Russia ed USA – Nemici dichiarati

E’ stato confermato il 9 luglio 2014 da un funzionario statunitense a Novosti che la Russia ha accettato la nomina del nuovo ambasciatore degli Stati Uniti in Russia John F. Tefft. (Novosti 9 luglio 2014). Presentato a fine febbraio dalla Casa Bianca, e confermato dal Congresso, Tefft è stato nominato ambasciatore il 30 giugno. Sembra che la Russia abbia subito accettato la nomina, anche se la conferma arriva dieci giorni dopo. La nomina di Tefft e l’accettazione immediata di Mosca offrono una sola spiegazione: Stati Uniti e Russia convengono di essere ora “nemici”, ma il timing è significativo perché è la prima scelta di Washington: gli Stati Uniti offrono o impongono tale antagonismo, ora dichiarato ed ufficiale. (Altre iniziative o interventi nelle relazioni USA-Russia negli ultimi mesi, in realtà mostrano che si tratta di un’iniziativa americanista, ampiamente confermata da estremisti di ogni tipo, neocon, R2P o d’obbedienza, che controllano senza ostacoli la “diplomazia” degli Stati Uniti). Tefft è un personaggio ampiamente discusso, che non lascia dubbi su ciò che farà a Mosca. Il predecessore di Tefft, Michael McFaul, fu senza dubbio un attivista della sovversione, in particolare presso l’opposizione anti-Putin, organizzando l’opposizione attiva “civile”, ecc., Ma lo fece presentandosi sorridente, con una politica di apertura verso la Russia e il governo russo, protestando le sue vere intenzioni o meglio non vedendo tali intenzioni come ostili nei confronti della Russia, ma piuttosto intenzionato ad “aiutare” la Russia ad avanzare verso la “democrazia” dell’inevitabile globalizzazione. Tefft è il contrario, mostra le sue intenzioni aggressive, necessarie al burocrate della sovversione brutale; fu lui che in Georgia, durante la guerra nell’agosto 2008, con mano molto pesante diresse Saakashvili, trattato da tirapiedi, nell’organizzazione dell’invasione del Ossezia del Sud che scatenò il conflitto. I commenti russi sono unanimi nel considerare la situazione: meglio affrontare un avversario scoperto, da cui si sa che non c’è nulla da aspettarsi se non combatterlo…

Tra i vari commenti che accompagnano la sua nomina, in primo luogo notiamo John Robles su Novosti il 30 giugno 2014 (l’annuncio della nomina definitiva di Tefft) che dettaglia la carriera del personaggio e il significato della sua nomina. “La scelta del presidente degli Stati Uniti Barack Obama e dei falchi della guerra fredda neo-con che dirigono la politica estera degli Stati Uniti, di John F. Tefft a nuovo ambasciatore degli Stati Uniti in Russia, dovrebbe far suonare i campanelli di allarme al Cremlino e in effetti in tutti i Paesi oggi presi di mira delle operazioni di cambio di regime e destabilizzazione degli Stati Uniti, tra cui Venezuela, Brasile, Siria e tutti gli altri Paesi che perseguono una politica estera indipendente. Con la catastrofe umanitaria e l’ascesa delle forze fasciste in Ucraina, il fatto che il capo architetto dell’operazione in Ucraina sia ora inviato in Russia, è agghiacciante e prevedibile. Dopo il clamoroso fallimento dell’ambasciatore statunitense Michael McFaul nell’istigare la rivoluzione colorata in Russia, liquidandolo come specialista delle rivoluzioni colorate/destabilizzazioni degli Stati Uniti, al solito piuttosto che ammettere di aver sbagliato e perseguire un cammino di pace e cooperazione reciproca, gli USA hanno deciso di snobbare ostinatamente il Cremlino e proseguire lungo la via del confronto.

Con il dipartimento di Stato degli Stati Uniti incline a dichiarazioni come quel famoso “si fotta l’UE” di Victoria Nuland, l’organo diplomatico è sempre sul piede di guerra ed organizzazioni come USAID, cooptate dalla CIA e coinvolte in operazioni di destabilizzazione di ogni Paese che non sia già stato “annesso” da Washington, dovrebbero osservare molto da vicino chi permettono di operare nel proprio Paese. Lo scorso aprile ho riassunto la sua nomina così: “John F. Tefft, odia la Russia ed era ambasciatore degli Stati Uniti in Ucraina, Georgia e Lituania, promosse l’invasione dell’Ossezia del Sud, quando era in Georgia, l’attuale crisi e rinascita delle forze fasciste in Ucraina e la russofobia rabbiosa e demonizzante in Lituania, è stato scelto come prossimo ambasciatore degli Stati Uniti in Russia. Tefft è estremamente attivo e partecipe, e si potrebbe dire abbia contribuito a realizzare le suddette azioni antirusse. Se McFaul non è riuscito ad organizzare la destabilizzazione della Russia e la cacciata del presidente Putin, Obama sembra cercare mani più esperte”. [...] Gli Stati Uniti sono decisi a distruggere la Russia ed impedire che sia una potenza globale competitiva. Ciò è documentato, apertamente dichiarato e non è più un segreto. L’Ucraina ha reso più che evidente anche ai più convinti apologeti di Washington che l’idea di un “reset” o cooperazione pacifica degli Stati Uniti sia nient’altro che una fantasia…”

La situazione che simboleggia l’arrivo di Tefft a Mosca e la strategia della Russia verso tale nomina in linea con la sua accettazione, è riassunta da Karine Bechet-Golovko sul suo blog (Russiepolitic) del 9 luglio 2014, in termini netti e inequivocabili. “L’uomo forte della diplomazia statunitense, in Russia viene utilizzato per preparare e analizzare le rivoluzioni nello spazio post-sovietico. In Georgia al momento giusto, e in Ucraina fomentando una situazione esplosiva, il suo arrivo ufficiale a Mosca è un segnale per Stati Uniti e Russia: “Lanciamo l’attacco frontale alla Russia”. “Ne siamo consapevoli e pronti ad accogliervi.”

I giochi sono fatti. [...] Per un po’ gli Stati Uniti erano riluttanti ad inviare tale individuo, John Tefft, inasprendo il conflitto con la Russia, proprio perché così poteva essere interpretato, data la sua carriera “dolosa”. Ma con l’accelerazione della sconfitta politica degli Stati Uniti davanti la Russia, la necessità di radicalizzare non lascia tempo a una revisione, e le apparenze amichevoli sono l’ultima preoccupazione. In guerra come in guerra. E naturalmente la Russia accetta l’ambasciatore. Almeno sa come affrontarlo. È un nemico puro, tradizionale, classico e competente. Così il confronto è possibile…” Dal punto di vista dei commentatori statunitensi, c’è quasi la stessa analisi, notando che con l’ambasciatore Tefft in realtà “i giochi sono fatti” e tutti sanno cosa aspettarsi. Ecco cosa scrive Marc Champion, su Bloomberg News del 9 luglio 2014, dopo aver semplicemente legato introduzione e conclusione… “per capire quanto poco Stati Uniti e Russia si aspettino in questi giorni dalla loro relazione, considerate ciò: L’amministrazione di Barack Obama ha presentato John Tefft, una sorta di spauracchio per i russi, come prossimo ambasciatore a Mosca, e il Cremlino ha detto oggi che va bene [...] Gli Stati Uniti abbandonano qualsiasi idea di legami positivi con la Russia che accetta con una freddezza che ricorda la guerra fredda. Ciò si si adatta all’antiamericanismo di Putin utilizzato per costruirsi il sostegno interno. I due Paesi vogliono smetterla di fingere di essere amici. Ciò che cercano nell’ambasciatore degli Stati Uniti è qualcuno sicuro con cui avere rapporti senza illusioni. Tefft è perfetto nel ruolo”.

Si osserverà che, nella sua analisi, Champion si riferisce alla Guerra Fredda (”Gli Stati Uniti hanno rinunciato ad avere legami positivi con la Russia che ha accettato con una freddezza che ricorda la guerra fredda”), come fondamentalmente errata e misura della gravità della situazione ai vertici della politica aggressiva degli Stati Uniti (nessun altra parola si adatta a tale estrema “politica aggressiva”). Come abbiamo già detto (20 marzo 2014), la guerra fredda diede alle potenze (le due superpotenze) senso di responsabilità. Gli ambasciatori statunitensi a Mosca, Harriman (1945), Malcolm Toon (1976-1979), Jack Matlock (1986-1991) erano tutti diplomatici che cercavano di migliorare le relazioni tra Stati Uniti e Unione Sovietica, di capire la politica sovietica, creare accordi, evitare qualsiasi retorica aggressiva e interferenze nella sovranità del Paese ospitante. (Lo stesso vale per gli ambasciatori sovietici a Washington, in particolare con il grande Dobrynin nel 1962-1986, che svolse un ruolo fondamentale nel mantenere relazioni accettabili e migliorarle, avendo un ruolo quasi equivalente al ministro degli Esteri, con Kennedy, Nixon e Kissinger, ecc.) Oggi, con Tefft, è l’opposto, ma è anche un’eccezione nella storia diplomatica: l’ambasciatore nominato con l’esplicito scopo di esercitare una pressione aggressiva sul Paese ospitante. Un rovesciamento totale dell’ambasciatore nella tradizione diplomatica, e quindi un evento che rientra perfettamente nella tendenza generale del Sistema. E’ un momento di completa inversione, dove le attività umane della leadership politica del Sistema sono soggette alla costante ricerca di disintegrazione e dissoluzione. E’ anche necessario vedere il caso dell’ambasciatore Tefft non come eccezione, essendoci casi più estremi d’aggressione americanista al servizio del Sistema, naturalmente. Potremmo e dovremmo anche aggiungere ictoria Nuland, la cui isteria attivista, sappiamo a volte apparire moderata nel clima generale di Washington…

Per esempio, in un’udienza al Senato davanti la commissione Esteri, la povera Victoria “si fotta l’UE” ha disperatamente cercato di apparire una “dura” davanti l’assalto dei senatori. Facendo dichiarazioni assolutamente incredibili (i russi consegnano carri armati, artiglieria pesante, aerei da combattimento alle milizie del Donbas che massacrano sempre più), promettendo nuove sanzioni ai russi, ma niente funzionava venendo travolta dalla marea di critiche dei senatori che l’accusavano di compiacenza e debolezza… Spettacolo più che surreale; di un altro pianeta, un altro mondo. (The Daily Times10 luglio 2014).

“Siamo pronti ad imporre sanzioni maggiori, anche sanzioni mirate e specifiche per settore, molto presto, se la Russia non decide di cambiare rotta e rompere i legami con i separatisti”, ha detto Victoria Nuland, assistente del segretario di Stato per gli affari europei ed eurasiatici ai membri del Comitato per le Relazioni Estere del Senato. Nuland accusa i separatisti di aver usato il recente cessate il fuoco di 10 giorni per condurre “violenze, spargimento di sangue e sottrazione di territorio”, e che “la Russia ha permesso il flusso di carri armati, artiglieria pesante e combattenti” in Ucraina e inviato proprie forze sul confine tra Russia e Ucraina. Ha detto che Washington lavora strettamente con gli alleati europei sulle sanzioni, e che una decisione al più presto potrebbe aversi il 16 luglio, quando i leader europei s’incontreranno prima della pausa estiva. [...] Ma in una serie di scambi tesi, il capo repubblicano della commissione, senatore Bob Corker, ha detto a Nuland che gli Stati Uniti si “comportando come una tigre di carta”, nell’adottare misure specifiche contro Mosca. “Ne sono imbarazzato”, ha detto. “Vorrei solo che l’amministrazione smetta di parlare (e che gli Stati Uniti intervengano duramente) agendo”. Il presidente del comitato, senatore Robert Menendez, un democratico, ha anche espresso la preoccupazione che Washington non faccia pressione sulla Russia. Indicando che l’UE chiede alla Russia di por fine al supporto ai separatisti, controllare i confini, restituire i checkpoint sequestrati alle forze ucraine, rilasciare gli ostaggi e iniziare negoziati sul piano di pace del presidente ucraino Petro Poroshenko. “Non vedo avanzare alcuna di queste proposte. Allora, cosa aspettiamo?” chiese a Nuland. Nuland disse che anche se la nuove sanzioni sarebbero più efficaci se concertate con l’Europa, “il presidente ha sempre chiarito che, se necessario, agiremo da soli”.”

Per descrivere la situazione, ancora una volta serve il giudizio dell’ex-capo dei servizi segreti sovietici Shebarshin (”L’unica cosa che l’occidente si aspetta dalla Russia è che la Russia non esista più”). Nonostante la sua politica sia oggetto di critiche dai principali circoli nazionalisti, la leadership politica russa è senza dubbio consapevole dei progressi irresistibili verso il confronto, perché è semplicemente impossibile negarlo ed ignorarlo, ecc. Siamo al punto in cui anche la capitolazione, sebbene impensabile, la leadership russa non fermerebbe probabilmente per nulla tale aggressione, visto come nuovo stratagemma ed incentivo per accendere altri incendi. La politica di Putin è volta ancora ad esercitare tutte le pressioni possibili per allontanare i Paesi europei dagli Stati Uniti d’America, con dei risultati. (Per esempio, la telefonata Fabius-Lavrov del 9 luglio, dove i due ministri concordano sul fatto che il potere a Kiev non rispetta il cessate il fuoco ottenuto a Berlino il 2 luglio).

S’è parlato del punto di confronto dei combattimenti nel Donbas, che potrebbero essere una sorta di “battaglia di Donetsk, e dell’ipotesi che il potere a Kiev sia in pericolo. C’è un’altra possibilità, l’ipotesi di un attacco alla Crimea. (La cosa è possibile, per esempio, se il potere a Kiev, di fronte alle difficili condizioni o minacce interne scelga la fuga in avanti lanciando un attacco per occupare la Crimea, come promesso dal nuovo ministro della Difesa ucraina). Nel corso di una conferenza stampa congiunta con la ministra degli Esteri italiana Federica Mogherini, Lavrov ha osservato, rispondendo a una domanda: “Suggerisco a chiunque (di non tentare una tale azione). Abbiamo una dottrina della sicurezza nazionale che illustra chiaramente quali azioni sarebbero decise in quel caso…” In un modo o nell’altro, e indipendentemente dalla località scelta, i russi non ignorano quindi che potrebbero trovarsi davanti alla scelta suprema, e Lavrov indica che non indietreggeranno in quel caso.

Un “estremismo assoluto automatizzato”

Esaminiamo ora di cosa si tratta. A tale livello di impegno, pressione, irresponsabilità, mancanza d’interesse nel conflitto tra decisione e dichiarazione, le verità della situazione, ecc., sembra sempre più chiaro che ciò che avviene non ha nulla in comune con la politica estera, neanche con la pressione d’ambizione egemonica o un complotto per l’aggressione di una potenza, ecc. La dinamica in corso va oltre la consueta attività umana. La nostra valutazione è che siamo al di là di concezioni e inganni umani, e l’angoscia di Nuland che ha trovato gente più estremista di lei nel Comitato per le Relazioni Estere del Senato, ne è un grave indicatore. Nella frase “estremisti di ogni tipo, neocon, R2P o d’obbedienza, ecc. chi controlla la ‘diplomazia’ degli Stati Uniti non ha più alcun ostacolo” si dovrebbe cassare “controllare”, poiché la “politica” degli Stati Uniti è divenuta estremismo puro. L’attuale spinta furiosa, irresistibile, senza interessi ad un accordo politico, né regole o verità della situazione, sovrasta esseri umani e progetti rientrando nella dimensione metastorica da noi pensata.

Oramai il sistema è scoperto e ciò che attiva direttamente sembra “politica”, ma non è che “aggressione”, il potere di scatenare esplosioni di rabbia, forza, sfogo cieco e nichilista, la cui logica ovviamente riporta alla nostra discussione iniziale sulla sequenza metastorica dello “scatenamento della Materia”, accompagnata dall’involucro concettuale della “potenza perfetta”. Tale dinamica si precipita su ciò che ritiene, giustamente, essere il principale ostacolo sulla via della disintegrazione e dissoluzione, cioè la Russia.
Si tratta di un’attiva dinamica che consideriamo quasi-autonoma dal sistema, o che appare tale, infatti identificabile come tale in vari casi in cui attori o comparse umani rinunciano ad ogni logica e ragione nei loro giudizi, perfino abbandonando proprie posizioni ideologiche sviluppando semplicemente un estremismo incontrollato.

Tale attività è assai più probabile negli Stati Uniti che altrove, soprattutto per ragioni economiche, che rendono difficile sviluppare le solite polemiche come l’indebolimento del ruolo contraddittorio svolto dai “dissidenti” antisistema, che nella crisi ucraina trovano meno alimento alla loro critica al sistema politico e guerrafondaio imperialista dell’americanismo; abbiamo già notato che la crisi ucraina crea assai meno eco delle crisi in Medio Oriente, perché istintivamente identificata con la complessità europea, storicamente sospetta agli Stati Uniti, senza sollevare quell’interesse per le crisi in Medio Oriente, poiché fortemente legate alla narrativa sul terrorismo che governa la sequenza storica degli Stati Uniti dall’11 settembre. D’altra parte, vediamo l’estrema potenza e persistenza del riflesso antirusso negli Stati Uniti, per via degli oneri della storia e relativa narrazione (Russia socialista/comunista/statalista, ecc.), riducendo anche la possibilità che la crisi in Ucraina possa essere motivo di polemica tra sostenitori e oppositori della politica di Washington, e che la tensione estremista si quindi denunciata o rivolta contro se stessa dai dissidenti decisi. (Gli europei hanno un modo diverso di vedere e comprendere la crisi ucraina, essendo molto più vicini alla verità della situazione, e forse più sensibili alle sfumature apprese nella storia). In tali condizioni, gli Stati Uniti hanno sviluppato in particolare la loro tradizionale estrema sensibilità, come gruppo umano, al potere nebbioso e conformista della comunicazione del sistema, divenendo assai più facilmente trascinabili dall’impulso del Sistema. La psicologia americanista, che si basa sui caratteri di incolpevolezza e invincibilità, è di un’estrema vulnerabilità allo slancio del sistema, dato che tale dinamica è assimilata all’eccezionalismo americanista. (Si noti che tale psicologia s’è preparata all’estrema sensibilità che mostra oggi allo scatenarsi della dinamica del sistema, rinnovando dall’autunno del 2013, per via di Putin e del suo articolo sul New York Times, il dibattito sull’eccezionalità degli Stati Uniti, divenuto subito un’operazione comunicativa per riabilitare il concetto. L’azione del sistema può rafforzare tale orientamento).

Il comportamento della leadership politica degli Stati Uniti in tutte le sue componenti, appare molto più automatizzato all’estremismo come costante, possibile interpretazione dell’estremismo assoluto automatizzato che comporta, nel modo più efficace, un’ipotesi così quasi auto-evidente da non aver nemmeno bisogno di essere espresso: la scomparsa della Russia (”L’unica cosa che l’occidente si aspetta dalla Russia è che la Russia non esista più”); tale “estremismo assoluto automatizzato” non ha più alcun rapporto con la solita etichettatura ideologica. L’episodio di Nuland al Congresso, scoperto per caso e che non pone alcuna domanda o interesse negli Stati Uniti, ci sembra particolarmente rivelatore. Il capo indiscusso della fazione neocon nella “diplomazia” degli Stati Uniti (dipartimento di Stato, NSC, ecc.) si trova quasi sotto accusa in quanto moderata, come lo furono durante la Guerra Fredda i sostenitori della deterrenza davanti le fazioni estremiste di destra. Ciò non perché la commissione per gli affari esteri abbia cambiato opinione, ma semplicemente perché cede alle dinamiche in questione, essendo particolarmente ben posizionato per farlo. Non c’è nemmeno bisogno di McCain (McCain presidente della minoranza repubblicana nel Comitato Forze Armate). Evolve, come sembra, pensando a “ruota libera”, cioè con un pensiero ridotto alle dinamiche in questione.

Siamo consapevoli che in tale caso continueremo a giudicare la crisi ucraina molto più grave della crisi irachena, che si dispiega in parallelo, mentre negli Stati Uniti la crisi irachena compare sui titoli della stampa così come negli attacchi al sistema dei critici delle reti antisistema, mentre l’accento sulla crisi ucraina è minimo. (In realtà le due crisi sono complementari e dovrebbero interferire sempre più se i russi si avvicinano marcatamente a iracheni e iraniani, in base a un giudizio chiaramente influenzato dall’antagonismo del blocco BAO subito nella crisi ucraina).

Riteniamo infatti che l’episodio decisivo del sistema, più che mai, nascerà nel cuore della crisi ucraina e nelle sue varie estensioni, piuttosto che dalla crisi in Iraq e Medio Oriente. Tale episodio sarà esplosivo e necessariamente determinante negli USA sul piano della comunicazione e della psicologia, affrontando una psicologia ridotta agli elementi del disinteresse alla crisi e dell’estremismo antirusso assoluto, con la possibilità che si avveri brutalmente la possibilità del confronto con la Russia, con un possibile conflitto nucleare. Allora, quando si realizzerà tale potenziale, potremo notare gli estremamente brutali e completamente incontrollabili estensioni ed effetti indiretti di un episodio che potrebbe attivare l’ultima fase della crisi di collasso del sistema.

Dedefensa

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

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