Medici con il sangue in bocca… Giuseppe Pulina e Anna Nudda
Carissimi, vi riporto questo vergognoso quanto sconcertante documento con l’invito di scrivere alcune righe di disapprovazione per la demenziale ignoranza o l’infamia della malafede di questi signori che propugnano una dieta più adatta alle iene che a dei bambini. Facciamogli capire che quando ritorneranno nell’ombra un grido di giubilo si alzerà poderoso da tutta la creazione e invitiamoli a pentirsi per tutto il male fatto agli animali, massacrati a causa delle loro false teorie, e per tutto il dolore (e forse la morte) di molti esseri umani (compresi i bambini) per le malattie derivanti dal consumo della carne da loro consigliata.
Franco Libero Manco
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Comunicato stampa Dall’Associazione per la Scienza e le Produzioni Animali Sviluppo neuropsichico del bambino: “La carne è indispensabile” Per lo svezzamento, iniziare con quella di agnello “Gli apporti di ferro, zinco e vitamina B12 sono fondamentali durante la crescita del bambino. Gli alimenti di origine animale sono in genere una buona fonte di questi elementi nella dieta, che, altrimenti, devono essere assunti come integratori che non sono naturali”. Parola di Anna Nudda, della sezione di Scienze Zootecniche del Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari. E da Giuseppe Pulina, professore ordinario di Zootecnica Speciale dell’Università di Sassari e presidente Aspa, arriva anche la “sequenza” delle carni più adatte per la nutrizione dei piccoli.“Con una dieta priva di carne il bambino rischia ritardi nella crescita e nello sviluppo psico-fisico, motorio e cognitivo come conseguenza di possibili carenze di alcuni elementi essenziali”. E’ quanto afferma Anna Nudda, della sezione di Scienze Zootecniche del Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari e socia Aspa (Associazione per la Scienza e le Produzioni Animali). Nell’alimentazione della prima infanzia, spiega, la carne è fondamentale: “Le linee guida per l’alimentazione complementare dei bambini pubblicate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomandano, a partire dai sei mesi di età, l’assunzione giornaliera di alimenti di origine animale. E mettono in evidenza che se la carne è assente nella dieta, per garantire al bambino gli apporti di microelementi fondamentali come ferro e vitamina B12, è necessario utilizzare alimenti ‘fortificati’ o integratori. Ma assumere integratori è come sostituire la natura con prodotti di sintesi”. Pienamente d’accordo Giuseppe Pulina, professore ordinario di Zootecnica Speciale dell’Università di Sassari e presidente ASPA, che ricorda: “La biodisponibilità di ferro e di B12 nella carne è superiore a quella di qualsiasi alimento fortificato. Diverse ricerche hanno ampiamente evidenziato che bambini allattati al seno da madri vegane e vegetariane o svezzati senza carne manifestano carenze di vitamina B12 con sintomi di anemia megaloblastica, ipotonia, alterazioni a fegato e milza”. Dagli esperti arrivano anche i consigli per introdurre in modo corretto la carne nella dieta dei piccoli. In particolare, spiegano che a guidare nella scelta è l’età del bambino. “Tutte le carni sono adatte per l’alimentazione del bambino. Più che altro i pediatri suggeriscono una sequenza nella introduzione della carne nella dieta del bambino per motivi di allergenicità e digeribilità. In Italia, la prima carne generalmente consigliata a inizio svezzamento è quella di agnello, per la sua minore allergenicità rispetto ad altri tipi di carne in bambini con dermatite atopica e sindromi intestinali. L’uso di carne di agnello nella dieta dei bambini con dermatite atopica e ipersensibilità alimentari multiple è stata anche associata ad un significativo miglioramento clinico nella gravità delle lesioni eczematose. Inoltre la carne di agnello contribuisce al parziale rifornimento, per il giovane organismo, di acidi grassi a lunga catena – arachidonico, Epa e Dha – indispensabili per il completo sviluppo del cervello e del sistema visivo. Dal punto di vista nutrizionale, quindi, risulta salutare come certi tipi di pesce e ha il vantaggio di essere meno allergenica”. Per mantenerne inalterate le qualità nutrizionali, precisa il presidente Aspa, “l’agnello deve essere giovane, possibilmente agnello da latte, e la carne non deve essere sgrassata. Altrimenti è minore l’apporto degli acidi grassi a lunga catena”. Non ci sono, per Anna Nudda, particolari distinzioni da fare tra carni per la prima infanzia e carni per bambini di età superiore ai tre anni: “Diciamo che la carne delle principali specie di interesse zootecnico e alimentare vanno bene già dalla prima infanzia. E’ consigliato seguire però una sequenza temporale nella loro introduzione, per motivi di allergenicità, appunto, ma anche per la loro differente digeribilità”. La carne di agnello “ha una digeribilità, una succosità e un profilo acidico decisamente interessante per l’alimentazione della prima infanzia. Se si guardano gli ingredienti degli omogeneizzati in commercio, infatti, le linee per lo svezzamento prevedono tutte la presenza della carne d’agnello”. Le carni di pollo, tacchino e coniglio possono essere introdotte subito dopo, mentre quelle di vitello e manzo vanno assunte più avanti. A seguire, la carne di maiale, dal sapore più deciso. Qualsiasi tipo sia, la carne va proposta a cominciare dai tagli più magri.“Le carni molto grasse come il lardo, la pancetta, il guanciale, ma anche le bistecche di bovino ingrassato devono essere posticipate – spiega Pulina -, e le carni in scatola e i salumi devono essere forniti in quantità moderata, facendo attenzione agli ingredienti aggiunti alle carni durante la trasformazione (sale, spezie e additivi). I prosciutti magri e la bresaola possono andar bene poiché risultano comunque poveri di grasso, purché siano alimenti di qualità”. Il pesce, “in genere” è l’ultimo prodotto ad essere introdotto nella dieta dei bimbi in svezzamento – dice Anna Nudda – in quanto considerato un alimento a maggiore rischio allergenico”. Ci sono metodi di conservazione della carne da preferire quando il prodotto è destinato ai bambini? “Molto diffusi nella fase iniziale dello svezzamento sono i liofilizzati e gli omogeneizzati – chiosa Anna Nudda – In genere si tratta di una forma di conservazione di grande praticità e ne aumenta anche la digeribilità del prodotto”. Mentre per la carne tal quale, “conservare la carne in frigorifero (al buio e a basse temperature) è un consiglio valido per adulti e bambini. Questo consente di contrastare i processi di ossidazione”. Inoltre, precisa il professor Pulina, “una volta cotta, la carne va possibilmente consumata; infatti, la sua conservazione in frigorifero ne aumenta comunque la quantità di sostanze ossidate – e quindi potenzialmente nocive – in essa presenti”. Per la carne cruda, il congelamento a -20°C va bene ma non deve essere eccessivamente prolungato nel tempo “in quanto una lunga conservazione (oltre 6 mesi), anche a basse temperature, non impedisce i processi di ossidazione sia del grasso che della mioglobina della carne”. Attenzione, comunque, ai batteri in agguato nel frigorifero. “Molti problemi gastrointestinali – avverte Pulina – possono essere causati dalla microflora batterica presente all’interno del frigorifero, in grado di contaminare gli alimenti che in esso vengono conservati”. Un rischio soprattutto per gli alimenti che per essere consumati non necessitano di cottura, come i salumi. Per evitare spiacevoli inconvenienti, il professore suggerisce di “pulire periodicamente il frigorifero e di abituarsi a eliminare gli imballaggi dei prodotti acquistati, sostituendoli con pellicola per alimenti o carta stagnola. Bene, poi, conservare i prodotti nei contenitori fatti apposta per il frigo”. Sui metodi di cottura, “quello consigliato per la carne dei piccoli – suggerisce Anna Nudda – è al vapore o al microonde, che mantiene la concentrazione delle proteine e degli acidi grassi a lunga catena. Solo successivamente si potranno utilizzare la cottura ai ferri, alla griglia o al forno. In questi casi, attenzione però alle alte temperature e ai tempi di cottura prolungati che possono danneggiare la qualità nutrizionale della carne”. Quanto al pesce, continua Pulina, “qualsiasi tipo di cottura va bene, purché si evitino la piastra e la griglia, che tendono a bruciare la parte più esterna della tenera carne, con la conseguente formazione di composti considerati cancerogeni”.
Prof. Giuseppe Pulina gpulina@uniss.it
Dr.ssa Anna Nudda: anudda@uniss.it