Profondo nord (alla fame) – “Il morbo infuria, Il pan ci manca Sul ponte sventola Bandiera bianca!”

Un ringraziamento – In primis al prodi per averci portato nell’Europa dell’Euro, in secundis al Berlusca per aver eliminato il servizio militare di leva (smobilitando così l’esercito popolare), in tertiis al monti-letta al seguito del napoletame per aver definitivamente svenduto l’Italia alle banche.. (P.D’A.)

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La politica non va via come il pane, ai presidi. La gente preferisce chiedere quello secco, che avanza la sera dopo la cena dei manifestanti. Questo è il nuovo Nord. Che non viene prima di altro.

Fa un freddo da Siberia, il giorno e la notte. Il Mercato dell’Ortofrutta a Brescia non è artico ma è un pezzo di Polo Nord, stanco delle vessazioni. Un cartello dice: non siamo forconi ma ci siamo rotti i c…”. C’è un pezzo di Lombardia che distribuisce rabbia e solidarietà. E’ l’altra faccia del paese che i politici non frequentano. L’Ortomercato non è il loro salotto. Non hanno sigle, ma un pezzo di pane per chi la sera passa da lì per vedere se è avanzato qualcosa, quello sì che c’è. Sono “barbari” che spezzano la quiete dell’imperatore.

C’è Andrea Bosco, 33 anni, il responsabile del presidio spontaneo. Fa l’autotrasportatore. Volantina con gli altri le ragioni della fame da freddo e da Stato, regola il rallentamento del traffico.

Prima il “blocco” al casello dell’autostrada, domani (oggi per chi legge, ndr) una capatina a Equitalia.

“Il governo ci affama – dice Andrea -. Più disoccupazione, più fisco, più vessazioni. Un gruppo di potere belle e buono, destra sinistra centro lega…. che fanno politica e ci spacciano tutto e di più per far piacere ai grandi potentati, alla Germania e alla Bce”.

Andrea smista l’attività del presidio. Commercianti, artigiani, studenti, imprenditori, disoccupati, cassaintegrati, esponenti del gruppo lombardo Pro Stamina…

“E si aggiunto a noi anche un manifestante che ieri ha saputo di avere tre mesi di vita. Sta qui, crede sia giusto stare qui per i suoi figli. Ha avuto la notizia mentre stava al presidio”.

Vita e morte, freddo e fame. “Siamo la società sana che lavora o che non lavora più. Stiamo qui a oltranza, il 9 dicembre è stato l’inizio della fine della gestione dello Stato”.

Suona come una minaccia, e la rabbia non perdona: “Dicono che siamo teppisti, siamo solo cittadini affamati. Nessuno ha mosso un dito. Nessuno è venuto a trovarci. Sai cosa ti dico? E’ meglio non vengano neanche qui”.

Attraversa il presidio e chiude cosi: “Il potere in democrazia viene da basso, il basso non conta niente, la democrazia dei partiti quindi è una finta”.

Matteo T. arriva dalla bassa bresciana, ha 30 anni, fa l’impiegato, un lavoro ce l’ha però sta al presidio. Per quelli che il lavoro non ce l’hanno ma anche per quelli come lui perché non sai se il prossimo anno il lavoro sarà per tutti ancora garantito.

“Voglio che il potere torni al popolo”, ci dice. “Penso al futuro, alle mie due figlie. Io a fine mese faccio fatica ad arrivarci, ho un mutuo, le bambine, nessuno che garantisca per noi”.

Emanuele C di anni ne ha 41, è bergamasco. E un po’ di esperienza come muratore e carpentiere in Svizzera. Ma nisba, anche lì lavoro non ce n’è sempre. La stagione non promette bene, “e poi io preferisco lavorare a casa mia, ma il punto è che in Italia non c’è più niente. Ho tre figli, mia moglie ha uno stipendio, e lei è il reddito forte per tutti e cinque, io mi arrabatto. Potremmo star bene, al Nord potremmo stare meglio, ma la storia è un’altra”.

La storia la sa bene Simona M., 43 anni e direttore di un supermercato della grande distribuzione, sul Garda. Lei, al presidio, ci sta perché, ti spiega, oggi i supermercati sono in prima linea. In prima linea di che?, le chiediamo… “Ma è ovvio, cara”. L’ovvio Simona lo racconta così: “Allora, qui si dà conforto a tutti. Ci sono anziani che non hanno assistenza sanitaria, che sopravvivono con pensioni ridicole. Qui al presidio si condivide la sfiga della gente. E’ la gente che vedo passare tutti i giorni in negozio”. E quando le chiediamo come vanno i consumi, la risposta è già pronta come una fucilata: “Comperano pane, latte, uova, farina… Si è impennata la richiesta di lievito di birra. Non si vende più acqua già imbottigliata. La gente fa da sé in casa, la spesa la concentrano tra il 7 e il 12 del mese… Altro che crisi della terza settimana. Non si arriva oltre la metà e neanche la prima settimana, finchè non va su lo stipendio i banca le nostre casse battono scontrini”.

Ma i migliori clienti iniziano ad essere i rom. “Sono i più danarosi, arrivano a spendere a testa 50-100 euro a volta, escono con i carrelli pieni, pagano con bancomat o carte di credito. I nostri over 35 sono molto più morigerati nella spesa. Crescono i clienti che ci chiedono se abbiamo merce, carne soprattutto, vicino alla scadenza, che si paga meno”.

Ma Simona ci spiega che il presidio si trasforma in mensa per i poveri. “Qui arriva un po’ di tutto: ci portano pane, cibo, panettoni… per simpatia e solidarietà, per aiutarci a reggere le ore al presidio, giorno e notte. Ma siamo stati avvicinati anche da persone in difficoltà. C’è un uomo che da giorni si aggrega a noi per i pasti caldi. Una signora ha portato qui un’amica con la figlia disabile, e una bolletta da 32 euro che non riusciva a pagare. Abbiamo fatto la colletta e l’abbiamo pagata alla Lottomatica. Poi, quando si fa sera, passa gente a chiederci se abbiamo avanzato il pane vecchio della giornata. Tu immagina cosa sia diventato quel pane, col freddo e l’umido. Ma è sempre pane…”.

Nessun politico fa capolino. “Renzi o Salvini? Parlano di noi perché protestiamo. Prima non ci consideravano. Eppure eravamo importanti anche prima”. Prima il Nord? La politica non va via, appunto, come il pane.

Stefania Piazzo – L’Indipendenza, Quotidiano on line http://www.lindipendenza.com

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