Umiliare la Russia con il terrorismo aiuta la causa islamo-sionista

Il dramma sanguinario di Volgograd, alla vigilia del nuovo anno, dove attentatori suicidi hanno compiuto due attentati terroristici uccidendo 33 persone, compresi bambini, ferendone decine di altre, ha spinto i media e i politici russi ad avanzare molte ipotesi su chi possa essere dietro tali crimini e perché sono stati compiuti in questo particolare momento? La stragrande maggioranza ritiene che la pista conduca al Caucaso del Nord, probabilmente al Daghestan, dove i radicali wahabiti trincerativisi sognano di turbare i Giochi Olimpici di Sochi con la loro barbara violenza. Piantare il seme della discordia religiosa nella società russa, spaventando le persone che vivono nel sud della Russia, adiacente ai territori del Caucaso del Nord, e ciò cui mirano.

Il loro coinvolgimento in tali eventi è del tutto possibile, ma in qualche modo la maggior parte degli analisti ha completamente ignorato la pista estera degli attentati terroristici a Volgograd. Questa tragedia, non importa quanto sia orribile, non può essere considerata isolandola dagli sviluppi globali della situazione nel mondo islamico, a sud della Federazione russa.

Molti dimenticano che a solo un migliaio di chilometri a sud dei confini russi, una selvaggia guerra civile infuria in Siria, dove migliaia di jihadisti e terroristi di tutte le sfumature e le nazionalità uccidono persone imbracciando armi statunitensi. Tutti lautamente finanziati da Arabia Saudita, Kuwait, Qatar ed Emirati Arabi Uniti. Riguardo l’addestramento, un gruppo di istruttori statunitensi e arabi del GCC fornisce a tali terroristi tutte le conoscenze necessarie per infliggere la morte a casa dell’inerme popolo siriano. Tra questi terroristi, secondo molte fonti, si troverebbero circa 400 russi. Non sono solo abitanti del Caucaso del Nord, ma anche slavi convertitisi all’Islam o semplicemente mercenari ben retribuiti dalla monarchia wahabita dell’Arabia Saudita.

Questi militanti hanno sparso sangue prima in Libia, lottando contro Muammar Gheddafi dietro compenso finanziario di Arabia Saudita, Qatar e Emirati Arabi Uniti, altri hanno combattuto in Iraq, contro il governo della maggioranza sciita, a vantaggio degli stessi vecchi “sponsor”, e alcuni di loro si sono laureati nella “scuola” dell’Afghanistan, addestrandosi sia militarmente che ideologicamente nei campi di Peshawar in Pakistan. Il luogo è noto come la principale base di addestramento dei terroristi islamici, generosamente sostenuta dai fondi di beneficenza islamici, e s’indovini per chi colpire. E tutta questa marmaglia, in particolare quella russa, plebaglia “nazionale” assemblata con gli avanzi del terrorismo del Caucaso del Nord e da slavi convertitisi all’Islam sotto l’influenza di imam radicali, ha iniziato a minacciare la Russia dalla fine del 2013, potendo rientrare a “casa” dalla Siria, da un giorno all’altro. Hanno accumulato un’approfondita esperienza al “combattimento”, o meglio, al terrorismo sui campi di battaglia siriani, per farne “buon uso” in Russia.

Ma Peshawar non è l’unico luogo in cui furono ipnotizzati dei cittadini russi, vi sono basi del radicalismo nella stessa Russia, in numerosi “moschee” e luoghi di culto semilegali presenti sul Volga e il Caucaso del Nord, dove gli imam, istruiti da predicatori salafiti arabi, insegnano a giovani che hanno perduto il senso della vita i vari motivi per odiare. La loro ricerca interiore viene sfruttata dai reclutatori islamisti, diventati “pescatori di anime perse.” E i soldi per farlo, insieme al denaro necessario per stampare libri salafiti, provengono dalle stesse fondazioni arabe, in particolare da Arabia Saudita e Qatar. Ma per via dell’elevata tolleranza religiosa recentemente divenuto l’emblema della Russia, le autorità locali ignorano gli islamisti radicali che reclutano buoni combattenti terroristi o kamikaze.

Infine, c’è ancora un altro punto importante da affrontare. Nonostante una serie di feroci campagne mediatiche anti-russe provenienti regolarmente dall’Arabia Saudita, il capo dell’intelligence saudita e presidente del Consiglio di Sicurezza Nazionale, principe Bandar, s’è recato in visita in Russia due volte nella seconda metà del 2013, e ogni volta ha avuto un colloquio con Vladimir Putin. La prima volta il 31 luglio. Secondo diverse fonti, in particolare arabe e israeliane, Bandar bin Sultan voleva firmare un contratto militare con la Russia da 15 miliardi di dollari in armi da consegnare all’Arabia Saudita. In cambio era disposto ad assicurare che i Paesi del Golfo non avrebbero minacciato la posizione della Russia quale principale fornitore di gas all’Europa e promesso che avrebbe fatto tutto il possibile per proteggere le Olimpiadi invernali di Sochi da possibili attacchi terroristici. In cambio Mosca avrebbe ridotto il suo sostegno a Bashar Assad.

Inoltre, come alcune fonti hanno riferito, Bandar avrebbe lasciato Mosca contento. Tuttavia tali informazioni non sembrano credibili, né sulle proposte, né sulla buona volontà della Russia nei loro confronti.
In primo luogo, tutti sono ben consapevoli del fatto che l’Arabia Saudita è rimasta praticamente sola nella guerra dove la coalizione tra Stati Uniti, numerosi Paesi europei e quasi due terzi della Lega araba e tutti i militanti mediorientali non è riuscita a vincere. Non c’è modo per cui l’Arabia Saudita possa aiutare la Russia nella sua politica energetica. Le mistiche “minacce agli interessi gasiferi della Russia” possono significare solo minacce al progetto del gasdotto iraniano, che dovrebbe attraversare i territori iracheno e siriano. L’Arabia Saudita non ha alcun controllo sui territori in cui verrà costruito. La quantità stimata di gas trasportato sarebbe pari solo al 5% delle esportazioni russe; inoltre, il gasdotto iraniano deve semplicemente sostituire i progetti del Qatar, che sembrano ormai persi per sempre. La situazione indica piuttosto il contrario, la presenza della Russia in Siria dà maggiore opportunità d’influenzare la politica gasifera dell’Iran, nel quadro di un migliore futuro per il gasdotto che sarà costruito dalla Transgaz russa.

Infine, l’Arabia Saudita non è un giocatore gasifero. Russia, Iran e Qatar detengono il 60% delle esportazioni di gas mondiali, l’Arabia Saudita non è in grado di competervi. Così i presunti suggerimenti del principe Bandar bin Sultan, secondo le fonti israeliane, sembrano molto discutibili.

In secondo luogo, l’Arabia Saudita, come Israele, non può accettare serenamente il miglioramento delle relazioni Iran-USA. Il principe Bandar bin Sultan, che ha eccellenti legami con gli USA ed è allo stesso tempo il capo dei servizi segreti sauditi, è meglio informato sui dettagli dei prossimi colloqui. La Siria è già un affare fatto, ora. I nemici di Assad hanno finalmente riconosciuto il suo diritto a vivere e governare, e ora tutti si preoccupano di ciò che accadrà dopo, e il promesso miglioramento delle relazioni bilaterali tra l’Iran e gli Stati Uniti non piace alle monarchie arabe. Ma la storia del suo suggerimento su Sochi sembra abbastanza credibile.

Dopo tutto, ognuno sa fino a che punto l’Arabia Saudita sostenesse la “Fratellanza Musulmana” e altri movimenti islamisti nel mondo. Il suo ruolo nel movimento separatista ceceno negli ‘90 non è stato dimenticato. Così Bandar ha ricattato la Russia, il che implica che Riyadh controlla coloro che organizzerebbero gli attacchi terroristici a Sochi, ordinandogli di non farlo. Il 3 dicembre 2013 Bandar è tornato ancora una volta a Mosca.

E di nuovo ha fatto “dolci offerte” alla Russia citando Sochi. E qui siamo a meno di un mese dalle esplosioni a Volgograd. Gli esperti sono ben consapevoli del fatto che i kamikaze non si fanno esplodere per eccesso di emozioni o fanatismo religioso, ma che tali attacchi sono sempre il risultato di operazioni ben pianificate. Non c’è il minimo dubbio che gruppi e bande di terroristi operanti in Russia lavorino per i servizi segreti occidentali e siano finanziati dai sauditi e dal Qatar. “Questo è solo l’inizio di un’azione su larga scala” ha detto Evgenij Lobachjov, generale del Servizio di sicurezza federale della Russia. L’esperto indica due scopi: destabilizzare la Russia e sabotare i preparativi per le Olimpiadi di Sochi.

“Guardate, certi leader occidentali ora chiedono di boicottare Sochi. Sono felici di dire pubblicamente se andare o no a Sochi. Tali attacchi vengono comprati con denaro estero, molto probabilmente saudita, come le due guerre cecene dimostrano. E’ l’influenza straniera, il controllo estero, il sostegno straniero”, ha detto Evgenij Lobachjov.

“Vi sono tutte le ragioni per sospettare che ciò sia solo l’inizio di un’operazione su larga scala per destabilizzare la Russia. Abbiamo molti nemici che cercano di minare la nostra credibilità, soprattutto nel periodo che precede le Olimpiadi”- concorda con l’ex maggior generale Said Gafurov, direttore dell’Istituto di Studi orientali e africani. Ritiene che questa sia una vendetta per il sostegno russo alla Siria e il risultato della flaccida diplomazia russa. “La Russia ha fatto una serie di errori in Medio Oriente e nel Golfo Persico, dimostrando generosità e morbidezza verso la barbarie. Non avremmo dovuto perdonare il pestaggio dell’ambasciatore russo Titorenko in Qatar.

I funzionari della sicurezza del Qatar non hanno subito alcuna punizione. Questo era un motivo per la guerra, ma abbiamo sopportato. Siamo rimasti in silenzio anche quando l’Arabia Saudita ha invaso il Bahrain”, ha detto. Secondo Said Gafurov, i monarchi wahabiti “capiscono solo il linguaggio della paura, è inutile negoziare con loro.” Quindi vi sono molte versioni della tragedia di Volgograd. Ma basta con le ipotesi, i fatti devono essere analizzati. Se si scopre la pista estera, chiaramente vi saranno i modi per impedire il terrorismo. Soprattutto quando Sochi è assai vicino in tutti gli aspetti.

Aleksandr Orlov, politologo ed esperto orientalista, in esclusiva per la rivista online New Oriental Outlook.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

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