No alla privatizzazione dei servizi sociali, a partire dalla RAI
Il Ministro Saccomanni si dice “pronto alla privatizzazione della RAI”.
È un gravissimo errore, la RAI non dev’essere privatizzata perché da servizio sociale diventa strumento di lucro a danno della società.
Da fondamentale mezzo di informazione-formazione del cittadino, di formazione etico-politica e di formazione culturale, diventa strumento di manipolazione profittuale.
Certo, già adesso è strumento di manipolazione, perché sta sotto il potere politico-partitico, in balia dei vari governi e commissioni di vigilanza e clientelismi.
Deve diventare un ente autonomo, come autonoma è la magistratura.
E dev’essere radicalmente riformato.
1. Gestito da un consiglio in cui entrino sì un rappresentante del parlamento e del governo; ma soprattutto rappresentanti dei corpi della società civile: della scuola e dell’università, del lavoro e dell’impresa, della chiesa, dello spettacolo e dello sport.
2. Un servizio non commerciale (via la pubblicità e possibilmente anche il canone).
3. Un servizio dignitoso, in cui scompaiano i programmi trash: quelli in cui piovono milioni dall’alto (offensivo per il lavoro, diseducativo nell’idea del guadagno facile), i cosiddetti reality show, l’inutile esibizione del nudo femminile che offende la dignità della donna.
4. Un servizio a canali tematici: un canale per l’informazione e discussione (come e meglio della CNN); uno per la cultura, uno per spettacolo e sport:
Sempre permanendo il principio della formazione etica, politica, culturale del cittadino; principio che deve campeggiare nello statuto.
Non creda il governo di trovare una facile fonte di denaro vendendo-svendendo i servizi sociali.
Essi sono una fondamentale conquista della democrazia moderna, e come servizi al cittadino non devono assoggettarsi al profitto.
Abbiamo visto quale fine hanno fatto alcuni fondamentali servizi privatizzati. Le poste, molto peggiorate nel loro compito essenziale della corrispondenza, perché al profitto interessa la banca.
Telecom, dispersa tra vari azionisti che poi la svendono.
I servizi sociali devono restare saldamente in mano allo stato, cioè alla comunità nazionale.
Certo sottratti al potere politico-partitico, al clientelismo, alla burocratizzazione. Facenti capo ad una autorità collegiale dei servizi che li controlli e li difenda.
Arrigo Colombo,
Centro interdipartimentale di ricerca sull’utopia, Università del Salento-Lecce, Via Monte S.Michele 49, 73100 Lecce, tel/fax 0832-314160
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