Ecologia profonda ed analisi su signoraggio, giudeofobia e varie ideologie
Caro Paolo D’Arpini, care lettrici e cari lettori del Giornaletto di Saul,
ricorrono spesso in questa gazzetta elettronica articoli e interventi sul signoraggio. L’argomento è di strettissima attualità e, anche se a prima vista possa apparire poco inerente l’ecologia profonda, in realtà rappresenta nella maniera più evidente proprio la visione tecnicista, finanziarista e virtuale del mondo che si colloca all’opposto di quella ecologica, volta a ricostruire un armonico e pacifico rapporto con la natura nostra creatrice.
In una recente conversazione personale, così Caterina Regazzi ottimamente rende il nucleo della questione: “Paolo è uno strenuo sostenitore della teoria che il signoraggio bancario con la mancanza di sovranità monetaria sia all’origine dei nostri problemi finanziari. Da parte mia credo che inizialmente il problema sia sorto per via del signoraggio e che oggi uno stato dovrebbe essere in grado di stamparsi la moneta che gli necessità a fronte di una riserva in “proprietà” in oro od altri beni in possesso dello stato stesso. In caso di necessità di un prestito lo stato dovrebbe poter emettere “buoni” dietro un corrispettivo di un interesse minimo, altrimenti lo stato per forza di cose è destinato ad indebitarsi sempre più, a meno di non tartassare il popolo con tasse e balzelli più o meno ingiusti”. Non solo condivido parola per parola, ma estenderei il discorso: nella società attuale il denaro ha un peso eccessivo negli scambi umani, che dovrebbero ri-assumere altre forme, come il dono, il baratto etc. Le riserve a garanzia del valore simbolico del denaro non dovrebbero essere costituite in oro, a sua volta di natura troppo simbolica, ma da altri beni maggiormente reali.
Ottimo. Però nelle argomentazioni della lotta al signoraggio, qui e altrove, si nascondono spesso motivazioni giudeofobe e neonaziste, le quali, con un facile confronto degli altri scritti dei medesimi autori, appaiono tutt’altro che inconsapevoli. Le elaborazioni di Giacinto Auriti, che non ha mai disdegnato di arringare in raduni dell’estrema destra, servono così, ad esempio, per esaltare la libertà d’espressione di cui godette il suo maestro Ezra Pound nell’Italia fascista! Niente di strano: una dittatura è sempre disponibile a dare generosa ospitalità agli oppositori dei propri nemici internazionali. E comunque, se il trattamento statunitense nei confronti di Ezra Pound fu infame, a differenza di quello italiano, questo non deve costituire motivo di riabilitazione del nazifascismo: come dice Roberto Benigni, anche il mostro di Firenze talvolta avrà salutato qualcuno con gentilezza.
Nella conversazione privata già citata, Caterina, con il pieno accordo di Paolo D’Arpini, mi scrive: “Non parlerei tanto di giudeofobia poi, ma solo, per quel che io leggiucchio e sento, la massima parte degli organismi finanziari internazionali che ci stanno stritolando, pare siano in mano ad ebrei, non ti risulta? e non che in questo ci sarebbe niente di male di per sè, essendo un popolo evidentemente con un’intelligenza speculativa superiore, se non fosse che l’impressione è che non è che da questa gestione se ne ricavi il bene dell’umanità intera”.
Ebbene, certo, questa gestione non solo non ha portato il bene dell’umanità, ma anzi è causa del suo principale male contemporaneo. D’altra parte però mi chiedo se in un’ottica di olismo che voglia abbattere le false distinzioni fra esseri viventi, umani compresi, abbia alcun senso domandarsi quanti siano negli organismi finanziari internazionali gli ebrei e quanti siano gli altri, come chiamarli… non-ebrei, ariani? Ma supponiamo per un attimo che sì, a livello conoscitivo, un senso ci sia in questa discriminazione.
Allora ci accorgiamo che la presenza di origine ebraica è massiccia anche tra scrittori, poeti, artisti, musicisti, registi cinematografici, nonché tra i filosofi e in particolare tra i pensatori della critica radicale all’esistente che tanta parte hanno nel mio cammino culturale: Ivan Illich, Günther Alles, Edgar Morin, Zygmunt Bauman, Jacques Derrida e la lista potrebbe continuare. Non so se questo in virtù di un’intelligenza speculativa superiore, perché non vorrei neppure cadere in un razzismo rovesciato.
Discorso analogo, riguardo il neofascismo mascherato e strisciante, si potrebbe condurre sull’esaltazione dei regimi di Assad e di Gheddafi buonanima (si fa per dire, ovviamente) in funzione antimondialista, che pure trova accoglienza in queste pagine. Combattere il pensiero unico occidentalizzante è cosa buona e giusta; denunciare chi per gli interessi dei soliti ha strumentalizzato conflitti civili, armando una parte contro l’altra, pure è cosa buona e giusta. Esaltare però il socialismo patriottico (cioè nazionale, ovvero nazionalsocialismo?!) di chi ha sparato ad altezza d’uomo su manifestanti pacifici è cosa pessima e ingiustissima. L’amore per la pace impone di annichilire i governi criminali, torturatori e oppressori con ogni mezzo tranne la guerra e l’intervento militare, di cui soffrono sempre le popolazioni molto più dei governanti stessi, ma assolutamente non di legittimare detti governi.
Su mia esplicita domanda, formulata perché stimo grandemente la sua saggezza ed esperienza, Paolo mi invita e invita tutti a superare gli steccati ideologici: “L’ecologia profonda implica la conseguente liberazione dal proprio sistema mentale di ogni ideologia, in quanto l’ideologia è solo una devianza una fissità che impedisce il procedere pulito nel percorso ecologista”; ancora: “Chi si definisce e si sente nell’intimo fascista nazista comunista cattolico giudeo musulmano etc. non può essere un ecologista profondo… e quindi la sua adesione all’ecologia profonda è solo strumentale al perseguimento del suo fine ideologico”.
Voglio solo far notare che, a dispetto dei pervertimenti storici, il comunismo, anche quello del primo Marx, si identifica con la fine delle ideologie nella prospettiva dell’attuazione di un umanesimo che nel suo apice è altresì naturalismo e di un naturalismo che nel suo apice è altresì umanesimo (Manoscritti economico-filosofici del 1844). Pertanto io non mi sento in contraddizione ritenendomi a un tempo ecologista profondo e comunista libertario.
Viceversa il fascismo è fine delle ideologie per il dominio di una sola ideologia: ciò che oggi si è realizzato con metodi morbidi ed edonisticamente gradevoli, col pensiero unico e il potere tecno-economico. Quel che gli anti-mondialisti fascistizzanti propongono, in fin dei conti, è di sostituire l’élite finanziaria con un’élite politico-militare, come nei bei tempi andati (ancora una volta, si fa per dire), che non sono poi così andati ovunque (leggi Cina e Russia). Dunque, opposizione al signoraggio e antifascismo possono e devono procedere di pari passo.
Una precisazione molto importante: che l’antifascismo non sia mai aggressione fisica e marginalizzazione manu militari, ciò che non solo confligge aspramente con le nostre convinzioni non-violente, e questo basterebbe, ma ha pure fatto apparire vittime o addirittura martiri ragazzi di poco cervello ed equilibrio psichico ancora minore.
La strada corretta, a mio parere, è semplicemente smascherare in ogni discorso tutte le tendenze, più o meno consapevolmente, razziste, autoritarie, reazionarie. Quindi, nel nostro ambito, penso sia rilevante che il lettore vagli ogni affermazione, accolta da Paolo nei suoi blog con spirito di apertura e di confronto, per capire se l’adesione all’ecologia profonda dei suoi estensori non sia solo strumentale al perseguimento del loro fine ideologico. Nel qual caso lo spirito critico dovrà essere tenuto ben desto, magari con l’ottimistica speranza che un’adesione strumentale possa tramutarsi col tempo in autentica.
Sigismondo Zamboni
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Mia rispostina
Caro Sigismondo Zamboni. Trovo buona parte della tua analisi ben motivata e coerente con il sentire ecologista. Una piccola differenza la individuo nella distinzione da te fatta fra il pensiero di sinistra e quello di destra.
Tu affermi di “riconoscerti” nella matrice “Comunista Libertaria” e dici di trovare una coerenza ecologista in ciò.Citando anche la teoria che contribuì alla nascita del “comunismo”.
Marx ed Engels nell’elaborare la loro filosofia, pur su piani diversi e con evidenti differenze espressive e di matrice, tendevano ad una “laicità” che in ultima analisi avrebbe potuto riportare l’attenzione alla sostanzialità della vita anche nel suo aspetto naturalistico. Ma un conto è stato il “pensiero” ed un altro “l’attuazione”, certo non per colpa degli stessi pensatori, ma chi si prese la briga di mettere in pratica certi “pensieri” in realtà si dimostrò altrettanto nemico dell’uomo e della natura quanto lo furono (con opposte prospettive) i nazifascisti.
Per questo insisto sul fatto che per poter operare nel concreto con l’ottica dell’ecologia profonda è indispensabile liberarsi da ogni fardello ideologico, di qualsiasi natura esso sia.
Persino le indicazioni di Arne Naess, che viene definito il “fondatore” dell’ecologia profonda, andrebbero testate e superate se direttamente in contrasto con la propria esperienza vitale. Ogni filosofia è una gabbia. Forse è per questo che nella pratica taoista o zen si esclude qualsiasi adesione precostituita od imitazione. Non è forse detto: “Il tao che si può dire non è il vero Tao” od anche “Se incontri il buddha sulla tua strada uccidilo”? Certo dobbiamo poterci riconoscere “in ciò che è”… ma non attraverso modelli, altrimenti rimettiamo in movimento la solita ruota delle religioni e dei dogmi….
Ritengo che la laicità ed equanimità che viene richiesta ad un “ecologista profondo” sia indispensabile per poter individuare gli aspetti vitali aldilà delle interpretazioni, e questo senza reticenze. Questa laicità significa anche “naturalezza” e capacità di vivere la vita senza paraocchi. Per tale ragione -ad esempio- pur praticando da anni una dieta latto-ovo-vegetariana (scusa ma non esiste altro termine per una dieta “naturale” dell’animale uomo) mi sono trovato in disaccordo con la visione dei cosiddetti “vegani” i quali certamente “interpretano” la dieta umana sulla base di una ideologia, che non corrisponde a fatti biologici ed anatomici.
Ed in verità anche loro non potranno essere ecologisti profondi fintanto che legati ad un sistema etico moralistico. Forse potrà sembrare esagerato il paragone fra i vegani che si professano antispecisti e protettori della vita ed i nazifascisti o staliniani che della vita si sono pasciuti, eppure un paraocchi è tale che sia fatto d’oro o di ferro.
Cari saluti, Paolo D’Arpini
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Commento di A.F.: “Cari/e signori/e, altro che “superamento degli steccati ideologici” qui rispunta continuamente la divisione in “noi” e “loro” dove “l’altro” è sempre “inferiore”, “retropensante”, “subumano”, “criminale”, etc. etc. insomma il “vezzo” di criticare, attaccare, demonizzare la persona, non le sue idee e/od azioni.
Appare in tutta la sua evidente concretezza l’immagine, come giustamente scriveva Jean-François Revel che “L’ideologia è quella brutta bestia che pensa al posto tuo”.
Ma non è questo l’unico problema dell’eterna “logomachia” (”guerra delle parole”, in greco) di cui molti sono vittime, spesso inconsapevoli, ma a volte anche carnefici (qui dubito della buona fede di tutti): viene proposta un’altra associazione mentale di tipo discriminante, “il potere agli ebrei” la quale ha poco senso poiché la categoria “ebreo” è di tipo religioso quindi non è pensabile che un vero religioso pensi al potere. Infatti di quelli che ricevono l’iniziazione (che per i cristiani sarebbe il battesimo, come la circoncisione è per gli ebrei) ma poi NON praticano i “sacramenti”, si dovrebbe più correttamente parlare di “laico”. Parimenti non si può correttamente utilizzare il termine “semita” (ed il suo negato “anti-semita”) in quanto non si può individuare un obiettivo caratteristico di una categoria genetica, razziale.
Quello che si dovrebbe, a mio modesto parere, utilizzare è il termine “sionista” che rappresenta una precisa ideologia, in quanto i sionisti hanno un piano politico di dominio del “resto del mondo”, in odio a tutti quelli che sionisti NON sono (la radice etimologica è “senà” cioè “odio universale”).
Penso, sempre a mio modesto parere, che i concetti impliciti nelle frasi “Il tao che si può dire non è il vero Tao” (chi può descrivere Dio? ovviamente nessun vivo) e “Se incontri il buddha sulla tua strada, uccidilo” (è equivalente all’uscita dal complesso di Edipo, cioè l’uccisione del padre: l’adolescente diventa adulto quando i genitori non sono più dei superiori ma degli aventi pari dignità).
Infine noto un altro tic culturale di Zamboni cioè l’associazione “perversa” tra lotta al signoraggio e fascismo (o, come gli piace dire, socialismo-nazionale ovvero nazional-socialismo=nazismo). Ebbene qui le citazioni che mi corre obbligo ripetere sono di Ennio Flaiano “Ci sono due tipi di fascisti: i fascisti e gli antifascisti” e poi il motivo ispiratore di un’antica associazione socio-culturale, mi sembra si chiamasse (se mi aiuta la memoria…) “Accademia della Libertà” la quale affermava con forza e sempre: qualunque partito che non abbia al primo posto nel suo programma politico la SOVRANITA’ MONETARIA ti sta fottendo”
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Commento di M.C.: “Mio caro e ben stimato Paolo, non solo concordo al 101% con chi ha scritto l’articolo, ma concordo altrettanto con la tua eccellente risposta (salvo che non sono riuscito a comprendere questa parte: “Il tao che si può dire non è il vero Tao” od anche “Se incontri il Buddha sulla tua strada uccidilo”) e meno male che non si può commentare, altrimenti sai gli insulti che partivano purtroppo non c’è da meravigliarsene, come cantavano i miei compaesani sud sound system “è l’ignoranza che crea la violenza”; però se posso permettermi un suggerimento dovresti lasciare la possibilità agli ignoranti di essere “imparati” da chi ha i mezzi per farglielo… se no restiamo chiusi nella torre d’avorio per dire io vorrei imparare qualcosa di più sulla parte in blu..”
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Mia rispostina: “Alcuni pensieri per chiarire il sentire Taoista e Zen:
Un’invocazione di Chuang-tze: “Mio Maestro, mio Maestro, tu che distruggi senza essere cattivo! Tu che edifichi senza essere buono! Tu che fosti prima dei tempi e che non sei vecchio! Tu che copri tutto come il Cielo, che porti tutto come la Terra, che sei autore di tutto senza essere abile.. Comprenderti così, ecco la gioia celeste. Sapere che io sono nato per la tua influenza, che alla mia dipartita rientrerò nella tua Via, che riposando comunico allo Yin la tua modalità passiva, che agendo comunico allo Yang la tua modalità attiva: ecco la felicità suprema… L’azione dell’Illuminato si confonde con l’azione del Cielo, il suo riposo col riposo della Terra. Il suo saldo Spirito domina il mondo!”
Dal punto di vista formale vediamo che il Ch’an, storpiatura del vocabolo sanscrito Dhyan (che vuol dire meditazione), nacque in Cina (nell’epoca T’ang fra il 618 ed il 907 d.C.) come risposta integrativa fra l’esperienza Taoista e quella Buddista. Entrambi questi “sentieri” sono “non formali”, non abbisognano di scritture o regole specifiche, essendo basati sulla scoperta di sé nel Sé. Essendo il laboratorio di ricerca il proprio interno, la mente, l’unica pratica consigliata è quella dell’introspezione meditativa… Non vengono seguiti metodi speculativi piuttosto si cerca di portare l’intelligenza al limite della sua tendenza raziocinante, talvolta attraverso insolubili quesiti o formule astruse sulle quali riflettere.
… L’iconoclastia dello zen si spinge contro ogni teismo costituito, il Ch’an ha perso ogni odore…. “Se incontri il Buddha uccidilo” -disse il maestro I-hsuan- Se incontri patriarchi o arhat sulla tua strada uccidi anche loro… Bodhidharma era un vecchio barbaro barbuto.. il nirvana e la bodhi sono tronchi secchi utili per legarvi l’asino. Gli insegnamenti sacri sono solo elenchi di fantasmi, fogli di carta buoni per asciugare il pus delle vesciche…”. Divertente nevvero? Ma questa negazione del formalismo attinge alla realtà del “vuoto primordiale” nonché all’allegro disprezzo verso ogni perseguimento, verso la sclerosi culturale che si ferma alla forma, sia nella letteratura che nella religione.
Il Ch’an e lo Zen, infatti, puntano a sovvertire il pensiero convenzionale e la conoscenza di seconda mano in modo che l’illuminazione acquisti significato nell’esperienza personale. Per questo é necessaria una forte disciplina, senza disciplina non é possibile interrompere le “fantasie” acquisitive della mente… e la disciplina deve avere -ovviamente- una duplice valenza… fisica e mentale.”
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Precisazione di Sigismondo Zamboni: “Lascio giudicare alle lettrici e ai lettori se il piccato commento di A.F. sia una reazione per essere stato colpito nelle sue convinzioni effettivamente filo-fasciste o sia semplicemente dettato dalla preoccupazione per la sopravvivenza di gabbie ideologiche, quella lodevole preoccupazione che si ritrova nelle ispirate parole di Paolo.
Nel primo caso, sarebbe quanto meno ridicolo che un nostalgico della più rigida e intollerante di tutte le ideologie lamentasse in chicchessia la presenza di convinzioni ideologiche! In realtà esistono estimatori dei princìpi base del nazifascismo (razzismo, autoritarismo, autocrazia, vitalismo violento…) che oggi si celano dietro la fine delle ideologie, per riproporre nella sostanza la medesima disgustosa ricetta. Non voglio fare la banale osservazione che costoro non hanno il coraggio delle proprie idee, ma anzi esprimere la speranza che il pudore e quel po’ di vergogna nel riproporre gli schemi fascisti possano essere la base di partenza per un abbandono dell’idolatria del sangue.
Non mi appartiene affatto considerare qualcuno “inferiore”, “retro-pensante”, “subumano”, “criminale”, etc. Questa è invece esattamente l’abitudine dei (neo)nazisti, forse per proiettare su altri la propria pessima percezione di sé. Io ritengo che non vi sia nulla e nessuno né al di sotto né al di sopra degli esseri viventi, di cui gli uomini, tutti gli uomini, fanno parte. Se si leggono le mie parole senza travisamenti, ho solo scritto che tra gli umani ve n’è alcuno che utilizza peggio le proprie facoltà mentali.
Preferisco però pensare che A.F. rientri nella seconda eventualità, ossia tra le persone che sinceramente vogliano oltrepassare le ideologie. Dico allora che per provare orrore per le forme di reviviscenza del nazifascismo non occorre un’appartenenza ideologica, ma basta un pizzico di umanità e buon senso. Saranno pure terminate le ideologie, ma evidentemente gli “amichevoli buontemponi” di Alba dorata e di tante formazioni in tutta Europa non se ne sono accorti…
Sono grato a Paolo per la citazione dell’uccisione del Buddha e della puntualizzazione di Arne Naess, perché è esattamente in questi termini che penso ci si debba rivologere a Karl Marx (che è degno di qualche attenzione se è vero che i suoi trattati sono la telecronaca di quanto avviene oggi): usando Marx contro Marx, come suggeriva Jean Baudrillard, o affrontando gli spettri di cui neppure egli si liberò, come invece incoraggiava Jacques Derrida.
L’ideologia è una trappola per tutti; come indica implicitamente Paolo, pure l’ecologia profonda potrebbe sclerotizzarsi in una costruzione ideologica. Manteniamo dunque una vigilanza auto-critica molto attiva, non dimentichiamo il nostro obiettivo di liberazione dagli schemi mentali, ma non cadiamo neppure nella facile retorica della fine delle ideologie, che è in realtà un aspetto dell’ideologia liberista (cui apparteneva anche Jean-François Revel).
Non mi è chiaro il senso del riferimento alla discriminazione del potere agli ebrei. Io non sono certamente sionista, scrivo con una bandiera palestinese appesa alle mie spalle; ho chiarito che rifiuto il razzismo alla rovescia della superiorità ebraica. Mi limito ad apprezzare la cultura ebraico-europea, filosofica e non solo, che per me è basilare ai fini dell’abbattimento di ogni barriera, etnica, nazionale, di casta, di genere etc. È pertanto che quando mi si chiede se io sia ebreo in base alle mie simpatie, rispondo: purtroppo no! Ad A.F. risulterà chiaro, spero, che esista un filone culturale ebraico, non solo una religione ebraica.
Ritorno al signoraggio. Mi sembrava di non aver lasciato dubbi sulla mia avversione a codesto sistema, quindi non giudico fascista chiunque abbia tale opinione. Rilevo però che talora anti-signoraggio e giudeofobia fascistoide convivono nelle medesime persone: mi sarebbe odioso fare nomi, ma basta un piccolo impegno coi motori di ricerca per averne evidenza.
In generale, agli accaniti combattenti contro il signoraggio rivolgo l’invito a pensare più in grande. Mi ripeto: svuotiamo il denaro del suo potere simbolico, pseudo-religioso e immediatamente perderà potere chi abbia il monopolio della sua creazione e distribuzione. Certo, restituire agli stati questa funzione potrebbe eliminare le pericolose concentrazioni di potere odierne (grandi banchieri, assicuratori etc.); c’è però un problema non insignificante: che auspico con tutto me stesso la fine degli stati! Sigismondo Zamboni”