Mario Consoli: “In difesa di Gianantonio Valli e della libertà di pensiero…”
Scrive Mario Consoli:
Repubblica ha fatto uno scoop! Un raro esempio di intolleranza politica e di discriminazione culturale….
(riferito all’articolo: http://milano.repubblica.it/cronaca/2013/07/14/news/varese_lo_studio_del_medico_neonazista_col_busto_di_hitler_e_i_volumi_antisemiti-62880567/)
Attraverso la penna del suo inviato Paolo Berizzi ha pubblicato un servizio nel quale denuncia il comportamento (evidentemente, per l’articolista, scandaloso) di un cittadino che pretende di svolgere la sua attività professionale di medico pur avendo (senza nasconderli) convincimenti e idee politicamente “non corretti” e, soprattutto, non condivisi dall’intellighentia illuminata della quale Repubblica è l’autorevole portavoce.
Come può, infatti, chi ha fatto il giuramento di Ippocrate essere contro l’invasione immigratoria, o schierarsi contro l’oligarchia finanziaria che sta condizionando l’intero mondo e affamando i popoli? Come può curare delle malattie chi si occupa di ricerche storiche e lo fa in libertà, senza preoccuparsi di allinearsi alla storiografia ufficiale?
Ecco, lo scoop è tutto qui. Perché sul conto del dottor Gianantonio Valli non c’è altro: professa, oltre alla sua attività di medico, idee non condivise dall’inviato Berizzi e da Repubblica, il giornale degli unti del Signore, dei padroni della Verità.
È come se io scrivessi un pezzo sul dottor Piero Rossi, medico di base a Forlimpopoli, comunista convinto, nostalgico dei Soviet, nella cui sala d’attesa si possono trovare copie dell’Unità, del Manifesto e, qualche volta, persino di Repubblica; inoltre, nel suo studio personale, a casa sua, conserva – incredibile ma vero – addirittura un busto di Lenin.
Il dottor Rossi è evidentemente un personaggio di fantasia, innanzitutto perché è un nome che mi sono inventato, poi perché, dopo aver letto l’articolo di Berizzi, appare evidente come un medico non possa avere delle idee o manifestare delle opinioni: deve fare il medico e basta.
Ma anche se il dottor Rossi fosse realmente un medico di Forlimpopoli e manifestasse convinzioni comuniste, io questo pezzo non lo avrei mai potuto scrivere. Semplicemente perché, a differenza dell’inviato di Repubblica, io sono portatore di un valore di libertà, di tolleranza e rispetto umano che me lo avrebbe impedito.
Il dottor Valli è un cattivo medico? Il Berizzi ha indagato e scoperto notizie eclatanti sulla sua attività professionale? A me risulta che quel medico di base che opera in Valcuvia da 36 anni sia tra i più stimati professionisti della provincia di Varese e che, per curare, non chiede nessuna tessera e non discrimina i propri pazienti in base al colore della pelle. Un professionista che il giuramento di Ippocrate l’ha preso proprio sul serio.
Recentemente vi è stata una tristissima occasione – l’improvvisa morte della moglie – nella quale si è manifestata la grande stima e il profondo affetto della popolazione della Valcuvia per quel medico di Cuveglio. Un’incredibile fiumana umana ha seguito il funerale e solo in parte è riuscita ad entrare nella pur grande chiesa parrocchiale.
Allora il Valli è un becero attivista del fanatismo nero, un violento, un pericoloso energumeno neo-nazi tutto muscoli e poco cervello, come Repubblica è solita descrivere i giovani skin?
Valli lo conosco molto bene, da diversi decenni, e ho avuto modo di apprezzarne la signorilità del comportamento, in ogni tipo di occasione, l’equilibrio dei modi e la gentilezza nei rapporti umani. Ho avuto modo di frequentare la sua casa e il suo “famigerato” studio-biblioteca. Una preziosa raccolta di libri (oltre trantamila) tra le più ampie e pluraliste di tutta la provincia di Varese. E ho anche letto i suoi numerosi libri (decine di migliaia di pagine) frutto di una vastissima e poliedrica cultura: è molto raro incontrarne una simile.
Dunque un medico e un uomo di studi degno del massimo rispetto.
Ma, se pur il livello professionale e culturale del Valli fosse molto minore, non cambierebbe nulla. L’inviato Berizzi si è dimenticato dell’art. 3 della Costituzione? “Tutti i cittadini hanno pari dignità… senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche”. O, forse, la copia della Carta in suo possesso, per colpa di un refuso, riporta “Tutti i cittadini che professano le idee di Repubblica hanno pari dignità”?
Evidentemente, per il Berizzi, per fare il medico bisognerebbe essere in possesso, oltre alla laurea, di una patente di antifascista convinto; per fare l’ingegnere dovrebbe essere necessaria la tessera del PD, per fare l’insegnante sarebbe opportuno sostenere un esame di ammissione incentrato sulla ineluttabilità dello ius soli; per intraprendere la strada della magistratura bisognerebbe avere sempre in tasca una copia di Repubblica.
Ma non erano proprio gli antifascisti, quelli che si lamentavano affermando che durante il Ventennio, per fare carriera, occorreva avere la tessera del PNF?
Si è dimenticato, signor Berizzi, l’antico insegnamento di Voltaire? “Disapprovo le vostre idee, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di professarle”.
Dov’è dunque lo scoop di Repubblica? Solo un fraseggiare, senza notizie; un insinuare, senza fatti; un deridere e accusare in un minestrone infarcito di inesattezze e falsità, nel quale professione, idee, opinioni e comportamenti sono spezzettati e mischiati ottenendo una brodaglia inconcludente.
Ma, a ben guardare, il servizio di Repubblica sul dottor Gianantonio Valli di Cuveglio non è un fumo senza arrosto.
L’arrosto c’è, eccome. Si tratta di un esemplare caso di intolleranza politica e di una gratuita fattispecie di gogna mediatica utilzzata come strumento di aggressione contro un avversario culturale.
Si deride il medico, per condannare le sue idee. Si lede la credibilità dell’individuo per sminuire la portata del lavoro di ricerca da lui condotto.
È un vecchio trucco; il signor Berizzi non ha certo scoperto l’acqua calda. Ha adoperato solo uno dei più ripugnanti strumenti di aggressione personale solitamente utilizzato da chi non se la sente di polemizzare sulle idee, sui contenuti, sulle argomentazioni.
È la solita scorciatoia della gogna personale aggravata – molto aggravata – dalla pubblica proscrizione. Lei, signor Berizzi, si è premurato, con spudorata solerzia, di corredare il suo articolo con l’indirizzo completo del dottor Valli.
Cos’è, una malcelata istigazione a personali, fisiche aggressioni da parte di quei “trinariciuti” che nel vostro ambiente non sono mai mancati? Certo, potrebbero verificarsi azioni violente e incresciose, ma sarebbero, per la pace della sua coscienza, sicuramente frutto di una sana militanza antifascista, “democraticamente corretta”.
Si vergogni, signor Berizzi, si vergogni!
Mario Consoli
(Fonte: Rinascita)