Cina – Appello al Governo Cinese per una autonomia amministrativa per la regione del Tibet
Cina – Appello al Governo Cinese per una autonomia amministrativa per la regione del Tibet
Sono sempre stato a favore della Cina, che riconosco essere una grande nazione, faro di luce per cultura, scienza e filosofia e matrice di grande saggezza umana. Ed è in questa visione che chiedo al Governo Cinese, in previsione dell’imminente cambio di guardia alla guida del Paese, di modificare l’atteggiamento nei confronti del Tibet.
Il Tibet, come la stessa Cina, è una terra che ha contribuito alla elevazione dello spirito umano. E pur ammettendo che essa faccia parte integrante del territorio cinese potranno trovarsi forme di compensazione e di aggiustamento amministrativo per salvaguardarne la peculiare cultura. In fondo persino in Italia che è un piccolo stato sono state create delle enclavi semi-indipendenti, per rispettare la tradizione locale ancestrale, come ad esempio l’Alto Adige e la Val D’Aosta.
Da lungo tempo prosegue l’auto-immolazione di persone tibetane che con il loro sacrificio vogliono sottolineare e dichiarare al mondo, ed al Governo Cinese, la loro autonomia di pensiero e di spirito. Queste persone non sono dinamitardi che hanno scelto di portare la guerra in casa, uccidendo altri e distruggendo i beni comuni, Queste persone -perlopiù religiosi e religiose- si lasciano morire bruciati con il sorriso sulle labbra sapendo che il loro sacrificio ha un nobile scopo. La Cina dovrebbe rispettare chi è in grado di sacrificare la propria vita senza offendere gli altri.
La Cina ha conosciuto e combattuto l’oppressione straniera. Non erano forse i ribelli della guerra dell’oppio anch’essi patrioti che combattevano contro la prevaricazione e la malevola politica britannica? E quelli che si lasciavano andare al vizio sono stati un cattivo esempio per la comunità cinese. Gente priva di nerbo e di dignità umana. I tibetani che ardono cosparsi di benzina sono invero valenti stoici che compiono quel gesto per glorificare la loro cultura, quello è un gesto apparentemente violento, in realtà pacifico, poiché non comporta offesa contro le istituzioni ed i concittadini cinesi.
L’intelligenza va riconosciuta e spero che il nuovo Politburo cinese sappia riconoscerla e metterla in pratica con consone azioni.
Paolo D’Arpini
Circolo Vegetariano VV.TT.
Altri articoli in tono sul Tibet:
https://www.google.com/search?client=gmail&rls=gm&q=tibet%20paolo%20d’arpini
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Notizia di cronaca recente
Cina: inizia a Pechino il Congresso del Partito comunista e 5 Tibetani si danno fuoco prima del congresso del PCC – La Cina ha bisogno di una nuova politica per il Tibet!
In concomitanza del 18esimo Congresso del Partito Comunista Cinese cinque persone, tra cui tre adolescenti tra i 15 e i 16 anni, si sono date fuoco per protestare contro la politica cinese in Tibet. Questo è il numero più alto di persone che in un solo giorno si sono date fuoco dall’inizio dell’ondata di suicidi nel febbraio 2009. Il numero dei suicidi politici sale così a 68.
Di fronte a questa tragedia, l’Associazione per i popoli minacciati continua a chieder un sostanziale cambio nella politica cinese in Tibet.
La Cina deve ripensare e modificare a fondo la sua politica nazionalista se vuole evitare una drammatica escalation della situazione in Tibet. La politica cinese in Tibet è evidentemente fallita e senza una vera disponibilità al dialogo da parte del potere cinese questa terribile ondata di suicidi non si fermerà.
Dei cinque Tibetani che mercoledì scorso si sono dati fuoco, almeno due sono morti, e cioè il monaco 15enne Dorje e la 23enne Tamdrin Tsoe nella provincia orientale dello Qinghai. Prima di cospargersi di benzina e darsi fuoco, la giovane madre aveva chiesto il ritorno del Dalai Lama in Tibet. Alla sua morte più di 3.000 Tibetani che vivono nella regione si sono uniti in una manifestazione spontanea per chiedere la libertà del Tibet. Le ultime autoimmolazioni sono avvenute nelle province di Sichuan e Qinghai come anche nella Regione autonoma del Tibet.
Dopo i cinque tentativi di darsi fuoco, le autorità cinesi hanno ulteriormente rafforzato la presenza delle forze di sicurezza nelle province con presenza tibetana. Nella Prefettura Autonoma di Gannan
nella provincia di Gansu, in cui oltre il 50% della popolazione è tibetana, è stata proibita la vendita di carte SIM per la telefonia mobile, sono stati chiusi una miriade di Internet-Caffè e sono state
interrotte le telecomunicazioni mobili. In diverse zone tibetane è stata proibita la vendita di benzina e di altri liquidi infiammabili e nei dintorni dell’antica capitale Lhasa la polizia ha sequestrato bottiglie
di plastica e taniche vuote.
Associazione per i popoli minacciati / Comunicato stampa
www.gfbv.it/2c-stampa/2012/121108it.html
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Commento ricevuto:
La genìa dei lama tibetani, monaci oscurantisti e feudali, esercitava un potere temporale assoluto e sanguinario sui disgraziati contadini del Tibet . Ricordiamo pure che, a parte la parentesi colonialista inglese, il Tibet fa parte della Cina da oltre 300 anni, quando il nostro Lombardo Veneto è Italia da meno di 150 .
E’ noto a tutti , che lungi dall’essere uomo di pace come rappresentato nelle nostre immaginette, l’attuale Dalai Lama persegue una politica anti cinese e imperialista, al soldo, lui e suo fratello, dei servizi occidentali. Il fatto che spinga giovani al martirio non so se debba essere addebitarlo direttamente a lui, vedo solo che mai un vecchi monaco si sacrifica, questo è alquanto sospetto.
Sebastiano Cosenza
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Altro commento ricevuto:
Caro paolo. Permettimi di dirti che, pur non condividendo certi atteggiamenti della Cina nei riguardi del Tibet, quando leggo certe mitizzazioni nei confronti di detto Paese, specie se non hanno dietro finalita’ politiche, come e’ il tuo caso, non riesco a non indignarmi come essere umano e come cittadino di un paese che ha una costituzione, non solo laica, ma anche tesa all’uguaglianza e alla dignita’ di ogni componente della sua nazione Tu dici che e’ giusto salvaguardare la cultura di detto Paese e che coloro che sacrificano la loro vita lo fanno per glorificare la stessa.
Che cosa intendi per cultura del Tibet ?
Ecco quanto ho letto in ordine alla cultura sociale di detta terra delle nevi:
Le religioni hanno sempre avuto una stretta correlazione non soltanto con la violenza, ma anche con lo sfruttamento economico. In realtà, è spesso la strumentalizzazione economica che conduce necessariamente alla violenza. Tale è stato il caso della teocrazia tibetana. Fino al 1959, quando il Dalai Lama presiedette l’ultima volta il Tibet, la maggior parte della terra arabile era ancora organizzata attorno a proprietà feudali religiose o secolari lavorate da servi della gleba. Addirittura uno scrittore come Pradyumna Karan, solidale con il vecchio ordine, riconosce che “una grande quantità di proprietà apparteneva ai monasteri, la maggioranza di essi accumulava notevoli ricchezze… Inoltre, monaci e Lama riuscirono ad ammassare individualmente notevoli ricchezze tramite la partecipazione attiva negli affari, nel commercio e nell’usura.” (8)
Il monastero di Drepung era uno delle più estese proprietà terrestri del mondo, con i suoi 185 feudi, 25.000 servi della gleba, 300 grandi pascoli e 16.000 guardiani di gregge. La ricchezza dei monasteri andava ai Lama di più alto rango, molti dei quali rampolli di famiglie aristocratiche, mentre invece la maggior parte del clero più basso era povero come la classe contadina dalla quale discendeva. Questa disuguaglianza economica classista all’interno del clero tibetano, è strettamente paragonabile a quella del clero cristiano dell’Europa medievale. Insieme al clero superiore, i leaders secolari facevano la loro parte. Un esempio considerevole fu il comandante in capo dell’esercito tibetano, che possedeva 4.000 chilometri quadrati di terra e 3.500 servi. Egli era anche un membro del Consiglio terriero del Dalai Lama. (9) L’Antico Tibet è stato rappresentato da alcuni dei suoi ammiratori occidentali come “una nazione che non necessitava forze di polizia perché il suo popolo osservava spontaneamente le leggi del karma.” (10) In realtà era dotato di un esercito professionale, sebbene di piccole dimensioni, che era al servizio dei proprietari terrieri come gendarmeria, con l’incarico di mantenere l’ordine e catturare i servi della gleba fuggitivi. (11)
I ragazzini tibetani venivano regolarmente sottratti alle loro famiglie e condotti nei monasteri per essere educati come monaci. Una volta laggiù, erano vincolati per tutta la vita.
Nell’Antico Tibet vi era un piccolo numero di agricoltori il cui stato sociale era una sorta di contadino libero, e forse un numero aggiuntivo di 10.000 persone, le quali costituivano la “classe media”, famiglie di mercanti, bottegai e piccoli commercianti. Migliaia di altri erano mendicanti. Una piccola minoranza erano poi schiavi, di solito servi domestici, che non possedevano nulla. La loro prole nasceva già in condizioni di schiavitù. (13)
Nel 1953, la maggioranza della popolazione rurale – circa 700.000 su una popolazione totale stimata 1.250.000 – era composta da servi della gleba. Vincolati alla terra, veniva loro assegnata soltanto una piccola parcella fondiaria per poter coltivare il cibo atto al sostentamento. I servi della gleba e il resto dei contadini dovevano in genere fare a meno dell’istruzione e delle cure mediche. Trascorrevano la maggioranza del loro tempo sgobbando per i monasteri e per i singoli Lama di alto rango, e per un’aristocrazia secolare, laica, che non contava più di 200 famiglie. Essi erano in effetti proprietà dei loro signori, che gli comandavano quali prodotti della terra coltivare e quali animali allevare. Non si potevano sposare senza il consenso del loro signore o Lama. Se il suo signore lo avesse inviato in un luogo di lavoro lontano, un servo avrebbe potuto essere facilmente separato dalla sua famiglia. I servi potevano essere venduti dai loro padroni, o sottoposti a tortura e morte. (14)
Se dobbiamo dar credito al racconto di una donna ventiduenne, ella stessa serva fuggiasca, il signore tibetano era solito selezionare fra il meglio della popolazione femminile di servitù della gleba: “Tutte le ragazze graziose della servitù erano solitamente prese dal proprietario come domestiche e trattate come lui desiderava.” Esse “erano soltanto schiave senza alcun diritto.” (15) La servitù necessitava di un permesso per recarsi ovunque. I proprietari terrieri avevano l’autorità legale di catturare e impiegare metodi coercitivi, sino alla violenza, nei confronti di quelli che tentavano di fuggire, obbligandoli a tornare indietro.
Le dottrine pedagogiche della teocrazia ne appoggiarono e rafforzarono l’ordine sociale classista. Si insegnava ai poveri e agli afflitti che i propri guai erano su di loro a causa del loro comportamento sciocco e immorale nel corso delle loro vite precedenti. Dovevano quindi accettare la miseria della loro esistenza presente come un’espiazione e in anticipo, solo così il loro destino, la loro sorte sarebbero migliorati se fossero rinati, se si fossero reincarnati. I ricchi e potenti consideravano naturalmente la loro buona fortuna come una ricompensa e una dimostrazione tangibile di virtù nelle vite passate e presenti.
Il dispotismo teocratico era stato per anni il principio informatore. Nel 1895, un visitatore inglese in Tibet, il dr. A. L. Waddell scrisse che i tibetani erano assoggettati all’ “intollerabile tirannia dei monaci” e alle superstizioni diaboliche che essi avevano modellato al fine di terrorizzare le persone. Perceval Landon descrisse nel 1904 la regola del Dalai Lama come una “macchina da sopraffazione” e un “ostacolo ad ogni progresso umano.” Più o meno a quel tempo, un altro viaggiatore inglese, il Capitano W.F.T. O’Connor notava che “i grandi proprietari terrieri e i sacerdoti… esercitano ciascuno all’interno del proprio dominio un potere dispotico dal quale non c’è appello,” mentre il popolo è “oppresso dalla più mostruosa crescita di monachesimo e clericalismo che il mondo abbia mai visto.” I governatori tibetani, come quelli europei durante il medioevo, “forgiarono innumerevoli armi per asservire il popolo, inventarono leggende umilianti e stimolarono uno spirito di superstizione” fra la gente comune. (23)
La conoscenza è una prerogativa dei monasteri custodita gelosamente, ed è strumentalizzata per aumentare la loro influenza e ricchezza…” (24)
Caro Paolo tu accusi giustamente la Chiesa cattolica di certe nefandezze perpretate nei diversi secoli dal 300 in poi, ma nal 1500 i popoli europei, chi prima e chi dopo, a dette nefandezze si sono ribellati. Ora mi domando, perche’ non definire nefandezze le azioni poste in essere dai Delai Lama fino al XX secolo? Anche la Chiesa cattolica e i principi hanno innalzato chiese e palazzi, hanno favorito le arti, il tutto a spese del popolo che si lasciava ignorante e povero. Oggi le epoche in cui questi fatti si verificavano le condanniamo, cominciando da te. Perche’ tu usi un diverso trattamento per i cattolici e per i buddisti? E’ vero, permettimi di dirti, le fedi tutte sono integraliste.
Saluti, Massimo Sega