Giano Bifronte – Giulio Andreotti intravisto da Massimo Teodori e Fabrizio Belloni

Dichiarazione di Massimo Teodori

Massimo Teodori da deputato radicale è stato in sede politica il grande accusatore di Andreotti nelle commissioni di inchiesta “Sindona” e “P2”. Il 4 ottobre 1984 la sua mozione per le dimissione di Andreotti da ministro degli esteri a conclusione della commissione Sindona non fu approvata solo grazie all’astensione dei deputati PCI. Il 23 novembre 1984 “Il Giornale” di Indro Montanelli titolava a nove colonne in prima “Le Camere processano Andreotti. Solo Teodori è riuscito a farlo adirare”.

Nessuno come Andreotti ha incarnato il celebre romanzo di R.L. Stevenson sulla scissione della personalità Lo strano caso del dr. Jekyll e Mr Hyde. Per un verso il divo Giulio è stato il più sperimentato uomo di Stato della Repubblica che ha gestito con piglio aperto, sicuro e imperturbabile il potere istituzionale. Per un altro ha mantenuto rapporti e si è servito in maniera spregiudicata dei più ambigui personaggi del sottopotere oscuro, pubblico e privato. Ma, forse, l’on Andreotti-Jekyll non sapeva o non voleva sapere quel che faceva Mr. Andreotti-Hyde. Basta leggere i suoi diari in cui mai compaiono quei personaggi chiacchierati che pure hanno costantemente costellato la sua lunga vita.

Massimo Teodori
3386281918
m.teodori@mclink.it

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Intervento di Fabrizio Belloni:

Quando la televisione ha dato la notizia, questa mattina, ho avuto due polluzioni.
Il fegato ha gridato: uno di meno!
Il cervello è stato come sempre più assennato, ed ha cominciato a paragonare il Giulio con lo spettacolo odierno. La comparazione è tutta a vantaggio di Andreotti.
I media nei prossimi giorni ci scaricheranno tonnellate di commenti, di analisi, di retorica osannante e, qualche volta, denigrante.
Giulio Andreotti se lo merita:in un mondo di mezze calzette, nel bene e nel male si erge almeno come un professionista della politica. Non lo ritengo uno statista (l’ultimo in Italia lo abbiamo –forse- ammazzato tanti anni fa), ma di sicuro uno dei pochi professionisti politici di questo bello e dannato Paese.
Ebbe una ottima scuola: imboscato in Vaticano durante la guerra, insieme a De Gasperi ( Degasperi, meglio) fu allievo di preti e cardinaloni. Hai detto niente! Si dice che mentre l’Alcide parlava con dio, il Giulio preferiva parlare con i parroci ed i vescovi.
Oggi sembra strano, ma nel dopo guerra il Vaticano era fortemente anticomunista. Ed Andreotti incarnò la punta di diamante anti PCI. Poi cambiò e aggregò i comunisti e facilitò il compromesso storico.
Di certo era intelligente, astuto, furbo, cinico, senza scrupoli.
Sono convinto che considerasse il Popolo formato da menti semplici, bisognose di essere guidate e dirette: l’imprinting vaticano emerge e si manifesta, anche se attenuato dall’ironia ciociara. “Il poter logora soprattutto chi non ce lo ha”, oppure, romanizzando il lombardo “a pensà mal se fa peccato ma ci s’ azzecca”.
Legato, come tutti, alla mafia (i suoi legami fino agli anni ’80 furono prescritti, non dichiarati inesistenti) fu per 36 anni al governo, di cui sette volte come primo ministro e 21 come ministro, un po’ di tutto. Proprio per le sue frequentazioni siciliane non poté diventare presidente della Repubblica. In compenso elessero Sclfàro. Dio ne scampi!
Il giornalista Pecorelli, assassinato, lo definì “Divo Giulio”. Azzeccata locuzione.
Era avvedutamente filo arabo e stabilì con Craxi un accordo: sopra un certo parallelo di uno, sotto, dell’altro.
Legato agli SUA ed alla Nato, si inventò le “equidistanze” fra i due blocchi: capacità bizantina italica. Con Moro, il cataplasma, non andava d’accordo. Con Forlani invece sì: e fu CAF (Craxi, Andreotti, Forlani). Profonda prima repubblica. Usava il potere con il cinismo di un console Romano: aveva i suoi “clientes” che lo sommergevano di preferenze. La summa della partitocrazia.
Eppure….
Eppure in un mondo sciatto, grigio, smidollato, asservito come quello che viviamo oggi, la sua intelligenza risalta come una macchia nera su un foglio bianco. Oggi si varia solo la sfumatura di un inutile grigio.
Fu Cossiga che lo nominò senatore a vita, e la dice lunga. Forse pagò coi processi la sua vicinanza alla Libia ed alla Palestina. Chissà chi aveva sul gozzo tale posizione?….
Era anche romanista, e questo, ai miei indistruttibili occhi nerazzurri, non è perdonabile: bloccò il passaggio di un fuoriclasse (Falcao) dalla Roma all’Inter, minacciando il Presidente Nerazzurro di allora, Fraizzoli, di annullargli le forniture di stoffe all’esercito.
Romano fino al midollo, nel bene e nel male, cercò di assomigliare all’Italiano medio, spesso, purtroppo riuscendoci.

Fabrizio Belloni
Cell. 348 31 61 598

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