Turchia – “Pinar Selek libera” – Adesione al comitato di appoggio alla giornalista che rischia l’ergastolo per aver diffuso notizie vere

Scrissi di Pinar Selek a luglio del 2010, non sapevo prima chi fosse: Pinar Selek terrore con transvestimento. Ne riscrivo dopo 2 anni, leggendo nuove disastrose notizie su Ansamed. Pinar Selek è già stata assolta tre volte ma ora rischia l’ ergastolo. La decisione della Corte di Cassazione di Ankara di annullare anche la terza assoluzione e di imporre un nuovo giudizio ha suscitato forti polemiche in Turchia e all’estero. Artisti e intellettuali laici si sono mobilitati in Turchia in difesa di Selek. Nel mio piccolo, lancio anche io l’appello e l’adesione al Comitato di solidarietà “Pinar Selek libera”.
Un grazie anticipato per chi condivide e diffonde
Doriana Goracci

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Pinar Selek, una persecuzione lunga quattordici anni

Pinar Selek è una sociologa militante turca, femminista, antimilitarista, finita nelle mire di una repressione accanita per una ricerca che ha condotto sul conflitto armato tra Turchia e Kurdistan. Accusata di di terrorismo, perseguitata per 14 anni, torturata, è attualmente sotto processo presso la XII Corte Penale di Istambul. L’ennesimo, dopo tre assoluzioni e un’assurda riapertura del caso. Il giudizio è fissato per domani, 24 gennaio. Rischia una pena fino a 36 anni.
La sua storia inizia nel 1998, quando viene arrestata dalla polizia turca per via di una ricerca di due anni prima sulle condizioni del conflitto kurdo e le possibilità di soluzione. Il suo materiale viene sequestrato, intanto la polizia l’interroga per sapere i nomi dei kurdi che ha intervistato. Pinar non parla; neanche sotto tortura, e resta in carcere. Dopo un mese dall’arresto le piove addosso l’accusa di aver commesso un attentato in un bazar di Istambul. Negli anni che seguono diversi rapporti indipendenti dimostrano che si è trattato in realtà di un’esplosione accidentale, causata da una bombola del gas; e Pinar viene assolta in tutti e tre i gradi di giudizio, rispettivamente nel 2006, nel 2008 e 2011. Nel frattempo ha scontato due anni e mezzo di carcere preventivo. Poi, con un gesto inedito nella storia del diritto turco, la XII Corte Penale si sostituisce alla Corte di Cassazione approfittando del congedo malattia del giudice responsabile del caso, e il 9 febbraio 2011 annulla l’assoluzione; il caso è riaperto.
Pinar dal 2009 ha scelto di andarsene in Francia, a Strasburgo, dove vive tuttora senza però aver fatto domanda d’asilo, perché spera di poter tornare nel suo paese. Forte della risonanza che il suo caso ha avuto soprattutto in Francia, spera in un esito positivo del processo, che la libererebbe da una lunga persecuzione. Certo, dal contesto politico i segnali non sono incoraggianti. Difficile non pensare al triplice omicidio del 9 gennaio scorso, quando tre militanti kurde, Sakine Cansiz, Leyla Soylemez e Fidan Dogan, rifugiate politiche, sono state uccise nel centro di Parigi. Il sospetto è forte – è stata la stessa Pinar, e le manifestazioni della comunità kurda a dirlo – che dietro questi omicidi mirati, caduti proprio a pochi giorni dalla ripresa del dialogo tra il Pkk e la Turchia, vi sia ancora la lunga mano del “deep state” turco, di quello stato militarizzato e nazionalista ancora molto forte, residuo della militarizzazione della società degli 90, lo stesso che si accanisce contro Pinar. Rispetto al triplice omicidio del 9 gennaio, poi, i sospetti che vi sia stata da parte francese una qualche forma di condiscendenza, o per lo meno di negligenza – tenuto conto anche che le tre vittime erano “sorvegliate speciali” in quanto militanti – è più che una fantasia. A tutto ciò si aggiunge il contesto di stretta collaborazione tra i due stati in materia di antiterrorismo. Basti pensare al processo Dhkp-c, celebrato proprio a Parigi a novembre 2012, in cui 15 presunti appartenenti a un’organizzazione marxista-leninista turca, alcuni rifugiati in Francia, si son visti piovere addosso una fumosa condanna per sostegno “ideologico” a un’organizzazione vietata in Turchia. La repressione turca in sostanza ha dimostrato che può arrivare tranquillamente fin dentro l’Europa, che porte chiuse non ne trova, e questo probabilmente non lascia tranquilla Pinar neanche a Strasburgo, malgrado il sostegno che sta trovando.
Pinar non è kurda, e il fatto stesso che una donna turca si interessi alle questioni del conflitto non può che dar fastidio ai quadri militari. Le sue ricerche, che in passato hanno riguardato anche tematiche come le strutture repressive all’interno della società, le dinamiche politiche di esclusione e marginalizzazione, la costruzione della mascolinità all’interno di contesti militari, ne hanno fatto un obiettivo delle istituzioni nazionaliste.
l’appello di solidarietà
Pinar Selek è una femminista antimilitarista pacifista turca perseguitata da 14 anni dallo Stato turco, in seguito a una ricerca sociologica da lei condotta nel 1996 sulle condizioni del conflitto armato tra la Turchia e il Kurdistan e le possibilità di soluzione. Nonostante varie assoluzioni, lo Stato turco ha riaperto il suo caso per l’ennesima volta e il 24 gennaio 2013 la 12° Corte penale di Istanbul dovrà pronunciarsi sulla richiesta di 36 anni di carcere.
In tutti questi anni Pinar non ha mai smesso di lottare, non è mai rimasta in silenzio, non si è richiusa in casa, e per questo viene perseguitata.
La sua lotta è la lotta di tutte noi, la sua libertà è la nostra libertà! Con la nostra solidarietà possiamo impedire questa condanna! ll loro accanimento non ha limiti. Neanche la nostra solidarietà. Nella sua lotta per la libertà, Pinar Selek non è sola!

Invitiamo tutte e tutti a sottoscrivere questo appello e a diffonderlo.

Scriveteci a solidarietapinarselek@autistici.org

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