L’Italia ripudia la guerra… ma le spese militari costano più del welfare

“Spese militari e costi sociali di un’economia di guerra”

L’economia italiana è sempre più condizionata dalle spese militari per
sostenere le missioni all’estero e per tenere aggiornato l’apparato
bellico in una prospettiva che vede le nostre forze armate impegnate
sia in interventi militari diretti, che nel controllo di una vasta area
geografica che va al di la delle peculiarità di difesa nazionale e che
sta trasformando le forze armate in forze d’intervento da impiegare in
fronti sempre più lontani.

Il controllo del Mediterraneo e delle aree limitrofe è l’obiettivo
strategico delle forze armate italiane e per far ciò hanno bisogno di
sempre più finanziamenti che vengono sottratti alle risorse per lo
sviluppo economico e per lo stato sociale.

Mentre cresce la pressione fiscale sui ceti meno ambienti, si falcidia
lo stato sociale, si tagliano i finanziamenti alla scuola pubblica,
viene duramente colpita la sanità, viene rimandata di anni e anni la
prospettiva della pensione con la conseguente crescita della
disoccupazione giovanile, non si da sostegno allo sviluppo produttivo,
nel 2013 i fondi per l’acquisto di armamenti sono aumentati in modo
sostanzioso rispetto al 2012: il ministero dello Sviluppo Economico ha
messo a disposizione altri 2.182 milioni per comprare sistemi militari
di vari tipo.

La crisi economica non ha ridimensionato le pretese della Difesa
italiana. Nel 2014 saranno spesi altri 5 miliardi di euro in navi da
guerra, blindati, elicotteri da combattimento, cacciabombardieri,
siluri, cannoni, satelliti spia e droni.

Nel 2014 l’Italia brucerà complessivamente almeno 23,6 miliardi di euro
in spesa militare.

Ma un primo elemento da sottolineare, ormai purtroppo endemico, è
quello riguardante la poca trasparenza. Soldi per il comparto militare
non sono presenti solo nel bilancio della Difesa ma sono sparsi anche
in altre voci, le più importanti delle quali sono i fondi del Ministero
dello Sviluppo Economico e i fondi decisi ad hoc per le missioni
militari all’estero. Ovviamente la parte centrale e più cospicua è
costituita dal bilancio proprio del Ministero della Difesa, dettagliato
in una tabella allegata alla Legge di Bilancio. Questo documento
costituisce la base di quella che, in anni passati, era denominata
“Nota aggiuntiva allo stato di previsione per la Difesa” e che nel 2013
è divenuta il “Documento Programmatico Pluriennale”. Non c’è nessun
riferimento concreto alle spese per i programmi militari nei 531 commi
dell’unico articolo della LEGGE DI STABILITÀ. Bisogna arrivare agli
allegati per capire quanto si spenderà il prossimo anno per aerei,
missili, navi e sistemi spaziali. Per capire, come se non bastasse, che
il tutto è nascosto da un trucco dato che tali spese non risultano a
carico del ministero della Difesa, ma di quello dello Sviluppo
Economico e di quello della Istruzione Università e Ricerca. Sono ben
16 i decreti a cui si fa riferimento nell’allegato relativo alle
“autorizzazioni di spesa a carattere pluriennale”. La cifra che ne
deriva è impressionante, nel 2014 spenderemo per i programmi militari
oltre 2 miliardi 212 milioni di euro. Se sommiamo l’importo totale dei
finanziamenti pluriennali, arriviamo all’astronomica cifra di 13
miliardi 519 milioni di euro. E non stiamo parlando nemmeno della
totalità dei progetti militari, ma solo di quelli rientranti nei
sistemi dell’aeronautica.

Le spese militari costano come il welfare

Secondo le stime del Sipri (Stockholm International Peace Institute), l’
Italia ha speso per il 2012 circa 26,46 miliardi di euro.

Quante risorse sono assorbite dalla spesa militare rispetto al Pil (e
quindi alle risorse dell’intera economia) e rispetto ad altre funzioni
dello stato come l’istruzione e la protezione sociale?

La spesa militare italiana risulta più o meno in linea con quella di
altri paesi europei, leggermente superiore rispetto alla spesa della
Germania (+0,4% del Pil) e di quasi un punto percentuale superiore a
quella spagnola, che ha visto una notevole riduzione negli ultimi anni.
L’anomalia italiana è che la spesa militare è pari alla spesa per le
politiche del lavoro e solo marginalmente inferiore alla spesa per le
politiche sociali.

L’allinearsi delle spese militari alla spesa per politiche sociali
emerge come tratto distintivo italiano. Negli altri paesi queste spese
ammontano da un punto percentuale di Pil in più (Portogallo) a 4,5
punti in più nel caso della Spagna. Ciò è scaturito dalle scelte che
condizionano negativamente le misure di sostegno del reddito durante la
disoccupazione. Simbolo della chiara carenza della spesa pubblica
italiana che impiega relativamente poche risorse per la protezione
delle fasce sociali più svantaggiate.

Sebbene il peso della spesa militare del nostro paese rispetto al Pil
sia abbastanza in linea con le altre economie considerate, la
ripartizione della spesa pubblica italiana mostra delle evidenti
carenza nella protezione degli elementi più deboli della società.

Le spese militari italiane più care del 2013 (oltre agli F35)

L’affare da 12-14 miliardi di euro dei cacciabombardieri F-35, (Joint
Strike Fighter), è solo uno dei tanti nodi sul tavolo del governo
italiano.

La voce relativa agli aerei della discordia non è ovviamente l’unica
inserita nei bilanci, spesso non chiarissimi, dei ministeri della
Difesa e dello Sviluppo economico per il 2013. E non è, a sorpresa,
neanche la più pesante. Il Rapporto 2013 dell’Archivio Disarmo,
realizzato da Fulvio Nibali con la direzione scientifica di Luigi
Barbato e consultabile integralmente online, raccoglie una sorta di Top
13 dei programmi militari più costosi del 2013. Ecco quali sono.

1 Velivoli da combattimento Eurofighter 2000 – 1 miliardo 194,6 milioni
di euro
Si tratta del caccia multiruolo europeo alla fine ribattezzato Typhoon,
realizzato in cooperazione con Germania, Regno Unito e Spagna, ed
entrato in servizio nel 2003. Il programma si concluderà nel 2021 per
un costo totale di 21 miliardi e 100 milioni di euro. Per il 2013 sono
di 51,6 milioni i soldi messi sul piatto dalla Difesa, e un miliardo
143 milioni quelli che fanno capo al ministero dello Sviluppo
economico.

2 Fregate Europee Multi Missione (Fremm, Classe Bergamini) – 655,3
milioni di euro
Si tratta di un programma, in cooperazione con la Francia, per l’
acquisto di dieci fregate europee multi missione, le cosiddette Fremm.
Andranno a sostituire le fregate delle Classi Lupo e Maestrale. Costo
totale dell’operazione: 5 miliardi 680 milioni di euro per un
completamento previsto nel 2019. La prima è stata consegnata alla
Marina Militare lo scorso anno. In questo caso i fondi vengono per il
2013 dal ministero dello Sviluppo economico: 655,3 milioni di euro.

3 Velivoli Joint Strike Fighter – 500,3 milioni di euro
Si tratta appunto dei famigerati F-35, realizzati in cooperazione con
Usa, Regno Unito, Canada, Danimarca, Norvegia, Olanda, Australia,
Turchia, Singapore e Israele per le fasi di sviluppo,
industrializzazione e supporto. I mezzi (90 unità) costano ognuno fra i
99 e i 106,7 milioni di euro. Per il 2013 i fondi del ministero della
Difesa ammontano a 500,3 milioni. L’anno prossimo saranno 535,4 e nel
2015 657,2. Sostituiranno Tornado, Am-x e Av-8B. Completamento previsto
per il 2047.

4 Programmi a valenza interforze – 297,6 milioni di euro
Sono programmi militari che riguardano l’ammodernamento e il
rinnovamento tecnologico dei mezzi e dei sistemi operativi in
inventario, oltre che dei supporti operativi e delle apparecchiature in
dotazione a enti, centri e comandi interforze. Tutto quello che serve,
insomma, per supportare mezzi e sistemi messi in comune fra
Aeronautica, Marina ed Esercito. C’è dentro di tutto: dall’
aggiornamento agli standard internazionali ai sistemi di difesa
personale fino a telecomunicazioni, ricerca sanitaria, centri tecnici,
poligoni, manutenzione straordinaria, ripristino dei mezzi dopo l’
azione. Costo totale per il 2013: 297,6 milioni di euro della Difesa.

5 Sommergibili di nuova generazione U-212 – 1^ e 2^ S – 191,8 milioni
di euro
Anche questo è un programma in cooperazione, stavolta con la sola
Germania, e prevede l’acquisto di quattro sommergibili classe U-212,
logistica inclusa. I Classe Todaro – ne abbiamo già due in flotta fin
dal 2006/2007 – sostituiranno i più vecchi Classe Sauro ancora in
servizio. Costo totale: un miliardo 885 milioni di euro, di cui 970 per
la prima serie da completare entro l’anno prossimo e 915 per la
seconda, da chiudere entro il 2016. Per quest’anno il ministero della
Difesa pagherà 191,8 milioni di euro.

6 Velivolo Jamms/Caew-Bm&C – 132 milioni di euro
È un programma che prevede l’acquisto di un velivolo multi-
sensore/multi-missione. Si tratta di un aereo-radar per supportare le
operazioni delle forze nazionali e alleate impegnate in operazioni
militari nel controllo e nella sorveglianza dello spazio d’azione. Non
si tratta del solo aereo ma anche di un sistema più ampio che comprende
piattaforma aerea, sistema di comunicazione e raccolta informazioni,
radar di osservazione ad alta quota per l’individuazione di oggetti in
movimento e dal segmento di terra per analizzare i dati. Costo totale
entro il 2016: 580 milioni di euro. Per il 2013 sono 132 dalla Difesa.

7 Veicoli blindati medi 8×8 Freccia – 130,1 milioni di euro
Supporto tattico, protezione e sicurezza delle unità dell’esercito nel
corso delle operazioni sul campo. A questo serviranno i 249 veicoli
blindati medi detti Freccia, derivati dai Centauro, che hanno esordito
nel 2010 in Afghanistan. Sono 8×8 in grado di trasportare 11 uomini
completamente equipaggiati: un pilota, due operatori in torre e otto
soldati nel comparto posteriore. L’operazione costa un miliardo e mezzo
di euro entro il 2016. Quest’anno arriveranno 30,4 milioni di euro
dalla Difesa e 99,7 dal ministero dello Sviluppo economico.

8 Elicotteri da trasporto medio dell’Esercito Italiano – 125 milioni di
euro
All’ottava piazza dei programmi militari più costosi del 2013 c’è
quello per l’acquisto del nuovo elicottero Boeing CH47F da trasporto
medio, cioè il mitico Chinook, nella versione rilasciata nel 2001.
Quindi neanche l’ultima disponibile. I nuovi apparecchi sostituiranno i
CH-47C, roba di fine anni Sessanta, giunti a “ fine vita tecnica”. Sono
i mezzi che usiamo nelle operazioni di peacekeeping. Il programma costa
974 milioni di euro entro il 2018. Per il 2013 125 milioni di euro dal
bilancio della Difesa.

9 Velivoli da pattugliamento marittimo – 122,8 milioni di euro
Il programma costa 122,8 milioni di euro per il 2013, in carico alla
Difesa, e punta a sostituire i velivoli Atlantic, cioè i Breguet Br-
1150 alcuni dei quali ancora operativi, con i nuovi ATR72MP, un paio
già sostituiti l’anno scorso. Costo complessivo: 360 milioni di euro
entro il 2019.

10 Programmi a sostegno dello strumento terrestre – 122,1 milioni di
euro
Anche in questo caso, un po’ come per i programmi a valenza interforze,
si tratta di ammodernamento e rinnovamento dei mezzi terrestri, degli
aeromobili, dei supporti operativi e di molti altri capitoli legati al
settore degli ammodernamenti minori, dei supporti operativi e della
logistica dei mezzi di terra. Ci sono in mezzo anche la verifica
ambientale e la bonifica di alcune servitù militari e l’addestramento,
oltre alle munizioni di vario calibro. La cifra si decide anno per
anno, nel 2013 è di 122,1 milioni di euro.

11 Ammodernamento velivoli da combattimento Tornado Mrca – 108,3
milioni di euro
Va bene che intendiamo pensionarli, ma intanto bisogna ammodernarli, i
vecchi Tornado sviluppati dagli anni Settanta. Ecco 108,3 milioni di
euro (100 dallo Sviluppo economico e 8,3 dalla Difesa), nel 2013, per
il programma di mezza vita dei velivoli costruiti insieme a Germania e
Regno unito, per fare in modo che possano decollare fino al 2020-2025.
Costo totale: un miliardo 200 milioni di euro entro il 2015.

12 Programmi a sostegno dello strumento aereo – 97,8 milioni di euro
Ancora un programma di ammodernamento minore, di adeguamento
tecnologico e supporto logistico della flotta aerea tricolore, oltre
che dei mezzi e sistemi d’arma collegati. In questa voce rientra anche
l’acquisizione di mezzi speciali, forze speciali e Centro sperimentale
di volo. Si decide quanto serve anno per anno, per il 2013 97,8 milioni
di euro dalla Difesa.

13 Sistema missilistico superficie-aria terrestre e navale Fsaf – 95,8
milioni di euro
Chiude la Top 13 dei programmi militari più ingenti dell’anno quello in
cooperazione con la Francia. Obiettivo: realizzare una famiglia di
sistemi per la difesa antimissile e antiaerea a corta e media portata
da usare a terra e su nave. Un programma che costerà nel complesso 1,7
miliardi di euro entro il 2020.

Gli sprechi e lo sperperio di denari pubblico si rende ancora più
evidente quando si considera che con il fior fiore di flotta navale ed
aerea in possesso alle forze armate italiane i trasporti di mezzi e di
truppe vengono affidati ai privati.

L’Aeronautica militare italiana può contare su ventuno C-130 (entrati
in servizio tra il 2001 e il 2005), dodici C-27 (operativi dal 2007) e
quattro Boeing-767 (consegnati tra nel 2011-2012), per una capacità
complessiva d’imbarco di 3.836 uomini o 650 tonnellate di materiali.
Una flotta all’avanguardia.

Ciononostante, ogni anno la Difesa spende quasi 40 milioni di euro in
appalti a compagnie private che forniscono servizi di trasporto aereo
verso i ventidue paesi dove attualmente sono schierati in tutto 5.600
militari impegnati in 33 diverse missioni.

La Direzione generale di commissariato e di servizi generali della
Difesa bandisce periodicamente gare pubbliche d’appalto, ma da anni
sono sempre le stesse aziende ad aggiudicarsi i contratti, anche in
virtù del sistema di rinnovo pluriennale previsto dalla cosiddetta
“procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara”,
introdotta nel nuovo Codice degli appalti del 2006. A farla da padrona
sono la compagnia sarda Meridiana del principe Aga Khan, per quanto
riguarda il trasporto aereo delle truppe (oltre 14 milioni di euro, Iva
esclusa, il rinnovo del contratto per il 2014) e la Saima Avandero,
azienda lombarda ma di proprietà del gruppo danese Dsv, per il
trasporto aereo di mezzi e materiali (il nuovo contratto 2014 vale
oltre 23 milioni; alla gara aveva partecipato anche Alitalia). Un vero
asso pigliatutto questa Saima, che oltre a vincere gli appalti per il
trasporto aereo, da anni si aggiudica regolarmente anche quelli per il
trasporto marittimo (15 milioni per il 2014) e terrestre (10 milioni,
sempre Iva esclusa).

Renato Franzitta

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