Un punto di vista “radicale” – Bepi Lamedica “vede” la formazione del governo letta e compagni (e camerati)

Cari amici e cari compagni,

non ho commentato subito la soluzione della crisi di governo con l’investitura del governo Letta, una soluzione prospettata dal Presidente della Repubblica e sostenuta, obtorto collo, dal PD e dal PdL.

Ho voluto aspettare qualche settimana per vedere come le cose si sarebbero sviluppate. Purtroppo non mi sembra che molti abbiano capito la situazione.

Il governa Letta è stata l’unica soluzione possibile visto il rifiuto da parte dei grillini e di Vendola a collaborare con altre forze politiche per dare all’Italia un governo.

Non occorreva avere una grande capacità politica per capire che quella era una soluzione obbligata, visti i risultati elettorali. Eppure Bersani, vittima della contrapposizione antiberlusconiani/berlusconiani, si è incaponito corteggiando chi aveva ampiamente dichiarato che non voleva avere nulla a che fare con il PD.

In tal modo il PD si è messo nella condizione di offrire ai grillini l’opportunità di colonizzare una gran parte dei propri elettori e, in tal modo, far crescere il consenso nei confronti di Berlusconi. Si doveva scegliere subito la soluzione “governo PD più PdL” in quanto avrebbe evidenziato l’effetto del successo di Beppe Grillo (invece di mandare il PD e il PdL a casa li avrebbe mandati al governo) ed avrebbe limitato il ruolo di Berlusconi (non ci sarebbe stato il tempo per farlo apparire un politico responsabile disponibile a sostenere addirittura l’avversario politico, per il bene del paese).

Cosa dovrebbe accadere se si vuole avere qualche buon risultato, nonostante tutto?

Il governo di coalizione Letta ha almeno tre spine nel fianco. La crisi del PD che potrebbe sfociare in una scissione, la crisi economica e gli infortuni giudiziari di Berlusconi.

Di fronte a questa precarietà la prima cosa da fare è quella di impedire, in caso di una nuova crisi di governo, di affrontare la consultazione elettorale con il “porcellum” per evitare un risultato analogo a quello del febbraio scorso: una contrapposizione tra incapaci professionali e incapaci improvvisati. Mettere mano alla legge elettorale in quella direzione mitigherebbe il giudizio negativo nei confronti degli incapaci professionali. Naturalmente se quella coalizione riuscisse anche a varare una legge elettorale maggioritaria (almeno a doppio turno) ed una riforma istituzionale (almeno il semipresidenzialismo) il giudizio negativo nei confronti di quella classe politica sarebbe sempre più mitigata.

In secondo luogo il ministero Letta dovrebbe fare buon uso della risorsa Emma Bonino. Il governo ha un ministro degli esteri noto per la sua competenza: e’ l’erede di Ernesto Rossi e Altiero Spinelli. Solo una Europa politica, infatti, sarebbe in grado di affrontare la crisi economica e potrebbe modernizzare il nostro paese unitamente agli altri paesi del continente. Una riduzione delle sovranità nazionali a vantaggio di una maggior democratizzazione dell’Unione Europea potrebbe essere il percorso per passare da una Europa dei banchieri ad una Europa dei cittadini. L’elezione diretta del leader dell’esecutivo europeo renderebbe l’Unione Europea un soggetto politico idoneo ad affrontare anche l’attuale crisi economica e costituirebbe l’esempio di un rimedio all’attuale democrazia acefala della quale anche il nostro paese è vittima.

La terza cosa che dovrebbe affrontare il governo Letta è la cosiddetta questione giustizia. Avere il coraggio di mettere mano allo strumento emergenziale dell’amnistia quale primo passo per rimettere in sesto una delle funzioni fondamentali della convivenza, acquisirebbe il consenso da parte di coloro che hanno la consapevolezza che la paura è lo strumento di potere da parte dei conservatori.

Infine occorre affrontare la questione economica ma occorrono iniziative che rappresentino l’inversione politica rispetto al passato, affinché i cittadini possano dare fiducia alle politiche governative perché riformatrici e non meramente volte a mantenere lo status quo. Di qui gli interventi nei confronti dei costi del regime, superficialmente detti “costi della politica”. Ad esempio l’abrogazione sic et simpliciter del finanziamento pubblico dei partiti anche sotto la forma ipocrita del rimborso alle spese elettorali. Alcuni diranno, ma che c’entra questo con l’affrontare la questione economica? Unire questa misura a quella necessaria della riduzione della pressione fiscale (ad esempio rimodulazione dell’IMU) e a quelle volte a rendere gli istituti bancari strumenti per il rilancio economico significa dichiarare ai cittadini che un nuovo corso politico è possibile. Un nuovo corso che pone al centro i problemi dei cittadini piuttosto che della classe politica.

In tal modo si creerebbero le condizioni ideali per costruire un soggetto politico di liberali e di democratici su di un programma politico riformatore. Le democrazie moderne hanno bisogno di riferimenti a specifiche persone, ossia un partito moderno deve avere un leader, ed oggi di risorse umane alcune ve ne sono, ad esempio, nel campo riformatore, indico Matteo Renzi .

Non so se il governo Letta sarà l’ultimo del regime partitocratico, so che potrebbe traghettare la democrazia partitocratica verso la democrazia liberale. Solo per questo motivo i cittadini riformatori non possono non sostenerlo.

Bepi Lamedica

(Fonte: Condominio Terra)

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