Pasqua senza stragi di sangue – Memoria della battaglia per il salvataggio degli agnelli in un vecchio articolo del Corriere della Sera
Come ti salvo dal forno il povero abbacchio
L’ agnello da latte, a Pasqua, di solito finisce prima in forno e poi sulle tavole imbandite. I vegetariani del circolo di Calcata (Viterbo), pero’ , lo vogliono vivo. Cosi’ hanno lanciato la campagna “lo sciopero della carne morta” e hanno allestito un ostello per capre, pecore, oche, coniglietti, galline e capponi. Un centro di prima accoglienza, insomma, con prati e recinti per tutti gli animali erbivori abituati a cadere in pentola la domenica della Resurrezione. “L’ agnello . dice Paolo D’ Arpini, presidente del circolo che da dieci anni ha la sede sulle pendici della rupe di Calcata . e’ il simbolo cristiano della Pasqua. Vivo, pero’ , non morto. Basta ricordare le immagini di santi dell’ iconografia religiosa, pensare a Gesu’ o a San Francesco con l’ agnello sulle spalle. I vegetariani vogliono tornare al messaggio originario cristiano di pace e chiedono una Pasqua “senza stragi di sangue”.
Propongono cosi’ di risparmiare la vita a capretti e agnelli: “Portateli da noi, vivi. Li custodiremo e nutriremo nei nostri terreni e vi faremo scoprire quanto e’ bello averli per amici. Po li affideremo a famiglie che li amano e li cureranno. Perche’ tenere in casa un gatto e non una papera o una pecora in giardino?”. Per la campagna in favore degli animali erbivori sono scesi in campo anche l’ Ente nazionale protezione animali (Enpa) di Viterbo, la Lega antivivisezione e l’ Unione animalista. La Pasqua e’ la festa dell’ amore e del dono . dice Elva Viglino dell’ Enpa, ., perche’ allora sgozzare e squartare quelle povere bestie? E uno spettacolo davvero orrendo: appeno l’ ho visto sono diventata vegetariana”.
Dalla rupe di Calcata, cosi’ imponente e magica che pare uscita da una favola dei fratelli Grimm, parte l’ invito per un pranzo pasquale semplice e alternativo. Nella grande cucina rustica, al primo piano del circolo vegetariano, sara’ servita una torta salata, con pecorino grattugiato, pezzi di caciotta e olive. Tra un boccale e l’ altro di vino fragolino prodotto artigianalmente, gli ospiti mangeranno solo fave fresche e uova sode di gallina, papera, oca e quant’ altro. Anche i dolci tradizionali saranno banditi dalla grande tavola di legno chiaro: niente colomba farcita, uova o campanelle di cioccolato. I bambini, poi al posto della solita sorpresa, di divertiranno a dipingere con colori naturali le uova vere, fresche fresche di pollaio. E per Pasquetta, tutti insieme in marcia, magari con gli animali al seguito, per una passeggiata nella valle del fiume Treja.
Cosentino Francesca
Fonte:
http://archiviostorico.corriere.it/1994/aprile/03/come_salvo_dal_forno_povero_co_10_9404033470.shtml