Nuova etica vegetariana per superare vecchie e fallaci tradizioni religiose e di costume
“Saggio è colui che pur memore dell’antico guarda al nuovo” (Confucio)
Nulla come l’attaccamento alle trazioni preclude l’evoluzione umana, quelle tradizioni a cui fanno riferimento coloro che pur di non rinunciare al piacere della gola fanno riferimento, come il mangiare l’agnello durante le festività pasquali.
Era tradizione gettare i bambini deformi dalla rupe tarpea. Era tradizione offrire sacrifici umani per propiziarsi il favore degli dei.
Era tradizione bruciare vivi gli eretici nelle pubbliche piazze. Era tradizione la schiavitù, che la donna fosse considerata proprietà del marito.
Era tradizione per i cannibali mangiare la carne umana perché più squisita di quella animale.
A volte conservare le tradizioni come base della nostra cultura significa restare ancorati ai primordi, a necessità personali e sociali non più giustificabili. Senza il superamento delle tradizioni nulla di nuovo può germogliare nella società protesa verso la sua evoluzione. Nulla di ciò che viene detto o fatto ha valore imperituro.
Vi sono paesi in cui i sacrifici animali avvengono a cadenza ritmata, l’infibulazione delle bambine sono sacrosante tradizioni locali; alcuni difendono il loro antropofagismo. I sacrifici dei bambini bruciati vivi in onore di Moloch all’interno di un toro metallico era tradizione di Cartagine.
I missionari spagnoli, durante l’evangelizzazione degli indiani del Messico, lanciavano animali vivi nelle fiamme di un rogo perché le loro grida strazianti inculcassero ai nuovi convertiti il terrore dell’inferno. E la sofferenza umana? Nel campo degli abomini si inizia sempre con gli animali per finire con gli uomini.
La maledizione che pesa sull’umanità sarà annullata solo quando essa avrà capito che le sue sventure millenarie sono la risposta alla sua malvagità nei confronti del mondo animale.
Da sempre vittime della stregoneria, della caccia, della moda, della gastronomia, del sadismo, della magia, delle religioni. Durante il Medioevo le vittime maggiormente preferite della superstizione e della malvagità umana sono state: topi, asini, muli, caproni, bruchi, salamandre, sanguisughe ecc. Anche la colomba benché rappresentasse lo Spirito Santo e fosse simbolo della Vergine non sfuggi alle orge sanguinarie dei roghi.
Gli animali maggiormente perseguitati furono quelli che l’antichità pagana aveva onorato: il caprone di Pan, la civetta di Minerva-Atena, il gatto di Bastit e di Iside.
In particolare i gatti furono costantemente sacrificati al satanismo medioevale. In occasione delle festività di S. Giovanni, rinchiusi in un sacco o in un cesto, venivano gettati vivi, nel fuoco per il sollazzo generale. Ed in Francia era d’uso alla famiglia reale assistere a questi spettacoli.
Franco Libero Manco