Le pretese dell’Ucraina e l’altra verità russa….

Lunario Paolo D'Arpini 15 luglio 2014

Stampa e Tv disegnano il quadro di un’Ucraina povera ma democratica che si
dibatterebbe nelle grinfie dell’orso russo che, dopo avere strappato la
penisola di Crimea, se la vorrebbe mangiare tutta. Ma la storia dei rapporti
tra Russia e Ucraina è tutt’altro che lineare. E l’Europa sembra avere
dimenticato storia, geografia e politica.

L’Europa non è certo nata in chiave antiamericana ma, date le dimensioni e il
numero degli abitanti, almeno come grande mercato autonomo e con una moneta
forse concorrenziale; e per alcuni anni questo è stata. Ma da qualche tempo ha
sottolineato in modo sbalorditivo un ruolo che una volta si sarebbe detto
“atlantico”. Non più sotto il vessillo anticomunista, il comunismo essendo
scomparso da un pezzo, ma antirusso.

Qualche anno fa, Immanuel Wallerstein mi diceva che, spento ogni scontro
ideologico, le nuove guerre sarebbero state commerciali. E quale altro senso
dare al conflitto in corso a Kiev? Esso sembra avere per oggetto l’identità
nazionale dell’Ucraina. Eccezion fatta per il manifesto, tutta la stampa e le
tv disegnano il quadro di un’Ucraina povera ma democratica che si dibatterebbe
nelle grinfie dell’orso russo; il quale le ha già strappato la penisola di
Crimea e se la vorrebbe mangiare tutta. Manca poco che la Russia non sia
definita un nuovo terzo Reich. In occasione del settantesimo anniversario dello
sbarco in Normandia, il presidente francese Hollande è stato accusato di aver
invitato alle celebrazioni anche Putin – come se la battaglia di Stalingrado
non avesse permesso agli Stati Uniti il medesimo sbarco, distraendo dal Nord
Europa il grosso della Wehrmacht – nello stesso tempo invitando niente meno che
dei reparti tedeschi a partecipare alla rievocazione del primo paracadutaggio
alleato sul villaggio di Sainte-Mère-l’Eglise.

Da qualche giorno poi sappiamo che gli Stati Uniti, neppure il presidente
Obama, ma il suo ex rivale Mc Cain – hanno ammonito la Bulgaria, la Serbia e
gli altri paesi coinvolti in un progetto di gasdotto per trasportare il gas
russo in Europa (con un tracciato che evitava l’Ucraina, perché cattiva
pagatrice) a chiudere i cantieri in corso, preferendo un nuovo tragitto
attraverso l’Ucraina a quello diretto per l’Europa occidentale. Stupore e
modeste proteste di Bruxelles, convinta che si tratti di una minaccia
simbolica. Che tuttavia va inserita nel quadro di un cambiamento delle
esportazioni Usa, ormai indirizzate al commercio del gas di scisto, per altro
non ancora avviato.

L’Europa teme dalla Russia rappresaglie per avere applaudito all’abbattimento
del presidente ucraino filorusso Yanukovic da parte delle forze (piazza Maidan)
che sono ora al governo a Kiev. Ma la storia dei rapporti tra Russia e Ucraina
è tutt’altro che lineare. Il principato di Kiev è stato la prima forma del
futuro impero russo, annesso da Caterina II alla Russia verso la metà del XVIII
secolo, stabilendo in Crimea la sua più forte base navale. La sua cultura, il
suo sviluppo e i suoi personaggi, da Gogol a Berdiaev, sono stati fra i
protagonisti della letteratura russa del XIX secolo. L’intera letteratura russa
resta segnata dalla guerra fra Russia, Inghilterra e Francia, che hanno cercato
di mettervi le zampe sopra: si pensi soltanto a Tolstoi e alla topografia delle
relative capitali ricche di viali e arterie che la commemorano (Sebastopoli).
Ma il paese, che all’origine era stato percorso, come l’Italia, da una
moltitudine di etnie, dagli Sciti in poi, ha stentato a unificarsi come
nazione, distinguendosi per lotte efferate e non solo ideali fra diversi
nazionalismi, spesso di destra.

Il culmine è stato nella prima e seconda guerra mondiale: nella prima sotto la
presidenza di Petliura, nazionalista di destra, quando l’Ucraina è stata l’
ultimo rifugio dei generali “bianchi” Denikin e Wrangel, con lo scontro fra lui
e la repubblica sovietica di Karkov. Solo con la vittoria definitiva dell’Urss
si è consolidata la Repubblica sovietica nata a Karkov, destinata a diventare
negli anni trenta il centro dell’industrializzazione. Industrializzazione
sviluppatasi esclusivamente all’est (il bacino del Donbass, capoluogo Karkov),
mentre l’ovest del paese restava per lo più agricolo (capoluogo Kiev, come di
tutta la repubblica); e questo rimane alla base del contenzioso fra le due
parti del paese. Nella seconda guerra mondiale, poi, l’occupazione tedesca ha
incontrato il favore di una parte del panorama politico ucraino, un’eredità
evidentemente ancora viva nei recenti fatti di piazza Maidan: il partito
esplicitamente nazista circola ancora e non è l’ultima delle ragioni per cui il
paese resta diviso fra la zona orientale e quella occidentale. Nel secondo
dopoguerra, Kruscev dette all’Ucraina piena autonomia amministrativa, Crimea
compresa, senza alcuna conseguenza politicamente rilevante perché restava un
processo interno all’Unione Sovietica.

È soltanto dal 1991 e dal crollo dell’Urss che, anche su pressione polacca e
lituana, il governo dell’Ucraina guarda all’Europa (e alla Nato) e incrementa
lo scontro con la sua parte orientale. Sembra impossibile che in occidente non
si sia considerato che l’Unione Sovietica non era solo una formula giuridica:
scioglierla d’imperio e dall’alto, come è avvenuto nel 1991, significava creare
una serie di situazioni critiche sia nelle culture che nei rapporti economici
che attraversavano tutto quel vasto territorio. Da allora, Kiev non ha nascosto
di puntare a un’unificazione etnica e linguistica anche forzosa delle due aree,
fino a interdire l’uso della lingua russa agli abitanti dell’est cui era
abituale.

L’Europa e la Nato non hanno mancato di appoggiare le politiche di Kiev, e poi
l’insurrezione contro il presidente Yanukovic assai corrotto, costretto a
tagliare la corda in Russia. Ma la zona orientale non lo rimpiange certo: non
tollera il governo di Kiev e la sua complicità con la Nato, ma non perché abbia
nostalgia di questo personaggio. Si è rivoltata contro la politica passata e
recente di Kiev che ha tentato perfino di impedire l’uso della lingua russa,
usata dalla maggioranza della popolazione all’est. L’Europa e la Nato,
appoggiate da Polonia e Lituania, affermano che non si tratta di un vero e
spontaneo sbocco nazionalista, ma di una ingerenza diretta della Russia, e così
dicono stampa e televisione italiana.

Non c’è dubbio che la Russia abbia voluto il ritorno della Crimea nel suo
grembo, ma la proposta dell’est di andare a una federazione con l’ovest,
garantendo l’autonomia di tutte e due le parti, è stata bocciata da Kiev e dal
governo degli insorti. La decisione di votare in un referendum all’est contro
Kiev è stata presa non da Putin, messo in imbarazzo, ma dalla popolazione dell’
est che ha votato in questo senso al 98%. Non si tratta di un processo regolare
(non accetteremmo che l’Alto Adige votasse una delle prossime domeniche la sua
appartenenza all’Austria, senza alcun precedente negoziato diplomatico), ma non
è stato neppure una manovra russa come l’Europa tutta ha sostenuto.

È sorprendente che perfino il poco che resta delle sinistre europee abbia
sposato questa tesi e che in Italia le riserve di Alexis Tsipras sulle
politiche di Bruxelles non abbiano alcuna eco. C’è perfino chi evoca in modo
irresponsabile azioni armate contro Mosca. La deriva dei conflitti, anche
militari, e non solo in Ucraina, rischia di segnare sempre di più un’Europa che
ha dimenticato storia, geografia e politica.

Rossana Rossanda

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