Un Kali Yuga nero nero e lungo lungo… – Il computo preciso e le caratteristiche generali nell’analisi di Joe Fallisi
La versione ristretta dei quattro Yuga di René Guénon(1) è ad usum Delphini. Le antiche scritture vediche, (pure) in questo maniacalmente precise, affermano univoche che l’ultimo Yuga nero ebbe inizio alla mezzanotte del 18 febbraio (secondo il calendario giuliano), ovvero del 14 gennaio (secondo il calendario gregoriano) del 3102 a. C., il giorno stesso, sostengono molti hindu, della dipartita fisica di Krishna. E si estende(rà) per la durata di 432.000 anni, concludendosi dunque nel 428.899 (oggi, lo ricordo, siamo il 23 aprile del… 2013). Il bello (si fa per dire), a dar ascolto al Brahma-vaivarta Purana, è che all’inizio di questo intervallo temporale sarebbero incastonati 10.000 anni di “età dell’oro”, i primi dell’”alba” del Kali Yuga – che dura in totale 36.000 anni -, a loro volta divisi in due periodi di 5.000 anni ciascuno, quello di “Ganga sulla Terra” e quello dei “devoti sulla Terra”(2).
Noi ci troveremmo (poco più che) all’esordio del secondo. Si pensi a cosa potrà succedere ai nostri lontanissimi eredi (cosa si faranno l’un l’altro e come infieriranno sul mondo) – ammesso che a quel tempo esista ancora l’Homo sapiens sapiens – a partire dal 6.900, quando entreremo nel Kali Yuga vero e proprio, nerissimo.
Secondo le ipotesi scientifiche attuali ci vogliono ancora 5 miliardi di anni per la “fine dei tempi” della Terra. Allora il Sole collasserà e i pianeti del suo sistema, compreso il nostro, diverranno freddi sassolini vaganti nello spazio. Siamo quasi a metà strada tra la nascita di Gaia (4 miliardi 550 milioni di anni or sono) e il suo annientamento(3). Quattrocentotrentaduemila anni sono in fondo una bazzecola.
Anche su questo genere di argomenti si sono sviluppate discussioni chimeriche. Ognuno degli interpreti (Guénon è uno dei tanti) propone una sua versione basata sul presupposto che gli scritti originali non dovrebbero essere presi alla lettera.
Sulla questione il più famoso, e anche il più autorevole, dei revisionisti fu Sri Yukteswar, guru di Paramahansa Yogananda. Parlò di un fraintendimento ad opera degli stessi maestri antichi, sicché in realtà le quattro ere si estenderebbero secondo la seguente (enormemente ridotta) durata: Satya Yuga 4800 anni, Treta Yuga 3600 anni, Dwapara Yuga 2400 anni, Kali Yuga 1200 anni. Nella sua visione noi oggi non ci troveremmo affatto all’interno del Kali Yuga (che sarebbe iniziato nel settembre del 499, per poi concludersi nel settembre del 1699), bensì nella fase ascendente del Dwapara Yuga (egli concepisce l’avvicendarsi degli Yuga in modo opposto rispetto alla tradizione: la fine dell’età nera non porterebbe al riavvicendarsi degli Yuga a partire dal Satya – Krita – Yuga, bensì a un ritorno progressivo verso di esso), che si protrarrà fino al settembre del 4099 (inizio, a suo dire, del Treta Yuga)(4). Ma la letteratura sacra indù relativa alle quattro epoche terrestri, ovvero alla divisione di ogni Mahāyuga, è inequivocabile(5):
Totale Mahāyuga: 4.320.000 anni
1) alba: 144.000 –
2) Kṛtayuga: 1.440.000 –
3) crepuscolo:144.000 –
4) alba: 108.000 –
5) Tretāyuga: 1.080.000 –
6) crepuscolo:108.000 –
7) alba: 72.000 –
Dvāparayuga: 720.000 –
9) crepuscolo: 72.000 –
10) alba: 36.000 –
11) Kaliyuga: 360.000 –
12) crepuscolo: 36.000
Se ci si vuole, come sembrerebbe logico, riferire a ciò che ne dicono i Veda, ovvero alla famosa “Tradizione” (quella autoctona degli induisti), lo schema dei quattro Yuga (e gli anni che i sapienti indiani attribuirono ad ognuno di essi) è quel che ho riportato. Né più, né meno. Il Kali Yuga, secondo il loro computo, dura 432.000 anni. Noi ci troviamo appena all’inizio di quest’era di pece.
E’ soprattutto nel 2° capitolo(6) del 12° Canto(7) del S’rîmad Bhâgavatam o Bhâgavata Purâna(8) che la letteratura vedica parla dell’Età Nera relativamente all’argomento in questione(9). Gli anni di Kali, e ancor di più quelli che la tradizione attribuisce agli Yuga precedenti, sono sembrati anche ad alcuni studiosi moderni dell’India inverosimili solo perché viviamo tutti, Occidente e Oriente, dentro un’accelerazione del tempo (che in realtà conferma proprio la visione tradizionale) secondo cui epoche di questa portata, a maggior ragione se relative al futuro della storia umana, appaiono inaccettabili, improponibili. Non così per l’occhio e la mente aperti verso l’infinito dell’indiano dei Veda(10). Allo stesso modo ci risulta estranea la visione ciclica e radicalmente non-progressista di quegli antichi saggi, opposta alla concezione lineare e dal peggio al meglio giudaico-cristiana nella quale, volenti o nolenti, siamo immersi dall’alba al tramonto, dalla culla alla tomba.
Eppure è la medesima dei nostri veri padri, i Greci divini(11): all’età dell’oro (Kṛtayuga), quella di “un’aurea stirpe di uomini mortali” che “come dèi passavan la vita con l’animo sgombro da angosce, lontani, fuori dalle fatiche e dalla miseria” e “tutte le cose belle (…) avevano”(12), succede l’età dell’argento (Tretāyuga), l’età del bronzo (Dvāparayuga), l’età degli eroi e infine l’età del ferro (Kaliyuga). Così in Platone, così in Ovidio.
Una volta aperto l’otre da Pandora, verso l’involuzione, non l’evoluzione corre l’uomo. Che tuttavia, alla fine del ciclo, rinasce come “puer” divino (Virgilio), rinnovato, rigenerato. Torna l’età aurea, donde si potrà solo decadere. La conclusione di ogni Kali Yuga comporta la fine del mondo e l’oblio di tutta la storia(13). Il ritorno della Terra (e dei suoi abitanti) al Paradiso Terrestre esige una mente sgombra da ogni gravame, innocente e pura.
Joe Fallisi
NOTE
(1) Cfr. http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/reneguenon/ciclicosmici.htm.
(2) Cfr. http://veda.harekrsna.cz/encyclopedia/kaliyuga.htm.
(3) Ricordo che la vita media dell’uranio impoverito è di 4.468 milioni 109 anni (cfr. http://www.uranioimpoverito.it/cosa_e.htm), poco meno dell’età stessa del nostro pianeta, le cui prime forme multicellulari hanno fatto la loro comparsa 2,1 miliardi di anni or sono.
(4) Cfr. http://www.minsobooks.com/Downloads/Yuga_Theory_Of_Sri_Yukteswar_in_The_Holy_Science.pdf.
(5) Cfr. http://veda.wikidot.com/vedic-time-system. Consiglio vivamente la lettura di questa pagina, molto interessante anche in relazione all’astronomia-astrologia, e dalla quale si comprende come tanto nell’infinitesimo respiro del giorno, quanto nell’arco smisurato delle ere per gli antichi Maestri indiani il principio da cui ogni pulsazione temporale scaturisce sia sempre il moto degli astri, risieda in cielo. Una stringata, ma pregnante sintesi delle medesime conoscenze e concezioni la si può ritrovare in http://www.hknet.org.nz/cycleOages.html. Cfr. anche, a proposito del Kâla, il tempo eterno, cosmico, http://www.srimadbhagavatam.org/glossary/k.html#K%20a%20l%20a.
(6) “Disperazione e speranza nell’età della disputa”, http://www.srimadbhagavatam.org/canto12/chapter2.html.
(7) “L’età del deterioramento”, http://www.srimadbhagavatam.org/canto12/c12-contents.html.
(8) Importantissimo testo sacro indiano: http://www.srimadbhagavatam.org/.
(9) “I nomi delle ere cosmiche derivano dall’antico gioco dei dadi, portato probabilmente dagli arii in India ed estremamente popolare (tanto che gli è addirittura dedicato un inno profano all’interno del Ṛgveda). Kŗta era ovviamente il colpo migliore, Kali quello sempre perdente.” (http://it.wikipedia.org/wiki/Yuga). Sulle caratteristiche dell’Età Nera v. http://www.hinduism.co.za/kaliyuga.htm. Qui di seguito un efficace riassunto:
“Problemi che sorgono nel Kali Yuga
Durante quest’epoca si assiste ad uno sviluppo nella tecnologia materiale, contrapposto però ad un’enorme regressione spirituale. Kali Yuga è l’unico periodo in cui l’irreligione/ateismo è predominante e più potente della religione; solo un quarto di ognuna delle quattro virtù del Dharma (penitenza, veridicità, compassione e carità) sono presenti negli esseri umani. La nobiltà è determinata unicamente dalla ricchezza di una persona; il povero diviene schiavo del ricco e del potente; parole come “carità” e ‘libertà’ vengono pronunciate spesso dalle persone, ma mai messe in pratica. Non solo si assiste ad una generale corruzione morale, ma le possibilità di ottenere la liberazione dall’ignoranza, il Moksha, si fanno sempre più rare a causa del generico declino spirituale dell’umanità.
Guerre
La guerra ‘civilizzata’ (con precise norme di correttezza e di onore) è stata dimenticata, e gli umani combattono come gli Asura e i Rakshasa. A differenza degli altri Yuga, in cui era normalità cessare i combattimenti dal tramonto all’alba, cremare le vittime e riflettere sulla guerra, i combattimenti dell’età di Kali si protraggono costantemente, spinti soltanto dal desiderio di vittoria. Aumenta inoltre il sadismo.
Nobiltà / rispetto
Nel Kali Yuga, le persone non sono più rispettate per la loro intelligenza, conoscenza o saggezza spirituale. Al contrario, la ricchezza materiale e, ad un livello inferiore, la prestanza fisica sono ciò che rendono una persona ammirevole. Nonostante il rispetto sia superficialmente molto manifestato tra le persone, nessuno rispetta sinceramente gli altri. Ognuno crede che lo scopo ultimo della vita sia quello di ottenere rispetto, quindi diventando ricco o fisicamente forte.
Cambiamenti nelle persone
Nonostante l’età, gli esseri umani diventano inferiori in altezza e più deboli fisicamente, così come mentalmente e spiritualmente. C’è una diffusione di falsi dèi, idoli e maestri. Molte persone mentono, e si dichiarano profeti o esseri divini. Inoltre, ognuno modifica a propria discrezione i significati/concetti di digiuno, meditazione e austerità, così da indurre nelle persone la loro necessità; comunque, facendo questo, essi non seguono il rigoroso codice morale dei Veda, per cui difficilmente guadagneranno qualcosa.
Cambiamenti nelle donne
Le donne in questa epoca diventano lascive ed immorali per natura. Nonostante in un primo momento siano trattate come inferiori ai maschi ed abusate, più avanti nel tempo cominciano a rivestire ruoli importanti in politica ed in altri affari, e questo culmina in sempre maggiori scontri di ego con gli uomini. Le donne cominciano a tradire i propri mariti e ad avere relazioni extra-coniugali. I divorzi incrementano, con sempre più bambini cresciuti da un unico genitore. Molte donne intraprendono l’adulterio e la prostituzione.
Condizioni delle caste
Nella prima fase del Kali Yuga, si crea discriminazione tra le caste, in particolare contro gli shudra; gradualmente, però, la scala sociale, come il sistema della morale, si inverte, e i brahmini e gli kshatriya diventano i più discriminati, finché l’unica casta che rimane è quella degli shudra.
Condizioni dei Brahmana
La maggior parte dei brahmana cessa di ufficiare cerimonie religiose; come tutti gli altri, perdono la loro moralità, si cibano di carne (persino di quella di mucca), e assumono sostanze proibite; perdono rispetto e dignità, e quando i mleccha dovrebbero offrire sacrifici, non li offrono, o invece di offrire frutta, acqua, e altre sostanze pure offrono carne o ricchezze materiali. Solo pochi si isolano dal resto del mondo per seguire Dio, e il loro numero diminuirà a mano a mano che il Kali Yuga si avvia alla conclusione. L’ultima famiglia brahmana esistente vivrà a Shambhala, dove in seguito nascerà Kalki.
Condizioni degli Kshatriya
Gli kshatriya, la casta regale e guerriera, diviene corrotta e perde il suo potere politico; i loro capi diventano furfanti, criminali e terroristi, e cercano di usare il loro residuo potere per sfruttare il popolo: gli stessi re diventano dei ladri, che preferiscono rubare dai loro sudditi piuttosto che proteggerli e difenderli. Dalle classi inferiori emergono nuovi capi, che fondano dittature e perseguitano i religiosi, gli intellettuali e i filosofi.
Condizioni dei Vaishya
I vaishya, che rappresentano la borghesia, composta di mercanti e uomini d’affari, diventano disonesti e inventano nuovi crimini come frodi e contraffazioni; i commercianti diventano egoisti e pensano a soddisfare i propri desideri invece di quelli del consumatore, e quelli che non lo diventano non riescono a sopravvivere e falliscono.
Condizioni degli Shudra
Gli shudra perdono ogni rispetto per le caste superiori, e diventano anzi loro la casta più rispettata nel Kali Yuga. Dopo i primi 10000 anni dello Yuga, diventeranno l’unico varna, o casta; anche se cambia il loro stato sociale non migliorano da un punto di vista spirituale.” (http://it.wikipedia.org/wiki/Kali_Yuga)
(10) “Nell’Induismo (…), un kalpa dura 4,32 miliardi di anni, cioè un ‘giorno di Brahma’ e misura la durata del mondo (…). Il kalpa è a sua volta diviso in altre ere che si susseguono e ripetono ciclicamente a loro volta (…). Un kalpa equivale a mille mahāyuga, l’insieme dei quattro yuga comprese le ‘albe’ e i ‘crepuscoli’ intermedi (sandhi). Ogni kalpa è poi diviso in 14 ‘periodi di Manu’ (manvantara o manuvantara), ognuno dei quali dura 306.720.000 anni. Due kalpa costituiscono un giorno e una notte di Brahma. Un ‘mese di Brahma’” contiene “30 di questi giorni e notti, 259,2 miliardi di anni. Secondo il Mahabharata, 12 mesi di Brahma (da 360 giorni e notti di Brahma) costituiscono un ‘anno di Brahma’ o ‘anno divino’ e 100 anni di Brahma costituiscono un ciclo di vita dell’universo o vita di Brahma, chiamato mahākalpa (’grande kalpa’). Ad oggi sarebbero passati cinquanta anni di Brahma e ci troviamo nel cosiddetto shvetavaraha-kalpa del cinquantunesimo anno di Brahma. Alla fine di ogni giorno di Brahma (kalpa) sovviene una notte di Brahma, della stessa durata del giorno (1 kalpa), durante la quale avviene una parziale distruzione del mondo (pralaya) per opera del fuoco, dell’acqua o del vento. Dopo ogni mahākalpa (100 anni di Brahma), Brahma muore e avviene una distruzione totale dell’universo (mahapralaya), che dura quanto è durata la vita di Brahma: 100 anni di Brahma. Dopo tale periodo, Brahmā rinasce e si ripete nuovamente il ciclo. Nella Bhagavad Gita, il Signore Krishna così spiega ad Arjuna la teoria dell’evoluzione e dell’involuzione durante i cicli cosmici: ‘Quando sanno che la durata completa di un giorno di Brahmā è di mille eoni, e di mille eoni la sua notte, gli uomini conoscono veramente che cos’è un ciclo cosmico. Quando viene il giorno, tutti gli esseri distinti procedono dall’indistinto; quando viene la notte, è in esso altresì che si risolvono, in ciò che è detto l’indistinto. Questa stessa moltitudine di esseri, dopo esser venuta più e più volte all’esistenza, figlio di Pṛthā, si riassorbe suo malgrado, quando viene la notte; essa torna a sorgere quando torna il giorno. Ma al di là di questo non manifestato, esiste un altro non manifestato, eterno che, anche quando tutti gli esseri periscono, non perisce. È detto l’Imperituro, il Non Manifestato; è Lui che si proclama essere il fine supremo. Quando lo si è ottenuto, non si rinasce più. È la mia sede suprema.’ (Bhagavad Gita, Canto VIII, versi 17-21) E ancora: ‘O figlio di Kuntī, alla fine di un eone tutti gli esseri vanno a questa mia natura [cosmica], poi, all’inizio di un eone, io li emano di nuovo. Padroneggiando la mia natura cosmica, io emetto sempre di nuovo tutto questo insieme di esseri, loro malgrado e grazie al potere della mia natura.’ (Bhagavad Gita, Canto IX, versi 7,8)” (http://it.wikipedia.org/wiki/Kalpa). Cfr. http://it.groups.yahoo.com/group/libertari/message/60136.
(11) Cfr. Le Opere e i Giorni di Esiodo, metà dell’VIII sec. a.C.
(12) Ibid., versi 109 e sgg.
(13) Cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Kali_Yuga.