Piove, governo ladro, e l’Italia frana (ma serve ad aumentare il PIL)
C’era chi aveva previsto tutto: oltre quarant’anni fa. E’ il 1973 e Antonio Cederna, sul Corriere della Sera del 3 gennaio, ripete la sua lezione, per i posteri: “Un’Italia che frana e si sbriciola non appena piove per due giorni di fila, ecco l’immagine che subito ci propone il 1973, quasi a imporre alla nostra attenzione il problema di fondo e il più trascurato della politica italiana: la difesa dell’ambiente, la sicurezza del suolo, la pianificazione urbanistica. I disastri arrivano ormai a ritmo accelerato: e tutti dovremmo aver capito che ben poco essi hanno di “naturale” poiché la loro causa prima sta nell’incuria, nell’ignavia, nel disprezzo che i governi da decenni dimostrano per la stessa sopravvivenza fisica del fu giardino d’Europa e per l’incolumità dei suoi abitanti.”
L’italia va sott’acqua. Perché i fiumi esondano alle prime piogge? Semplice non esiste più una barriera naturale. I fiumi sono irregimentati con muraglie che prima o poi si sgretolano, o vengono superati senza incontrare resistenza, perché morte, perché non possono opporsi al movimento delle acque in piena. L’unica cosa che potrebbe opporsi alle alluvioni, alle frane ed agli smottamenti sarebbe un contenimento “vivo” che invece è stato sradicato accuratamente dall’uomo. La siepe di erbe perenni, oltre a risolvere il problema del consolidamento dei versanti in frana, è un presidio per prevenire le frane e per arricchire le falde acquifere ed evitare il processo di desertificazione. Infatti, la siepe (ed in particolar modo quella di vetiver dalle lunghe radici), forma una barriera filtrante che trattiene i detriti a monte e lascia passare verso valle solo l’acqua e i limi sottili che si arrestano nelle immediate vicinanze. La siepe rallenta la velocità dell’acqua consentendole di penetrare nel terreno e mantenerlo umido, arricchendo le falde.
L’acqua, ridotta la velocità e depurata dai detriti trattenuti dalla siepe, giunge nei canali con un carico inquinante ridotto e nelle quantità fisiologiche, evitando così le possibilità d’alluvione.
Ma i governi, pur che la causa del “maltempo” sta nelle decisioni politiche ed economiche da loro prese, continuano a preoccuparsi dell’emergenza contingente senza occuparsi di prevenire. Gli interventi urgenti contro i danni dovuti alle tempeste e alluvioni in questi ultimi anni sono aumentati in proporzione geometrica. Si è passati da un evento catastrofico ogni due o tre anni, causato da fenomeni meteorologici, a quattro o cinque interventi ogni anno.
Tutto questo ha dei costi, non solo in vite umane, ma in soldi. Buona parte delle risorse di un Paese come l’Italia, dall’economia fragile, finiscono per pagare i danni a cose, animali e persone causati da questi eventi calamitosi.
Senza voler passare per complottista e tirare in ballo l’effetto serra, l’inquinamento industriale, gli OGM, le scie chimiche, HAARP, guerre meteo, etc. tutto ciò rientra in un disegno chiamato “economia delle catastrofi” che evidentemente serve ad incrementare il PIL.
Ecco i nomi di operatori economici che hanno lavorato per ottenere questi risultati, negli ultimi tempi: Mario Draghi, da Vicepresidente Goldman Sachs a Governatore della Banca d’Italia e BCE. Mario Monti, dalla Commissione Europea sulla concorrenza alla Goldman Sachs; nominato Senatore a vita dal Presidente della Repubblica G. Napolitano (2011) ed attualmente al governo del paese.
Paolo D’Arpini
Portavoce Rete Bioregionale Italiana