L’emmissione dell’Euro che diventa un “debito” per il ricevente … ecco come si forma il debito pubblico inestinguibile
L’emissione dell’euro è notoriamente accompagnata da una falsa registrazione in passivo dell’emittente corrispondente ad un falso prestito che addebita il denaro invece di accreditarlo, pretendendo dal presunto debitore una restituzione a priori impossibile, poiché la somma debito + interesse supera l’emissione, ovvero supera la disponibilità di moneta disponibile tramite tale tecnica di emissione truffaldina.
Inoltre, naturalmente, l’aumento di tassazioni generato (assieme alla diminuzione di servizi) per pagare almeno una parte del presunto debito genera crisi economica per carenza di liquidità disponibile, che diminuisce conseguentemente il gettito fiscale.
Ciò induce l’emittente a creare nuovi debitori fasulli con nuovi prestiti fasulli a coprire i fasulli scoperti realizzatisi, cioè a creare forzatamente nuovi debitori con il collaudato metodo della conquista imperialista, e infatti l’euro, al pari del dollaro, è un automatico costruttore di guerra.
Ma l’espansione perpetua è strutturalmente impossibile, a priori per la dimensione finita dell’ambiente (il pianeta), e di fatto anche perché si scontra con i confini degli altri imperi, i quali, nell’era atomica, a differenza di prima, sono militarmente intangibili: la bomba H, contro la quale non esiste difesa, impedisce la possibilità di uno scontro militare diretto. sicché l’operazione di espansione economica è costretta entro confini ulteriormente ristretti, e la catena di sant’antonio messa in moto lentamente si arresta in modo inesorabile, rendendo il falso debito sempre più impagabile.
A ciò si aggiunge un ulteriore inconveniente strutturale dell’espansionismo, provocato dal fatto che la complessità di un sistema aumenta quadraticamente con l’aumento delle sue dimensioni, costringendo ad un continuo aumento percentuale delle spese di gestione del sistema stesso: in breve, quanto più un impero si amplia tanto più divora una frazione maggiore del pil per il proprio autosotentamento.
Per questo motivo il debito, nonostante tutti gli sforzi borghesi, diviene sempre più impagabile, e l’euro è automaticamente destinato alla completa rovina nel corso del tempo, crollando di fronte all’impossibilità di soddisfare i creditori, acquirenti dei titoli di stato e bancari generati per fronteggiare la situazione.
Finora lo squallido tentativo reazionario di salvare l’insalvabile moneta è passato attraverso la svalutazione delle nazioni e dei loro beni per non svalutare l’euro. L’unica via di uscita, invece, è esigere dalle banche la restituzione dei falsi debiti con interessi incamerati.
Alternativamente, procederà la macchina della catastrofe continua: il crollo del progetto di economia germanocentrica disintegratosi nel secolo scorso di fronte all’impossibilità di vincere una guerra contro il mondo intero si avvia a ripetersi in questo secolo per impossibilità a soddisfare i creditori del mondo intero.
Vincenzo Zamboni
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Integrazione di Giancarlo Murgia, sulla politica finanziaria del FMI:
“Nel suo libro La globalizzazione e i suoi oppositori (Globalization and Its Discontents), uscito nel 2002, e in una serie di interviste ed articoli, Joseph Stiglitz, dimessosi da poco dalla vicepresidenza della Banca Mondiale, accusa il Fondo monetario di aver imposto a tutti i Paesi una “ricetta” standardizzata, basata su una teoria economica semplicistica, che ha aggravato le difficoltà economiche anziché alleviarle.
Stiglitz fornisce una serie dettagliata di esempi, come la crisi finanziaria asiatica e la transizione dall’economia pianificata al capitalismo in Russia e nei paesi ex-comunisti dell’Europa orientale: i prestiti del F.M.I. in questi paesi, secondo Stiglitz, sono serviti a rimborsare i creditori occidentali, anziché aiutare le loro economie. Inoltre il F.M.I. ha appoggiato nei Paesi ex-comunisti coloro che si pronunciavano per una privatizzazione rapida, che in assenza delle istituzioni necessarie ha danneggiato i cittadini e rimpinguato le tasche di politici corrotti e uomini d’affari disonesti. Stiglitz osserva che i risultati migliori in materia di transizione sono stati conseguiti proprio da quei paesi, come la Polonia e la Cina, che non hanno seguito le indicazioni del F.M.I., mentre in Asia il modello economico che ha permesso una massiccia crescita dell’economia di molti paesi si basa su un forte intervento statale, anziché sulle privatizzazioni.
Stiglitz sottolinea inoltre i legami di molti dirigenti del F.M.I. con i grandi gruppi finanziari americani e il loro atteggiamento arrogante nei confronti degli uomini politici e delle élite del Terzo Mondo, paragonandoli ai colonialisti di fine XIX secolo, convinti che la loro dominazione fosse l’unica opportunità di progresso per i popoli “selvaggi”.
Negli anni ottanta il Fondo monetario internazionale (assieme alla Banca Mondiale) ha cercato di promuovere l’industrializzazione nell’Africa sub-sahariana, talvolta ottenendo buoni risultati ma spesso fallendo. Infatti in Senegal le politiche neoliberiste di eliminazione dei protezionismi doganali hanno contribuito alla scomparsa di interi settori industriali[10]
Le critiche nei confronti del F.M.I. hanno trovato un ulteriore argomento quando nel 2001 l’Argentina (Paese che i tecnici del F.M.I. consideravano “l’allievo modello”) è andata incontro ad una terribile crisi economica. Il F.M.I. è stato accusato di avervi contribuito con le sue indicazioni o quantomeno di non aver fatto nulla per impedirla.”