La maledizione dell’aborigeno… e l’osso ti rimane in gola….

Esiste una circolarità nei sistemi neurovegetativi umani, per cui se è vero che ognuno di essi presiede a certe funzioni, è pur vero che essi dialogano strettamente tra loro e lo fanno anche senza passare per i tessuti cerebrali, come vedremo più avanti.

E’ come se il nostro stomaco contratto davanti al capufficio, abituato a stare in tensione, si tendesse spontaneamente, da sé, non appena è in presenza di un’autorità percepita come ostile.

Lo stesso concetto di psicosomatica ne risulta in effetti, superato: non è la mente a scatenare il disturbo e non è neanche il corpo ad ammalarsi da sè: è il complesso delle interazioni neurofisiologiche tra i due elementi, il mentale ed il fisico, a scatenare la malattia.

Che lo stress emotivo possa produrre perfino degli affetti mortali veniva dimostrato sempre in quegli anni da autorevoli fisiologi come Walter Cannon che nel ‘57 studiò come, nelle popolazioni aborigene dell’Australia, lo stregone, con il semplice puntamento di un osso (ovviamente sacro) potesse decretare la morte per le persone e come questa morte avvenisse in modo apparentemente inspiegabile dalla medicina scientifica: un costante e rapido deperimento organico, in assenza di cause apparenti.

Il fatto è che il puntare l’osso, con relativo anatema, colpiva il radicato sistema di convinzioni dell’indigeno (colpevole di una qualche mancanza socio-religiosa), la sua gestalt, la forma della sua appartenenza al gruppo socio-religioso.

Egli moriva a causa dello stress emotivo di credersi sotto maleficio, che attivava potentemente il sistema simpatico, fino a consumarlo letteralmente.

La controprova fu effettuata sempre presso la medesima tribù, i Kanaka, quando, dopo che lo stregone aveva condannato, con il medesimo sistema, un’altro aborigeno, un medico presente presso la tribù, minacciò duramente lo sciamano di sospendere tutti gli aiuti umanitari alla sua gente.

Lo stregone, cedendo alla pagnotta, si recò dal condannato (già moribondo) e lo convinse che non era affatto vero che gli avesse puntato l’osso contro e che si era trattato tutto di un malinteso. L’aborigeno, di lì a poco si ristabilì completamente.

Cannon concludeva sostenendo che la morte decretata fosse possibile per la profonda ignoranza ed insicurezza delle polazioni che credevano in un mondo popolato di fantasmi.

Eppure, anche nella nostra società ci sono morti improvvise e rapide dovute a stress psicologico, ad esempio da spavento.

Sembra attivarsi uno”schema di emergenza biologica”: quando l’individuo non si sente più capace di affrontrare la situazione o ha perduto la speranza nella possibilità di mutamento positivo, semplicemente, muore. Tale disperazione è tanto più grande, quanto più la persona sembra aver smarrito la sua gestalt, o quando ritiene che qualcun altro glie l’abbia legittimamente o illegittimamente sottratta.

(Fonte: Accademia della Libertà)

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