Agricoltura bioregionale equivale ad agricoltura naturale, cioè senza stravolgimenti meccanici del terreno e senza sostanze chimiche
Ante Scriptum
A ”grande richiesta” e vi ringrazio della possibilità di diffondere questo tipo di informazione, vi invio un mio primo scritto “bioregionale” (come direbbe Paolo D’Arpini), comunque di agro ecologia o che dir si voglia di questi temi non importa, quanto la loro sostanza. Non penso a copyright, lo pubblicherò anche sul mio blog di cui mi sono anche dimenticato il www e debbo andarlo a cercare, sul quale ho già pubblicato anche altre cose ma che non curo più da un po’ di tempo.
Ripescando nelle memorie dei mie studi, ricerche ed esperienze, senza fretta e pressioni, quando ne avrò voglia ed ispirazione ne “produrrò” anche altri di questi scritti e poi ve li inoltro. C’è la neve fuori oggi, è inverno, periodo di interiorizzazione, di guardarsi anche dentro cioè, secondo i il tempo dei cicli naturali e contadini. Se ci sono correzioni da fare vi prego di farmele notare, perché non sono scrittore di professione e chi abbia più dimestichezza con la lingua italiana può opportunamente rendere migliore e più fluido il testo. Fatemi sapere, ciao, Alberto
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Un terreno qualsiasi, lasciato incolto, o messo a nudo per qualche ragione, uno sbancamento, una frana, un incendio è una lesione all’epidermide di Gaia, viene ricolonizzato dalla Natura e riportato al selvatico. Come sulla nostra pelle si cicatrizza una ferita superficiale.
Quello agrario si riveste immediatamente di un manto erboso di cosiddette “infestanti”, secondo la vulgata agrochimica, ossia specie che nessun agricoltore vorrebbe tra le sue coltivazioni, dalla gramigna allo stoppione spinoso, e quindi chenopodio, amaranto, persicaria e tante altre erbe i cui semi giacciono latenti nel suolo indisturbato e trovano le condizioni adatte per germinare. O semi portati dal vento, dagli uccelli e da altri animali, indigeriti e rilasciati tra le loro feci che ne fanno da corredo di primo concime nutritizio; o semi aggrappatisi nel passaggio attraverso altri luoghi incolti alle loro piume e pellicce e da queste caduti su quel terreno. Non solo semi di erbe, ma anche di cespugli e piante, dai rovi, alle vitalbe e quindi pioppi, acacie, aceri, biancospini, querce, di tutto e di più che ci possa essere disponibile viene impiegato dalla Natura alla rigenerazione biologica di quel terreno. Ci sono piante azoto-fissatrici, tutte concorrono con il loro decadimento alla formazione di humus forestale. Alcune affondano le loro radici in profondità per riportare in superficie minerali che verranno quindi resi disponibili al nutrimento vegetale di altre piante.
In primavera ed estate un terreno incolto, rivestito, esplode della bellezza di fioriture e profumi, attira api ed insetti, inizia a popolarsi di vita biologica.
Quel terreno è irradiato di luce e calore solare nell’ordine misurabile di centinaia di watt a metro quadro, variabili a seconda delle stagioni, in cui diverso è l’angolo di inclinazione dei raggi provenienti dalla nostra fonte primaria della vita. Non dimentichiamo mai neppure il fatto che tutti gli elementi terrestri solidi, gassosi o liquidi derivano dalla scissione nucleare dell’Idrogeno in Elio, un atomo e un elettrone diventano un altro atomo con due elettroni, e quindi, tre nel Litio , poi quattro, sei come nel Carbonio, sette nell’Azoto o otto come nell’Ossigeno e così via. Elementi che sono nell’Universo delle Galassie oltre che componenti della materia inorganica ed organica del nostro pianeta. Nel cosmo esistono già, inoltre, anche forme di vita organica, molecole e batteri che resistono nel vuoto e a enormi sbalzi termici, dallo zero assoluto di scala Kelvin alle ustionanti radiazioni solari le quali, oltre la nostra pellicola protettiva dell’atmosfera terrestre e delle fasce elettromagnetiche, sono mortali al pari del gelo estremo.
Qui, sulla Terra, in quel terreno incolto e spoglio che si rigenera alla vita selvatica, gli elementi minerali si compongono su modelli predefiniti a creare la struttura delle cellule vegetali, delle radici, fusti, foglie, fiori e semi. L’energia solare fa da catalizzatore al processo di fotosintesi, in cui dalla linfa radicale e dall’atmosfera nelle piante si sintetizza la molecola fondamentale di tutta la catena alimentare, quella dell’idrogeno e del carbonio, alla quale si aggregano gli altri elementi a formare gli zuccheri, la cellulosa ed altri composti dei tessuti ed organismi vegetali.
Questo è il grande miracolo della Vita che accade ogni momento, da milioni di anni, che passa inosservato e dimenticato, come banale è anche il sorgere e tramontare degli astri e dei pianeti, che avviene nell’indifferenza più inconsapevole degli esseri umani moderni. Gli animali sono invece molto più sensibili, celebrano a modo loro, ogni giorno, la Vita: pensiamo al canto degli uccelli all’alba, alle grandi sinfonie che in primavera, alla mattina presto, ancora col buio, si alzano ovunque, dalle siepi e dagli alberi, dalle erbe dei prati. L’arrivo e l’esplosione del nuovo ciclo vitale dell’anno è marcato dal canto degli uccelli sino all’estate, le cui notti sono intrise dei canti di grilli, rane e cicale, degli assoli degli usignoli.
Tornando al tema, l’energia solare, catalizzatrice della fotosintesi, si fissa nelle molecole vegetali come energia chimica di legame, la quale, ad ogni passaggio nei metabolismi animali viene rilasciata sotto forma di calore, secondo la legge della termodinamica, sino all’humus fine e principio di ogni processo vitale. I corpi animali erbivori si nutrono di materia vegetale, traggono dalla frantumazione ruminale e gastrica delle molecole gli elementi minerali materiali necessari alla costituzione e mantenimento dei loro tessuti ed al funzionamento dei loro organi ma ne traggono anche l’energia vitale che si libera come caloria, che noi misuriamo in unità di joule, dai corpi caldi degli animali al calore dei compost vegetali e dei cumuli di letame. Ci nutriamo anche di energia, di quella degli alimenti come del “prana”, dell’ossigeno ed azoto, gas rari dell’atmosfera, scientificamente definiti.
In quel terreno incolto, spoglio agli inizi, in cui la natura riprende la sua opera di colonizzazione del selvatico, la massa vegetale che si crea altro non è che un accumulo di energia solare immagazzinata nei legami molecolari delle piante, migliaia e milioni di calorie si fissano sulle strutture fondamentali del Carbonio e Idrogeno. Il Carbonio, in particolare, viene sequestrato, si dice, dall’atmosfera in cui si trova come gas e fissato al suolo, nelle piante e nel terreno. Quel terreno prima incolto diventa ricco di energia solare immagazzinata nella massa vegetale, la quale richiama come ospite e nutrimento le specie animali, si popola di vita, dalle forme più minuscole di batteri funghi e protozoi, all’edafon sino agli erbivori, agli onnivori ed ai carnivori.
Si ricrea un ecosistema naturale, una nicchia di ecosistema che provvede autonomamente dall’ingerenza umana all’organizzazione spontanea della propria sopravvivenza attraverso cicli vitali perenni e rinnovabili. La natura non ha bisogno dell’uomo per esistere, ne precede l’avvento di milioni di anni e la nostra comparsa accadde quando la natura stessa creò le condizioni adatte e favorevoli ad accoglierci nei propri ecosistemi naturali, fornendoci di ogni nutrimento e materia prima necessaria alla nostra sopravvivenza, sviluppo ed evoluzione. Nella catena, alimentare, non produciamo nulla, siamo commensali, ospiti alla mensa di Madre Terra.
Alberto Grosoli – agros59@tiscali.it