Bioregionalismo – Il “risveglio” dei geografi conferma l’opzione bioregionale: sì alle Province omogenee, no alle Regioni carrozzoni

Meglio tardi che mai….

Fa piacere vedere che le idee bioregionali finalmente trovano consensi… Certo non si menziona la fonte né si fa riferimento ai trascorsi… ma così vanno le cose del mondo, pazienza!

Peccato che abbiamo iniziato a pubblicare su internet solo dal 2008, prima le proposte bioregionali apparivano solo sulla carta stampata, sia pur sui maggiori quotidiani, ma le tracce sono andate perse… Per fortuna che Google c’è: https://www.google.com/search?client=gmail&rls=gm&q=no%20alle%20regioni%20carrozzoni%20s%C3%AC%20alle%20province%20paolo%20d’arpini

Ed ecco, dopo diversi anni di proposte politiche bioregionali, cosa appare oggi sul web:

“Ma quali province, aboliamo le Regioni. E’ questa la proposta choc della Società geografica italiana. E non è neppure troppo sconvolgente se si considera che sulla questione, almeno apparentemente, tutti i partiti sembrano convenire.

Lo chiede Beppe Grillo, lo invocano Pdl e Lega, che pure avevano frenato sui tagli del governo Monti, e anche Pierluigi Bersani l’ha infilata tra i suoi otto punti.

Troppo piccole le une, troppo grandi le altre: per questo i geografi propongono di abolire le Regioni e altresì tagliare drasticamente il numero delle province, che rimarrebbero solo 36 e sarebbero ribattezzate sotto la suggestiva etichetta di “eco-sistemi urbani“,prendendo le funzioni di organismi politico amministrativi “sostitutivi delle attuali province e regioni”.

I loro confini verrebbero ridisegnati esclusivamente in base al ”potenziale urbano degli attuali capoluoghi di provincia, alla rete delle infrastrutture che li collegano e al substrato fisico del territorio”.

Ma quali sono esattamente i benefici della nuova mappa amministrativa dell’Italia studiata dai geografi?

La “riduzione dei costi della politica”, senz’altro ma anche una “migliore gestione del territorio”, afferma il presidente Franco Salvatori.

Gli studi dei geografi, che si inseriscono nel dibattito nazionale per il riordino territoriale dello Stato, consegnano una Sardegna spaccata in due, una Sicilia divisa in quattro e una Puglia scomposta in tre aree, con l’aggiunta a Nord di parte del Molise.

Spacchettate anche Piemonte, Lombardia, Lazio ed Emilia Romagna.

La Val d’Aosta scende fino al Piemonte e ne ingloba una parte, la Liguria perde La Spezia, il Veneto Rovigo e Isernia si unisce a Frosinone e Latina.

Poche variazioni infine per i confini delle regioni ”più piccole”, come Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Marche, Umbria, Abruzzo e Basilicata: ciascuna diverrebbe un ”eco-sistema urbano” a sé.

Questi ipotetici assetti territoriali, spiegano i geografi, ”sono stati tracciati a partire dalle reti infrastrutturali (mobilità, trasporti e comunicazioni) già presenti sul territorio o in avanzata fase progettuale” e nessuna città, al momento, è stata individuata come ”città egemone” per il proprio eco-sistema urbano.

”La nuova mappa amministrativa dell’Italia – osserva Franco Salvatori – porterebbe vantaggi a livello di riduzione di costi della politica e di gestione territoriale, ora troppo frantumata, nel caso delle province, e troppo squilibrata, nel caso delle regioni”.

L’idea del decentramento regionale, aggiunge, ”è consolidata.

Queste nuove regioni medie sarebbero soggetti particolarmente attrezzati, implicitamente forti, ma non cosi’ tanto da contrastare l’organizzazione centrale dello Stato, garantendo cosi’ un equilibrio di poteri”.

E’ un progetto realizzabile? ”Se guardassimo al passato non sarebbe attuabile, viste le enormi resistenze territoriali che si sono sempre manifestate. Ma oggi – conclude – la crisi economica richiede innovazione”.
(articolo del Blitz Quotidiano)

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Conclusione:

Se veramente sono così tutti d’accordo come mai nessuno ha pensato di consultare i “tecnici” che dal 1996 stanno lavorando a questa opzione?

Beh, la proposta potrebbe anche risultare in sintonia con il bioregionalismo, tutto sta vedere come viene attuata… Infatti i cartografi non vanno oltre le mappe.. ma per fare una vera bioregione occorre studiare e conoscere anche le comunità e gli ecosistemi.

La costituzione degli Enti Regionali in Italia é stato uno dei mali della politica nostrana, tesa a spartirsi la torta amministrativa. Ha fatto comodo ai partiti che si sono creati delle piccole repubbliche all’interno dello stato contemporaneamente permettendo agli amministratori locali di mungere alle prebende pubbliche e gestire le ricchezze del popolo a fini personalistici. Prova ne sia -ad esempio- il gonfiamento paradossale della spesa sanitaria, con norme interne, attuazioni e finalità differenziate, con l’impossibilità di trasferimento da una Regione all’altra come si trattasse di stati esteri e con la suddivisione delle cariche e degli enti fra i soliti congiunti politici, senza nessun reale beneficio per la salute pubblica.

Nel frattempo in Europa, a partire dalla fine dell’ultima guerra mondiale, è andato avanti un processo unificatorio che ora si chiama Comunità Europea. Questa unione è buona per il vecchio continente che ha subito per troppi anni divisioni e guerre intestine. La distribuzione dei poteri in chiave di separazione politica non aiuta assolutamente l’integrazione fra i popoli.

Perciò consideriamo quale potrebbe essere la conseguenza di un “federalismo”(come si prefigura questo che si vuole attuare) che parte dal concetto della separazione delle varie realtà della penisola ai fini di gestire “meglio” le singole ricchezze. Questa nuova parcellizzazione dell’Italia porterà ulteriori mali al popolo italiano ed all’Europa tutta. La costituzione di -a tutti gli effetti- nuove “repubblichette” indipendenti all’interno del contesto nazionale ed europeo non sarà un vantaggio per la comunità, anzi porterà guai, delusioni ed odi… E di questo non abbiamo bisogno proprio ora che la crisi economica galoppante e la spinta allo sfacelo morale si fa più forte in Italia e nel mondo.

C’è bisogno di solidarietà e di capacità di riconoscersi con il luogo in cui si vive senza però cancellare l’unitarietà della vita e la consapevolezza che il pianeta è uno come una è la specie umana. Non si può continuare a separare la comunità degli umani su basi etniche o “sociali” o “religiose” o “politiche”…

L’integrazione è solo una ovvia conseguenza del vivere in luogo riconoscendolo come la propria casa. Perciò il vero federalismo può essere solo bioregionale ed il riconoscimento con il luogo di residenza deve avvenire nelle forme più semplici e vicine al contesto socio/ambientale in cui si vive. Questo contesto é ovviamente la comunità del paese, e della città che riunisce una serie di paesi in una comunità facilmente riconducibile ad una identità condivisa. Questa è la “Provincia”.

Le Province lungi dal dover essere eliminate dovrebbero anzi assurgere al ruolo rappresentativo dell’identità locale e tale riconoscimento non alienerebbe la comunione ed il senso di appartenenza all’Europa ed al mondo bensì aiuterebbe il radicamento al luogo in cui si vive e la responsabilizzazione a mantenerlo sano e compatto.

C’é inoltre da dire che dal punto di vista storico le Province da tempo immemorabile hanno rappresentato il “luogo di origine” mentre le Regioni sono state create massimamente a tavolino per soddisfare esigenze politiche indifferenti alla comunità. Vedesi la costituzione del Lazio, formato per soddisfare le esigenze di una città che doveva essere la capitale di un nuovo impero, costituito smembrando la Tuscia, rubando territori all’Umbria (Rieti) e aree all’ex Regno di Napoli (Formia, Gaeta, etc.). Oggi Roma ed area metropolitana con i suoi 6 milioni di abitanti (più i non registrati, quasi altrettanti) ha completamente fagocitato il territorio e la gestione delle risorse relegando il ruolo delle Province storiche a quello di “fornitura di servizi e ubicazione di scomodi impianti inquinanti”… (Ma é logico quando si vede che i 9/10 dei residenti laziali stanno a Roma e siccome siamo in democrazia così deve andare…). In verità le grandi città metropolitane dovrebbero essere tutte “città regione” e magari pure decrescere.. se si vuole che il cancro da loro rappresentato non si propaghi al territorio…

Cari saluti, Paolo D’Arpini
Referente P.R. Rete Bioregionale Italiana

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Commento di Massimo Sega: “Caro Paolo D’Arpini, la questione delle province e delle regioni, come tu stesso mi hai scritto, e’ estremamente complesso ai fini del bioregionalismo.
Purtroppo il nostro paese e’ estremamente eterogeneo, Pochi Km dividono il mare dalla montagna, zone a cultura intensiva da quelle, tra l’altro, a vigneti o ad uliveti; ecc.ecc.Zone a vocazione agricola da quelle a vocazione turistica;
A sua volta, la composizione culturale delle singole comunita’ viciniore, nel nostro paese, si rappresentano estremamente diversificate, e tanto disamogenee da sembrare provenienti da radici contrapposte.
Giusto affrontare il problema da te proposto, ma a mio modo di vedere non partendo da principi assoluti. Per me bisogna partire dalla realta’ su cui dobbiamo operare e poi fare le relative scelte.
Una cosa a me sembra pero’ preliminare: EDUCARE, EDUCARE, EDUCARE in tutti i termini. .
Permettimi due esperienze personali:
Dopo una lunga attivita’ lavorativa in una amministrazione provinciale a contatto con i relativi singoli comuni, oggi io sono piuttosto scettico. La cultura individualistica, propria di questo paese, l’ho ritrovata anche nelle singole unita’ locali. Un esempio. Come dirigente del settore ambiente, io dovetti, tra l’altro, affrontare la questione dei mattatoi comunali. Io cercai di convincere gli organi dei singoli comuni a giungere alla costituzione di un mattatoio consortile. Nulla di fatto. I mattatoi furono chiusi, ma non si giunse alla realizzazione del consorzio. Certo questo e’ valido per le zone centromeridionali del nostro Paese,ma e’ pur sempre una realta’. Totalmente diversa, per altrettante esperienza persona lavorativa, e’ la situazione in alcune zone del nord. Quindi non esiste un principio generale valido in assoluto, ma ad ogni zona morfologica ed umana va applicato un diverso modo di gestire il territorio.,talvolta riconoscendo l’utilita’ dei principi del bioregionalismo, fondato sulla localizzazione, e talvolta quelli dell’accentramento.
Altro esempio. Come al solito, tanti anni fa mi occupai, a livello amministrativo, anche della realizzazione della bretella Fiano-San Cesareo, Ebbene, gli allora ambientalisti sollevarono una serie di difficolta’, che mi scandalizzarono. Per loro c’era una sola cosa: salvare qualche albero, indifferenti ad ogni altra considerazione, come quella del consumo energetico, le fatiche degli autisti, specie dei camion, il traffico sul raccordo anulare, ecc.
Consentimi di dirti che nel nostro paese il concetto di bioregionalismo, potrebbe, inoltre, accentuare la tradizionale cultura individualistica ed egoistica, che non ho incontrato in altri paesi. In Francia ho rilevato un alto senso dello stato e di partecipazione allo stesso. In Germania, il senso della legalità e del sacrificio., ecc.ecc.
Permettimi di dirti che la FEDE religiosa, non si discosta molto da quella politica e viceversa. Io non sono un credente in nessuna religione, e lo stesso, benché abbia militato in un partito,per anni ed anni, non sono stato mai incatenato alla relativa ideologia. Questa e’ stata per me il filo conduttore, ma mai un tabù assoluto. Saluti Massimo Sega”

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