Italia dei poveri e del vendo oro – Dove e come inizia il debito pubblico – Intervista con Antonio Pantano
Siamo poveri? Eppure L’Italia potrebbe contare su quasi 2.500 tonnellate di oro, la quarta riserva al mondo dopo Usa, Germania e il Fondo monetario internazionale, per un valore stimato intorno ai 102 miliardi di euro. Ma quest’oro sta pian piano scomparendo, non si sa dove non si sa come. Anzi praticamente non esiste più. A parte che non viene conservato in Italia ma è suddiviso fra Inghilterra, USA e Svizzera, nel frattempo sono scese le riserve in oro, diminuite in valore di 5,669 miliardi a 98,123 miliardi al 31 marzo 2012. Si vendono l’oro e senza dire niente ai cittadini!? Dov’è finito quell’oro? Ed a parte l’oro scomparso cerchiamo di capire come mai dal Bilancio in Attivo del 1945 (consegnato agli americani dall’allora Ministro Pellegrini della RSI) si è passati ad un debito pubblico che pesa sulle spalle di ciascun italiano per circa 33.000 euro?
Risponde Antonio Pantano: “La fonte statunitense che inventò quel “titolo di unità di conto, con valore di moneta” rispose, anni fa’ a domanda ed ammise che le AMlire – iniziate a stampare negli USA dal luglio 1942!, un anno prima della invasione della Sicilia! (e ciò spiega molto degli sviluppi politici del 1943 in Italia!) – ammontò a 143 miliardi di lire italiane. Ma queste furono poi anche stampate ufficialmente dalla Banca d’Italia (sotto lo AMGOT – Allied Military Government Occupied Territories – che di fatto e di diritto ebbe sovranità totale in Italia fino al 23 maggio 1948 almeno) fino al 1950, oltre che da Forbes, stampatrice americana, per altri 17 miliardi, integrate da altri stampatori italiani (ne scaturì uno scandalo riguardante la tipografia romana, mentre quella beneventana ne fu “indenne”).
Si può congetturare, verosimilmente, che il totale di quella alluvione monetaria (cartaccia e pessima stampa) fu di 640 (seicentoquaranta) miliardi di lire, mediante i quali le truppe Alleate – determinando voluta abissale inflazione – si fecero pagare dagli occupati tutte le attività belliche. Nel 1952, con apposita legge, le AMlire furono ritirate e soppiantate e lo Stato italiano dovette emettere pubblici in controvalore a debito, raddoppiando il “debito pubblico” (che nacque dalla guerra ) già incrementato dai “prestiti” statunitensi imposti nel dopoguerra al governo Degasperi.
Si consideri che nello Stato italiano del nord – la Repubblica Sociale Italiana – a fine aprile 1945 il ministro delle Finanze Domenico Pellegrini Giampietro lasciò attivo di bilancio di 20,9 miliardi di lire (troncò la paventata emissione di marchi germanici di occupazione). E ciò fu dichiarato e diffuso il 25 agosto 1945 dalla Commissione del Senato USA presieduta dal sen. Winkersham (affermò di aver trovato solo nella repubblica italiana del nord floridezza di depositi bancari come in nessun altro stato europeo!).
Inoltre Pellegrini conservò la “riserva aurea statale” insieme con quella che la Banca d’Italia millantò come sua (anche in azioni giudiziarie), e negli “Accordi di Fasano” del 1944 con la Germania seppe farla valere.
Tale riserva aurea uscì dall’Italia il 5 maggio 1945, asportata dalle truppe Alleate, che la … dispersero in mille rivoli. Solo il 29 giugno 1998 (53 anni dopo la fine della guerra!) il “pool dell’oro” (una cinquantina di Stati) ne consolidò le spettanze italiane, ma ammise che dall’iniziale quantitativo di kg. 119.251 italiano mancarono kg. 24.885, dissoltisi nelle tasche di chi la guerra vinse.
Ciò, attinto anche da documenti ufficiali di BankItalia, ho ampiamente pubblicato negli anni, ed anche documentato nel settembre 2011 in conferenza nel Municipio di Brienza, Lucania, ove nacque Domenico Pellegrini Giampietro (sul quale sto approntando un laborioso studio, di prossima pubblicazione), che rese attivo il bilancio mediante Decreto Ministeriale col quale avocò allo Stato tutte le qualità della banca centrale, incluse riserve … dormienti (ma necessarie, per l’economia nazionale).”
E l’oro che fu italiano, che fine ha fatto?
Risponde Antonio Pantano: “L’oro italiano fu moltiplicato e (miracolo di Loreto!) trasferito – via Svizzera (un “caro Stato”!) – nella London Tower e a Fort Knox con “miracolo islamico tipo twin towers”.
Paolo D’Arpini