Benedizione vegetariana per la pace ed il benessere nel mondo…

Il patto Briand-Kellog firmato a Parigi nell’agosto del 1928, conosciuto anche come patto di Parigi, prende il nome dei due principali artefici: Aristide Briand (1862-1932) statista francese e Frank Kellog (1856-1937) segretario di stato statunitense. Il patto, inizialmente ratificato in 15 Stati, contava 63 firmatari, tra i quali Stati Uniti d’America, Regno Unito, Germania, Francia, Italia, Giappone, Polonia, Cecoslovacchia, Irlanda…Nell’art. 1 del Patto viene sancito: I contraenti dichiarano solennemente, in nome dei loro rispettivi popoli, di condannare il ricorso alla guerra per la risoluzione delle divergenze internazionali e di rinunciare ad usarne come strumento di politica nazionali nelle loro relazioni reciproche…La risoluzione di tutte le divergenze o conflitti di qualunque natura o di qualunque origine, non dovrà mai essere cercato se non con mezzi pacifici.

Grandi personaggi di altissimo livello morale, intellettuale e spirituale si sono da sempre opposti alla guerra; tra quelli della storia più recente Maria Montessori, Bertrand Russell, Albert Einstein ecc. L’olandese Bart de Ligt fu in Europa l’esponente più rappresentativo della resistenza non violenta contro le dittature e le guerre, mentre il francese Romain Rolland fu il massimo testimone della coscienza pacifista mondiale. Ma padre della non violenza, al quale si ispirò lo stesso Gandhi, fu il grande scrittore vegetariano russo Lev Tolstoj.
Albert Einstein e Roamin Roland tuttavia consideravano giustificabile una difesa armata contro il razzismo. E anche Gandhi giustificava la violenza in caso non vi fosse alternativa a fermare il crimine.

Tra il VII e il VI secolo avanti Cristo si verifica la prima grande ondata di civilizzazione con i primi grandi maestri di saggezza e spiritualità: Buddha, Zoroastro, Confucio, Lao Tse, i Profeti ebraici, i Filosofi greci. Questa corrente storica di luce, di saggezza e di cultura, attraversò i secoli per riemergere nel cristianesimo primitivo e nei movimenti ereticali del medioevo, nell’umanesimo pacifista del XV secolo e nei movimenti antimilitaristi dell’800 e del 900.

Può esistere nulla di più abissale, di più folle, di più irrazionale, di più diabolico che programmare l’annientamento in massa della vita? Dopo diversi millenni di storia e civiltà umana, costatare che l’essere umano sia ancora in grado ancora di concepire l’idea della distruzione del suo simile, è profondamente avvilente e dimostra che la storia, gli errori e gli orrori del passato insegnano poco o nulla al genere umano.

Non è bastato uccidersi corpo a corpo per millenni: il mostro sanguinario della guerra oggi reclama vittime mediante armi di distruzione di massa. E non esiste crimine più imperdonabile che essere complice di simili piani distruttivi.

E tempo di opporsi, condannare e proibire non solo l’uso e la produzione delle armi ma la fornitura di munizioni e di tutte le materie prime necessarie all’industria bellica. E’ tempo di convertire l’industria bellica in industria di pace e in lavoro sociale. E sia proscritto chiunque costruisce un’arma. E’ tempo di promuovere una mobilitazione generale e permanente non solo contro la guerra ma contro tutte le cause morali, sociali, politiche ed economiche che la determinano.

Non bisogna aspettare quando ormai è troppo tardi per opporsi alla guerra. E’ necessario fare opera di persuasione in anticipo, addestrare anzitempo le popolazioni alle pratiche della non collaborazione, alla disobbedienza civile se è necessario, al boicottaggio di ogni preparativo alla guerra.

Sta al popolo impedire ai politici e ai dirigenti di prevaricare, di scendere a compromessi, ricorrendo, se necessario, alla disobbedienza civile. Per rovesciare il giogo dei poteri finanziari, la “guerra contro la guerra” deve essere condotta su tutti i fronti e su tutti i livelli: morale, culturale, spirituale economico, scientifico, artistico, sociale.

La guerra non va umanizzata, ma abolita, dalla storia, dalla mente, dalla coscienza degli individui. L’attuale politica di continuo riarmo degli arsenali bellici non fornisce alcuna speranza di protezione e di salvezza dei popoli: una guerra in futuro combattuta con le micidiali armi prodotte dalla tecnologia moderna produrrà sterminio e distruzione totale.

Le dichiarazioni di pace dei governi restano infruttuose finché non si manifesta la ferrea volontà di condannare, senza attenuanti, la guerra e la corsa agli armamenti militari; finché i governi non si impegneranno ad adottare tutte le misure utili ad assicurare la realizzazione del disarmo mondiale.

Le forze armate non danno sicurezza: sono una fonte di istigazione alla violenza. Allo stesso modo di un condomino il cui vicino di casa è munito di armi si preoccupa di armare se stesso: se esiste un’arma la tentazione di usarla è grande. Senza dimenticare che queste forze di difesa vivono a spese della comunità che lavora. La violenza dei dittatori può essere neutralizzata o da una violenza più grande o dal dialogo o da una totale azione nonviolenta.

Non c’è nulla che possa impedire la guerra se non i popoli stessi che la combattono. Le guerre ci saranno finché ci sarà qualcuno disposto ad uccidere. Occorre liberare il mondo della vergognosa realtà degli eserciti e del servizio militare. Ma rifiutare semplicemente il servizio militare non basta. Il servizio militare, come le industrie belliche sono un sintomo di un male molto più profondo e diffuso. Chiunque sostiene, giustifica, approva l’esistenza di uno Stato militarmente organizzato ne è complice.

L’ideale dell’amore universale non si improvvisa, non è sufficiente invocarla: richiede una lunga formazione civile, morale e spirituale di ogni individuo, di ogni popolo. Questa missione è la più grande mai apparsa sulla terra, ma anche la più lunga e difficile. Ma se si considera che da 10 mila anni l’essere umano fa la guerra al suo simile, una o due generazioni sono un tempo ragionevole per cambiare definitivamente il cuore, la mente del genere umano.

Oggi tutti i nazionalismi sono antiquati, non solo sotto l’aspetto storico ma anche morale.
L’umanità è più importante della propria nazione, e la propria nazione più importante della propria salvezza. La legge universale governa tutte le cose. Non c’è una legge per la formica ed una per l’elefante.

L’errore più grande è perdere la visione dell’insieme credendo che la vostra visione sia la più importante. Chiunque dice io sono bianco o nero, socialista o democratico, cristiano o induista è in errore. Solo chi dice universalismo è nel vero e ha una visione unificante della vita.

Tutta la tecnologia e delle scienze moderne sono incentrate a creare armi per un suicidio collettivo. Ma la guerra è un pericolo fatale per tutti: vincitori e vinti. Tutte le guerre sono oramai guerre civili a tutti gli effetti a causa dell’interdipendenza economica ed intellettuale di tutte le nazioni.

Il capitalismo sta lentamente strozzando l’umanità portandola verso una dittatura universale. Solo una forza compatta, universale, sovranazionale può avere il potere di invertire la rotta. Il capitalismo è incompatibile con la pace, quando è basato sull’ingiustizia, sulla forza, sulla violenza.

La scienza della pace deve elaborare sistemi di dialogo in grado di arrivare in ogni caso alla pace. Come da sempre c’è stata l’arte della guerra, così oggi deve essere elaborata l’arte della pace. E come tale mentalità è riuscita a trascinare popoli in guerra tra loro, oggi la scienza della pace deve essere in grado di produrre gli strumenti necessari a produrre la pace.

Oggi la guerra (sempre più disumana, più stupida e crudele, chimica, batteriologica) sfugge ormai ad ogni controllo e sta scatenando forze che l’uomo non è più in grado di controllare. Le masse vengono indotte al disprezzo dell’altro, alla menzogna verso l’avversario considerato barbaro, incivile, brutale, pericoloso; spesso tratte in inganno da falsi miti, da falsa morale, da falsa religione, da falsi codici d’onore. Ma in un’altra maleauguratissima sventurata guerra non ci sarebbero né vincitori né vinti perché entrambi sarebbero vittime dello stesso annientamento collettivo.

Purtroppo fino a tempi recenti il clero, al servizio delle classi dominanti, ha elaborato una mitologia religiosa guerriera, in cui l’altro è il male da abbattere per il trionfo del bene, cioè noi. Ma
oggi noi vogliamo riprendere i codici morali degli stoici e dei cinici, i primi che ebbero l’idea cosmopolita dell’uomo che sa anche sacrificare la propria visione delle cose per il bene collettivo.

Ogni branca dell’arte e delle scienze deve essere mobilitata per produrre un sistema educativo capace di forgiare l’animo umano alla concordia e alla cooperazione fraterna. Insegnando ad apprezzare le altre culture, le altre razze, in un senso di responsabilità verso tutto e tutti, superando la visione della supremazia della propria nazione, esaltando le qualità delle differenti culture, riconoscendo il valore relativo del proprio paese e la complementarietà di tutte le tradizioni di civiltà e di pensiero.

Che lo spirito dell’armonia e della concordia universale pervada tutti e fecondi il nostro spirito sino a produrre la vera e fraterna dimensione umana per troppo tempo negata ai popoli della terra.

Franco Libero Manco

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Commento ricevuto:

“Dichiari che da 10.000 anni gli uomini fanno sempre le guerre…
Non è così. Ti segnalo l’uscita dei due volumi del capolavoro dell’archeologa lituana Marija Gimbutas “La Civiltà della Dea” (Ed. Stampa Alternativa- tradotto in Italia solo ora ma già esistente dal 1991) dove viene dimostrato che nell’Antica Europa Neolitica è esistita per 6000 anni (!) una vera e propria civiltà matristica, pacifica, egualitaria e amante della natura.
Le guerre sono arrivate con l’arrivo degli invasori, guerrieri a cavallo e nomadi patriarcali indoeuropei dal 4.000 a C. che appunto adoravano il Dio patriarcale (lo stesso di ora…)
Questo discorso è ovviamente una grande semplificazione però se ti procuri i due bellissimi libri te ne potrai rendere ben conto.
Un saluto, Stefano Panzarasa”

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