Lorenzo Merlo: “La storia è l’unica verità?” – Considerazioni e memoria dopo l’Incontro Collettivo Ecologista 2013
Nel trasmettere questo documento agli indirizzi raccolti durante il cerchio con il bastone della parola di Vignola (Incontro collettivo ecologista del 22 e 23 giugno 2013) , vorrei ringraziare individualmente ognuno dei presenti all’incontro e l’ambiente che ci ha accolti. Il mio personale sentimento però non è di gioia. Forse avevo pretese nei confronti di me stesso che ritengo di non aver realizzato. Forse non sono riuscito a raccogliere prospettive utili per ridurre la potenza di quelle attuali convinzioni che sostanzialmente lavorano per provocare costanti argomenti a sostegno della non trasmissibilità dell’esperienza, quindi della ridonandaza della storia.
Perciò dell’impossibilità del cambio di paradigma su scala culturale. In altre parole, pare che la conflittualità rimanga elemento fondante di ogni futuro naturale.
Qui di seguito il testo che avrebbe dovuto essere l’intervento preparato per Vignola ‘13.
“Ringrazio Paolo d’Arpini, Il Comune di Vignola per l’incontro di oggi e per la possibilità di intervenire.
Propongo una riflessione dedicata al cambio di Paradigma.
Per Paradigma intendo i criteri con i quali si selezionano le prospettive, perciò i valori che vorremmo vedere
realizzati.
Finora abbiamo dato la prerogativa all’avere, ora pare si diffonda l’esigenza per eleggere l’essere a centro
della cultura.
Do per consolidato che siamo tendenzialmente tutti orientati a condividere questo anelito.
E qui c’è il punto.
Con che modalità possiamo realizzarlo?
Per realizzarlo non intendo, personalmente, o in piccoli gruppi o comunità.
Intendo socialmente. Mondialmente. Per quanto sia condivisibile intanto iniziare da sé, la questione resta
immanente.
La fase democratica è stato un cambio di paradigma rispetto agli assolutismi.
Le sue intenzioni non potevano che essere condivise dai molti che possedevano poco o niente.
Il tempo e la natura degli uomini, ovvero la storia, ci hanno dimostrato che quelle intenzioni sono, in sostanza,
rimaste tali o abbandonate.
Dico tutto ciò per portare attenzione e dignità ad un aspetto che non di rado tralasciamo, sminuiamo o vorremmo
superare. La Storia.
Così, nell’addentrarmi nelle riflessioni sul cambio di paradigma ho trovato necessario dedicare attenzione
alla storia.
Chiedendosi come mai i presenti non riescano a fare ricchezza dell’esperienza passata sono sorte due ipotesi
che sembrano reggere questa primaria domanda.
Si tratta della limitata quantità di sentimenti umani, la cui combinazione porta – per limitarci ai suoi estremi -
a congiungersi o a separarsi. L’altra ipotesi che suggerisce delucidazioni interessanti, consiste nell’intrasmissibilità dell’esperienza.
Queste due prospettive – i sentimenti disponibili e la non trasmissibilità dell’esperienza – coniugate con quella
della circolarità del tempo, cioè dell’impermanenza delle cose, tendono a fornire qualche motivazione a
supporto dello stato delle cose, della cultura, della giustizia, sanità, educazione, economia, razzismo, eccetera.
È l’idea del tempo lineare che supporta quella del costante progresso.
Perciò, così come già detto da altri, il meglio di noi stessi è proprio ciò che abbiamo sotto i sensi, è nella
storia, individuale, sociale o internazionale che sia.
Ma non basta.
Riportando al centro il cambio di paradigma, tutti sappiamo che solo l’assunzione di responsabilità può condurre
verso il cambio stesso. Sorge però qui un’ulteriore piano d’indagine, il quale ha un cancello d’ingresso:
“Saremo tutti d’accordo?” Qualunque sia l’oggetto del nostro interesse possiamo davvero sospettare di
trovarci tutti d’accordo? Personalmente tendo a credere di no. Accredito perciò le forze della ricorsività della
storia come superiori a qualunque intenzione razionale. Forse c’è da chiedersi se la natura non viva anche
sul conflitto. Una domanda che richiama facilmente un altro grande piano, quello del diritti umani perciò
della democrazia come valore assoluto.
Come già Max Stirner, intellettuale anarchico, aveva avuto modo di osservare, “l’interesse individuale è
superiore a qualunque ideologia, fede, o intenzione comune” e soprattutto, c’è da aggiungere, è oscillante. Si
potrebbe concludere che la coerenza è disumana o che è funzionale solo ai propri interessi.
Dunque le forze centrifugate dalla storia, magnetiche o stocastiche che siano, sublimate dalla verità che
l’esperienza non è trasmissibile e fissate dall’esiguo numero di sentimenti disponibili all’uomo, sembrano
spunti sufficienti per chiedersi come operare per il cambio.
Con queste premesse, resta aperta la possibilità del cambio attraverso i canonici sistemi, il cui culmine è la
sopraffazione. Con la forza, l’economia, o la cultura, il canone è lo stesso. Resta forse aperto un pertugio
alternativo. Quello della legittimazione della storia, fortemente contiguo all’assunzione di responsabilità. In
pratica si tratta di applicare a ciò che vorremmo fuggire, cambiare, aggiornare, quei modi già ampiamente
impiegati in contesto didattico e terapeutico: l’ascolto. L’ascolto è legittimazione dell’altro. È vivere la pari
dignità con l’interlocutore. È l’accettazione. La riduzione della prevaricazione del giudizio. Altrimenti detto,
amore.
Fare nostro lo stato di cose che vorremmo diverso tende a permetterci di trovare come coniugare le nostre
forze ad altre. Permette – almeno teoricamente – una virata della motonave della storia -. Con un ulteriore
amara Spada di Damocle: possiamo amare permanentemente?
Così, come possiamo accreditare la storia per progettare il futuro, ugualmente possiamo fare, per aggiornare
la concezione della verità.
Leggo ancora due pagine, si intitolano “È la storia l’unica verità?”:
http://riciclaggiodellamemoria.blogspot.it/2013/06/lorenzo-merlo-questo-intervento-non-ha.html
Lorenzo Merlo
Milano, 24.06.13