Università di Teramo – FONDI, LIBERTA’, DIRITTI, DEGRADO DELL’ISTRUZIONE E DELL’ETICA LE MISERIE DI UNIVERSITÀ E SCUOLE NELL’ERA DELL’EUROPA DI MAASTRICHT E DELLA GLOBALIZZAZIONE FINANZIARIA

FONDI, LIBERTA’, DIRITTI, DEGRADO DELL’ISTRUZIONE E DELL’ETICA LE MISERIE DI UNIVERSITÀ E SCUOLE NELL’ERA DELL’EUROPA DI MAASTRICHT E DELLA GLOBALIZZAZIONE FINANZIARIA

UNIVERSITA’ DI TERAMO, 11 APRILE 2014, ORE 10

Come e quanto incide la globalizzazione finanziaria sulla vita culturale, scolastica, universitaria in Italia? Ne discutono economisti, giuristi, storici in questo convegno promosso nell’ambito del Master Enrico Mattei in Vicino e Medio Oriente. Due i percorsi di dibattito principali: le libertà e i diritti civili lesi dal nuovo “Leviatano” Europa, con il mandato di cattura europeo, la Gendfor, le direttive liberticide sulla libertà di pensiero e di insegnamento; e la trasformazione in fieri di scuole e università da vettori di cultura e valori della civiltà europea (e non solo), in strumento di una ‘società della conoscenza’ tutta finalizzata – vedi il Processo di Bologna del 1999 – a una maggiore competitività economica dell’Europa rispetto agli Stati Uniti, l’inseguimento del cui modello iperfinanziario sta trascinando gran parte dei paesi dell’Unione verso la decadenza industriale, istituzionale, culturale.

Non sono questioni e obbiettivi semplici: la forza di chi oggi, a seguito delle privatizzazioni degli anni Novanta, “paga il piffero”, sta producendo il rischio di una omologazione della didattica e della ricerca, in tutti i campi di studio umanistici, secondo logiche eterodirette informate dai grandi poteri finanziari transnazionali. Un po’ come nell’epoca di Hobson e Salvemini, ma in un mondo oggi molto più complesso e dalla difficile governabilità …

PARTECIPANO

PROF. BRUNO AMOROSO, Prof. Emerito, Università di Roskilde

Il “BolognaProcess” e la “società della conoscenza”: Accademia spa?

AVV. LORENZO BORRÉ, Penalista. Foro di Roma

La “Storia di Stato” e il tradimento del pensiero liberale

LUIGI DE GIACOMO, ricercatore indipendente

Libertà e conoscenza, requisiti essenziali per una nuova obiezione di coscienza

AVV. MAURIZIO DIONISIO, Penalista. Foro de L’Aquila

Il ruolo delle Procure nella violazione degli articoli 21 e 33 della Costituzione

AVV. VITTORIO MARINELLI, Penalista, Foro di Roma

Una nuova inquisizione “laica”?

PROF. CLAUDIO MOFFA, Università di Teramo

I criteri di valutazione Anvur tra astrusità e possibili imbrogli

PROF. ANTONIO MARIA RINALDI, Università di Chieti-Pescara

PADRE QUIRINO SALOMONE,

Denaro e Etica cristiana: la tradizione francescana dimenticata

PROF. EZIO SCIARRA, Università di Chieti-Pescara

PROF. AVV. AUGUSTO SINAGRA, Università di Roma

Mandato di cattura europeo, gendfor e diritti umani DANILO STENTELLA, Centro Studi Malfatti

Effetto new economy, la carica degli aziendalisti e la marginalizzazione dell’economia politica dentro e fuori gli Atenei.

DANIELE UNGARO?, Università di Teramo

“CHI PAGA IL PIFFERO, SUONA LA MUSICA” LA CULTURA EUROPEA TRA GUERRA E FINANZA

UN SECOLO FA

«Le nostre università stanno diventando le ossequienti tutrici dell’ortodossia religiosa, soffocando la scienza, distorcendo la storia, elaborando una filosofia servizievole …. Gli studi accademici e gli insegnanti sono impegnati con lo stesso metodo, ma perseguono scopi diversi: le scienze naturali, la storia, l’economia, la sociologia, sono usate per erigere nuove barriere contro l’assalto delle masse diseredate agli interessi costituiti delle forze plutocratiche …

I veri fattori decisivi dell’insegnamento sono contenuti in queste tre domande: chi deve insegnare, cosa insegnare, come insegnare? Quando le nostre università dipendono da donazioni e rendite dovute al favore dei ricchi, necessariamente le risposte sono queste: insegnanti prudenti, studi prudenti, metodi sani (che è come dire: ortodossi). Il rozzo proverbio che dice “chi paga il piffero, suona la musica” è certo applicabile in questo caso e in altri, e nessun ingannevole aspetto della dignità accademica o dell’onestà intellettuale deve chiuderci gli occhi di fronte ai fatti»

John Atkinson Hobson, Imperialism. A Study, 1902

«Lo storico, il quale in avvenire vorrà ricostruire questo torbido periodo della nostra vita nazionale, dovrà giudicare che la cultura italiana nel primo decennio del secolo XX doveva essere caduta assai in basso, se fu possibile ai grandi giornali quotidiani e a giornalisti, che pur andavano per la maggiore, far credere all’intero paese tutte le grossolane sciocchezze, con cui l’impresa libica è stata giustificata e provocata. Non esistevano, dunque, in Italia studiosi seri e coscienziosi? Che cosa facevano gli insegnanti universitari di geografia, di storia, di letterature classiche, di diritto internazionale, di cose orientali? Credettero anch’essi alle frottole dei giornali? E se non ci credettero, perché lasciarono che il paese fosse ingannato? Oppure considerarono la faccenda come del tutto indifferente per la loro olimpica serenità? La risposta a queste domande non potrà essere molto lusinghiera per la nostra generazione …»

Gaetano Salvemini, Come siamo andati in Libia, La Voce, 1914

OGGI

La società della conoscenza

Le preoccupazioni maggiori dei poteri che presiedono alla globalizzazione sono quelle della perdita della loro egemonia e del sorgere di élite diversamente orientate sia nella cultura sia nella politica. Per queste ragioni si è posto il problema del controllo della ricerca e dei centri di formazione affrontato con l’obiettivo della «società della conoscenza». Al cambiamento delle strategie industriali introdotte dalla globalizzazione negli anni Settanta – il passaggio dall’era fordista a quella postindustriale – fece seguito un’intensa ricerca negli Stati Uniti per individuare le aree di maggiore competitività da sviluppare che consentissero di mantenere un ruolo di guida nell’economia mondiale.

L’attenzione si concentrò sull’innovazione tecnologica nei settori high-tech, tirati dall’industria militare e dalla finanza, nei quali si individuarono i due strumenti necessari per avviare attività di aggressione e speculative, necessarie per dissodare le nuove praterie del consumo di lusso e della rapina dei risparmi dei cittadini nel mondo. Attività, queste, che coincidono con l’obiettivo della forte concentrazione del potere.

Il trasferimento di questa operazione in Europa è stato effettuato sponsorizzando la «società della conoscenza», ritenuta lo strumento adatto a rendere più competitive le società europee. Un piano che ha trasformato in pochi anni il mondo accademico e della ricerca in un sistema di società per azioni, con il pacchetto di maggioranza fortemente concentrato e in solide mani, con la perdita di ogni sua forma di autonomia e di pensiero critico. Sono pochi oggi a ricordare che questo obiettivo, introdotto dall’agenda di Lisbona e con il processo di Bologna nel 2000, doveva servire a trasformare l’Unione europea «nella più dinamica e competitiva economia del mondo basata sulla conoscenza» entro il 2010. Obiettivo non raggiunto, come molti altri, e com’era prevedibile, visto che la «società della conoscenza», come già sottolineato, è un’invenzione prodotta negli Stati Uniti per costringere tutti i Paesi a inseguirli sul terreno su cui sapevano già in partenza di essere i più forti. L’obiettivo raggiunto in Europa, invece, è stato quello di abbandonare il «modello sociale europeo» che costituiva il «vantaggio competitivo» dell’Europa per la cultura, i settori dei servizi pubblici e privati, l’habitat, l’ambiente e la sanità, mercati e sistemi produttivi di comunità territorialmente radicati, con il risultato della decadenza complessiva del sistema. Da Bruno Amoroso, Figli di troika. Gli artefici della crisi economica, Castelvecchi, 2013

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