Eco-comunismo ed ecologia profonda… Analisi distaccata su percorsi verso una coscienza naturalistica
Caro Paolo D’Arpini.
Esiste un aforisma dell’arguto Oscar Wilde: più conosco gli uomini, più amo le bestie. Esemplifica molto bene la misantropia che talvolta sta al fondo dell’ecologismo radicale, veganesimo incluso: comprendo molto bene il Tuo accenno, caro Paolo, perché a me è capitato di frequentare vegani intransigenti che parevano spinti molto più dal desiderio di conquistarsi una posizione di superiorità morale, che da reale compassione per gli animali. Ciononostante io, che non sono vegano e sono vegetariano non rigoroso, non concordo su un giudizio così netto riguardante tutti i vegani (un gruppo dei quali incontrerò stasera): ammetto che a qualcuno possa anche sinceramente dispiacere di sottrarre il latte a un vitello, quando noi uomini occidentali abbiamo tante alternative, fin troppe, per nutrirci. Penso poi che ammetterai che sul concetto di naturalezza si possa discutere assai a lungo, scrivere volumoni e alla fine comunque avere idee discordanti. V’è chi, con qualche ragione, fa rilevare ad esempio che non esistono animali adulti che si nutrano di latte e aggiunge che latte e latticini di cui ci cibiamo sono tutt’altro che naturali per via di svariati processi industriali, primo fra tutti l’omogeneizzazione.
La premessa però mi serviva per parlare d’altro. Se tra i convinti ecologisti (magari anche profondi) vi sono alcuni che faticano a prendere a cuore le sorti della convivenza umana mentre si dedicano toto corde alla benemerita tutela animale, ambientale e paesaggistica, ecco che una prospettiva (non un’ideologia!) di armonia sociale e antropologica può non solo non essere in contraddizione con il primo impegno, ma completarlo e arricchirlo. Quanto sopra per spiegarTi che il mio comunismo libertario non mi limita, ma anzi mi sospinge, nel mio cammino ecosofico.
Effettivamente, se tutti gli animali umani si rendessero consapevoli che le loro sorti siano comprese in quelle dell’universo dei viventi e del loro ambiente vitale, per così dire l’ecologia profonda assorbirebbe e oltrepasserebbe hegelianamente (anche se il riferimento non è tra i miei preferiti) qualsiasi forma di giustizia sociale. Il che però avverrà se non alla fine dei tempi (il mio concetto di tempo è ciclico), alla fine di un lungo ciclo. Fino ad allora l’accoglimento dell’Altro dovrà usare anche, non solo ma anche, un linguaggio eminentemente umano. Ecco l’anarco-comunismo per me non è una costruzione ideologica, semmai grammaticale, a beneficio dell’espressione delle migliori potenzialità umane e sociali; senza dimenticare, comunque, che il linguaggio può farsi anche poetico e liberarsi persino delle regole sintattiche.
Sigismondo Zamboni
Caro Sigismondo Zamboni,
Ho letto la posizione da te esposta sull’ “eco.comunismo”. Riconosco che a volte quando si è costretti a definire un percorso necessariamente si debbono usare dei termini “esemplificativi” magari riduttivi. Nel campo dell’ecologia la ricerca aperta è essenziale come pure lo è quella in ogni ambito della scienza e conoscenza umana. Pertanto accetto senza “discernimenti” separativi il tuo discorso di ricerca personale e concordo sulla necessità di considerare come la strada di ognuno verso l’integrazione possa e debba passare attraverso sentieri stretti e scelte -brutta parola, credimi” a volte “ideologiche”.
Per rafforzarsi nell’intento della ricerca anche un “credere” può talvolta risultare necessario, purchè non sia caricato di valori assoluti… come per altro da te stesso evidenziato.
La parola “comunismo” non è in se stessa repellente, anzi evoca qualcosa di positivo.. e sicuramente lo è per come da te esposto… Ma la conseguenza di questa propugnazione è un continuo sforzo nel distinguere fra il significato ormai acquisito di questo termine e le valenze da te implicate… Mi sembra che questo processo porti ad una eccessiva “astrazione” e distacco dal contesto “materiale” di cui si vuole trattare, volendo restare in una semplicità.
Poi, per il fatto alimentare, è giusto lasciare libertà di scelta.. le propensioni verso l’onnivorismo, il vegetarismo od il veganesimo sono anche esse di origine “biologica” e come tali vanno accettate. Nella mia analisi sulla dieta “naturale” mi riferivo essenzialmente alla descrizione dell’anatomia comparata riferita all’uomo che lo pone tra le specie essenzialmente “frugivore” (quindi a bassissimo tasso di consumo di carne o prodotti di origine animale). Nella mia critica ai vegani tenevo essenzialmente in conto la solerzia di alcuni d’essi legata a motivazioni prettamente “morali” e quindi ideologiche. Per un ulteriore chiarimento ti invito a leggere: http://www.circolovegetarianocalcata.it/2012/09/26/vegani-o-vegetariani-il-tema-dellalimentazione-naturale-senza-ipocrisia-e-finzione-etica/
Cari saluti, Paolo D’Arpini