu, in quanto le armi nucleari devono sottostare ai principi e prescrizioni previste per ogni altra arma.
E quindi:
Al principio della proporzionalità
Al principio della neutralità
Al divieto di distruggere l’ambiente
Ai principi del diritto umanitario bellico e della Clausola Martens
In considerazioni di tutte queste regole, la Corte così concludeva:
“Dalle disposizioni sopra richiamate consegue che la minaccia o l’uso delle armi nucleari sarebbero in linea generale in contrasto con le norme di diritto internazionale applicabili ai conflitti armati, e, in particolare, i principi e le regole del diritto umanitario”18

La Corte riconosceva poi all’unanimità: “ Esiste un obbligo di perseguire in buona fede e concludere negoziati che conducano ad un disarmo nucleare globale sotto un rigido ed effettivo controllo internazionale.”
Ovviamente non possiamo esimerci dal rilevare la dubbia legittimità della partecipazione dell’Italia ad una organizzazione internazionale che prevede e rilancia come strumento di comune difesa una scelta nucleare considerata un crimine internazionale e contro l’umanità. Tale partecipazione appare, infatti, in contrasto con l’art. 10 della costituzione.
Ancora più evidente è, poi, la discrasia tra l’obbligo di addivenire ad un disarmo nucleare immediato e totale in base all’articolo 6 del TNP e le decisioni assunte nel protocollo di Washington del 1999.
Come abbiamo visto, infatti, non solo negli ultimi 12 anni gli Stati nucleare e non nucleari non hanno adempiuto il loro obbligo di negoziare in buona fede un disarmo nucleare globale , ma il NCS della Nato ha persino riaffermato la necessità della “deterrenza” non rispettando il diritto internazionale e la sopra citata decisione del Corte Internazionale delle ONU.
Tutti gli stati della NATO inclusa l’Italia si sono, quindi, accodati alla volontà americana, inglese e francese di continuare a mantenere la supremazia strategica nucleare dell’alleanza atlantica in contrasto con il diritto internazionale generalmente riconosciuto.

Al fine di tentare nuovamente di arginare la follia nucleare che, come sempre rilevava la Corte: “La potenza distruttiva delle armi nucleari non può essere limitata nello spazio e nel tempo. Potenzialmente esse sono in grado di distruggere la civiltà umana e l’intero ecosistema del pianeta.” la Ialana , l’IPPNW , il IPB , Abolition 2000 Europ , International Law Compaign , Pax Christi international , International Network of Engeneers and Scientists for Global Responsabilità si sono incontrati a Bruxelles tra il 6-7 Luglio 2006 per decidere di lanciare di nuovo un progetto e di portare all’assemblea Generale dell’ONU la proposta di chiedere di nuovo alla Corte Internazionale di esprimersi sul contenuto del diritto internazionale con il seguente quesiti:
1. ) Appartiene l’obbligo al disarmo nucleare globale e totale a tutti gli Stati nucleari e non nucleari ?
2. ) Quale sono i principi legali generali che gli Stati devono rispettare per adempiere il loro obbligo di trattare in BUONA FEDE il disarmo nucleare ?
3. ) l’obbligo di trattare in buona fede un totale disarmo doveva iniziare nel periodo dopo il 8.7.1996 ?
4. ) rappresenta la sostanziale disattesa delle misure e principi concordati dalla Conferenza sul rinnovo del trattato di Non- proliferazione delle armi nucleari nel 2000 successivamente confermato dalle risoluzione della assemblea generale delle Nazioni Uniti dimostrare un inadempimento del principio di Buona fede ? 19

Il progetto World Court II. dovrebbe avere il prossimo anno con la conferenza per il rinnovo del trattato di Non proliferazione un importante impatto e probabilmente accogliere nuovi importanti impulsi da parte degli Stati nono nucleari , che probabilmente si vedono di nuovo deluso con la loro legittima richiesta di iniziare finalmente un irreversibile processo per il totale disarmo nucleare.

Va menzionato alla fine la recente Ordinanza n. 4461/09 del 2-12-2008 della Suprema Corte Italiana che ha negato a cinque cittadini di Pordenone ed Aviano la tutela giurisdizionale contro la minaccia rappresentata dalla presenza di 50 armi nucleari nella base di Aviano. Come giá sottolineato la capacita di deterrenza, in altre parole esercitare una minaccia contro un altro Stato con un’attacco nucleare è illecito, in quanto anche l’uso della stessa arma è illecito.
Allo Stato Italiano inoltre non é consentito di possedere direttamente ed indirettamente una arma nucleare. La politica della NATO pero rende ridicolo il trattato di Non proliferazione l’unico strumento internazionale che esiste e dal quale dipende il destino di questo pianeta o forse meglio formulato , la sua realizzazione è la spia sulla politica-militare internazionale che indica la reale o meno reale sussistenza di volontà per una sopravvivenza globale della razza umana.
In questo contesto gioca con crescente discrasia il varco tra la Realpolitik degli paesi industrializzati nel pieno della loro crisi dei mercati finanziaria internazionale e del rispetto per i diritti fondamentali e essenziali del ius cogens , che si dice nessuno stato è autorizzato di abrogare ( articolo 52 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati.)
Nella causa in questione 5 cittadini di Avviano ed dintorno basato sull’articolo …. avevano citati il Sig. Rumsfeld , allora Ministro della difesa USA per sentirsi condannare a rimuovere le armi nucleari dal territorio Italiano , in quanto rappresentano un permanente pericolo per la vita e l’ incolumità delle persone che lì vivono vicino.
In corso di causa ed investito dal Governo USA la Corte di Cassazione ha negato la competenza giurisdizionale del giudice italiano con una sentenza che si deve leggere 10 volte per capire finalmente la confusione totale dei giudici e la dissoluzione perfetta del concetto giuridico e la palese irrilevanza degli argomenti che i giudici sviluppano per raggirare proprio il diritto internazionale quello che loro pretendono di volere rispettare attraverso l’automatismo dell’articolo 10 della ns. Costituzione .
Le basi nucleari in Italia e la politica di deterrenza nucleare ledano quindi non solo il diritto internazionale e nazionale ma mettono il pericolo l’ordinamento costituzionale in quanto impediscono non solo il diritto al giudice , art. 24 e 111 della costituzione , ma danneggiano gravemente il principio della divisione dei poteri costituzionali . Non dobbiamo dimenticare che il deposito e la preparazione per utilizzare queste bombe nucleari contro altri popoli è un grave reato ed il suo divieto deve essere rispettato anche dagli soldati e generali USA e sopratutto dal suo governo americano stesso come ci insegna articolo II dello Statuto delle Truppe del 1951.
La sentenza è reperibile sul sito
http://www.europeanrights.eu/index.php?funzione=S&op=2&id=897
Il rapporto tra il diritto e la sua interpretazione da una parte e la politica militare ed industriale da una altra parte rispecchia ed anticipa spesso gravi conflitti e crisi dell’umanità e dei popoli. La parziale abrogazione del diritto al giudice in uno spazio gli atti illeciti dei militari anche quelli della Nato dovrebbero essere controllati è un segno indubbio che la NATO e con essa lo Stato Italiano stanno preparando il terreno amministrativo e giuridico per poter in futuro commettere atti fuori dal limite delle norme costituzionali e internazionali. Si potrebbe anche dire che la Nato oggi è diventato un pericolo per la pubblica sicurezza e la costituzione.
Che la NATO non è soltanto in guerra , ma che è diventata anche una ingombrante ferita giuridica alla Costituzione Italiana , “Italia ripudia la guerra” è emerso last but not last “ dalla guerra della Libyia.
Per capire questa guerra bisogna vedere alcuni cambiamenti di carattere economico, tecnico e finanziari come il Segretario Generale della Nato recentemente ha fatto capire in un suo articolo pubblicato nel nella revista Foreign Affairs 20) .

The mission in Libya has revealed three important truths about military intervention today. First, to those who claimed that Afghanistan was to be NATO’s last out-of-area mission, it has shown that unpredictability is the very essence of security. Second, it has proved that in addition to frontline capabilities, such as fighter-bombers and warships, so-called enablers, such as surveillance and refueling aircraft, as well as drones, are critical parts of any modern operation. And third, it has revealed that NATO allies do not lack military capabilities. Any shortfalls have been primarily due to political, rather than military, constraints. In other words, Libya is a reminder of how important it is for NATO to be ready, capable, and willing to act.

Nuove tecnologie di Guerra per esempio i droni ( aeroplani senza piloti ) , un ulteriore sviluppo di calcolare il target ecc. rendono estremamente fattibile una guerra mirata , che non contiene il rischio di ricadere sul proprio territorio nazionale.
Lo Stesso segretario generale della Nato però vede il pericolo che le azioni e i metodi di conquista di nuovi terreni del mercato posso degenerare in atti puramente imperialistiche che sono rinchiuso nel concetto della loro( Kanonenbootpolitik ).

Formalmente i bombardamenti sulla Libia sono legittimati da una risoluzione dell’Onu.
La risoluzione ONU n. 1973 /11 “ gli Stati Mem­bri sia che agiscano su ini­zia­tiva na­zio­nale o at­tra­verso organizzazioni o ac­cordi re­gio­nali, ope­rando in collaborazione con il Segretario Ge­ne­rale, a pren­dere tutte le mi­sure necessarie, per pro­teg­gere i ci­vili e le aree a popolazione ci­vile mi­nac­ciate di at­tacco nella Ja­ma­hi­riya Araba di Li­bia, com­presa Ben­gasi, esclu­dendo l’ingresso di una forza di occupazione stra­niera in qual­siasi forma e qual­siasi parte del territorio li­bico”.
Impone inoltre un’interdizione su tutti i voli nello spa­zio ae­reo della Ja­ma­hi­riya Araba di Li­bia, allo scopo di con­tri­buire a pro­teg­gere i ci­vili ad eccezione di quelli il cui unico scopo sia di ca­rat­tere umanitario ed autorizza a pren­dere tutte le mi­sure necessarie per im­porre l’osservanza dell’interdizione sui voli.
Oltre a quanto sopra la risoluzione impone l’embargo sulle armi ed il congelamento dei beni.
Senza entrare nel merito della legittimità della stessa risoluzione, si può affermare con certezza che ogni azione non rientrante in quanto espressamente autorizzato dal Consiglio di Sicurezza è illecito ( per esempio la fornitura di armi e l’assistenza logistica e strategica della Nato ai ribelli) e deve essere considerato una violazione del diritto internazionale ( divieto di ingerenza) Ovviamente la genericità della frase “prendere tutte le misure necessarie per proteggere i civili e le aree a popolazione civile minacciate di attacco nella Jamahiriya araba di Libia” crea più di un problema nella precisa identificazione di ciò che è autorizzato e ciò che non lo è, ma, se vogliamo dare un senso alla risoluzione ONU che vada al di la di una ipocrita copertura delle azioni di guerra della coalizione, sicuramente deve potersi rilevare una diretta relazione tra la minaccia alla popolazione civile e l’obiettivo eventualmente colpito.
Provando a fare degli esempi mentre è possibile ritenere rientrante tra quanto autorizzato un intervento aereo destinato a fermare eventuali aerei libici che violano la no fly zone, non si può ritenere lecito un bombardamento, anche se su di un obiettivo militare, che non rappresenti una diretta minaccia per la popolazione civile quale una caserma o anche un avamposto militare che si trovi lontano da centri abitati da popolazione civile. Persino il bombardamento di un aeroporto militare potrebbe risultare illecito, qualora non sia conseguenza di una violazione della no fly zone.
Palesemente illeciti, anzi dei veri e propri omicidi o tentati omicidi, sono i bombardamenti che hanno avuto come obiettivo l’uccisione di Gheddafi e che hanno provocato in diverse occasioni la morte di centinai di persone inerme.,come
per esempio i bombardamenti sulla città di Sorman, o sul campo petrolifero di Sarir e quelli su Tripoli. Vale a dire che indipendentemente dalla risoluzione 1973 gli Stati della NATO devono rigidamente rispettare il principio di necessità alla fine di raggiungere lo scopo militare – cioè la tutela della popolazione civile – , di proporzionalità e della discriminazione cioè un attacco militare deve essere spostato o abbandonato se rischia di creare vittime civili e se va oltre del leggittimo obiettivo .
Va ricordato, poi, che la risoluzione n. 1973, come anche la precedente, non ha abrogato l’articolo 2 comma 4 della Carta ONU che prevede l’obbligo per gli Stati Membri di astenersi dall’utilizzare la forza contro l’indipendenza politica di un altro Stato e di compiere atti di ingerenza negli affari interni di un altro Stato (il riconoscimento diplomatico di un gruppo di ribelli, di regola è considerato una violazione del diritto internazionale e la fornitura di armi altrettanto una violazione dell’art. 2 comma 4 della Carta Onu, vedi anche sulla problematica la causa Nicaragua v. USA
http://www.icj-cij.org/docket/index.php?p1=3&p2=3&k=66&case=70&code=nus&p3=5).

Si pone la domanda se ci sono i presupposti legali, oltre che morali, per portare davanti a un Tribunale i comandi Nato e i ministri che hanno avviato i bombardamenti sulla Libia?

Sicuramente, al momento, possiamo ritenere che ci siano gli elementi per denunciare le violazione della risoluzione ONU da parte delle Nato ma per poter valutare se esiste la reale possibilità di portare la Nato o i membri della coalizione davanti ad un Tribunale civile o penale dobbiamo analizzare, acquisendo informazioni più precise e le più attendibili possibili, i singoli atti bellici per verificare se rientrano tra quelli definiti come crimini di guerra e crimini di aggressione nello Statuto di Roma.

Il fatto che il Tribunale Internazionale Penale dell’Aja è stato così veloce nel decidere che Gheddafi andava trascinato davanti alla Corte crea qualche speranza per chi crede in un diritto internazionale penale . D’altronde qualsiasi norma generale che statuisce diritti ed obblighi per tutta la comunità internazionale , deve essere considerata tale erga omnes e dovrebbe essere svincolata da input politici. Ovviamente però non è così.
Basta oggi guardare cosa accade in Siria e come sia l’ONU che la Corte penale internazionale non abbiano ancora preso alcuna decisione lontanamente paragonabile a quanto fatto per la Libia per rendersi conto che sia le Nazioni Unite che la Corte Criminale Internazionale rispondano a logiche diverse da quelle che dovrebbero invece rappresentare.
Quanto accaduto nell’ultimo decennio è poi una palese dimostrazione di come tutti gli accordi e le Istituzioni internazionali seguano una procedura che differenzia enormemente i “figli dai figliastri”. Per fare un esempio basterebbe pensare alla vicenda di Gaza ove il rapporto Goldstone ha individuato numerosissime violazioni del diritto umanitario, della convenzione di Ginevra ed ha precisamente indicato e ricostruito una molteplicità di crimini di guerra senza che l’ONU abbia preso alcuna decisione al riguardo.

(Joachim Lau e Claudio Giangiacomo)

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