Pasqua 2012 – Ipazia, l’agnella salvata dal macello, per riscattare la memoria dell’Ipazia trucidata dall’oscurantismo cristiano…

Ipazia, un simbolo di Speranza

Ipazia è il nome di una martire passata alla storia per essere stata condannata a morte dal vescovo Cirillo nei tempi oscuri dell’Inquisizione. Ipazia è anche il nome che io e la mia amica Paola, come me vegetariana per scelta etica, abbiamo scelto per una dolcissima agnellina di un mese di età, che abbiamo deciso di riscattare per salvarla dall’imminente olocausto pasquale, perpetrato da secoli in nome di una tradizione barbara e insensata.

Da tempo riflettevamo su come fare qualcosa di concreto per salvare almeno un animale; purtroppo adesso vanno molto di moda gli animalisti virtuali, quelli che commentano sui forum e i social network e fanno a gara per dimostrare chi è migliore, ma purtroppo gli animali hanno bisogno di azioni concrete, non di parole. Ed è raro che questo amore presunto dia la forza di esporsi in prima persona per dare il proprio contributo per cambiare qualcosa, anche solo come gesto simbolico per instillare un po’ di consapevolezza in chi vuole affrancarsi dalla dilagante indifferenza che sta avviluppando tutto e tutti, giustificando con dei luoghi comuni anacronistici ogni efferatezza compiuta verso chi non può difendersi e non ha voce per fare valere il proprio diritto alla Vita.

Dopo avere trovato una fattoria/agriturismo disposta ad accogliere un agnello in mezzo a tante altre creature salvate dal macello o da maltrattamenti, siamo andate una domenica mattina da un pastore di cui io conoscevo solo l’ubicazione, senza avere nessuna certezza di trovarlo e che l’operazione sarebbe riuscita. Abbiamo attraversato un vialetto sterrato, non senza qualche difficoltà a percorrerlo con la mia sedia a rotelle, e ci siamo trovate davanti a un recinto deserto e silenzioso in mezzo al verde, e all’interno un gregge in lontananza.

Fuori era esposto un cartello con due numeri di cellulare, ne abbiamo chiamato uno spiegando che eravamo interessate ad acquistare un agnello come animale da compagnia; il pastore ci ha risposto che comunque ce lo avrebbe dato vivo, anche se molte persone glielo chiedono già “pronto”, e dopo pochi minuti di attesa è arrivato con un camioncino. Ha chiamato un suo collega dicendogli di portarci un agnello già svezzato, altrimenti non sarebbe sopravvissuto, e abbiamo visto arrivare l’altro pastore tenendo Ipazia con disinvoltura e disinteresse per i piedi.

L’ho pregato di tenerla con delicatezza, e i due si sono guardati stupiti perché la delicatezza verso gli animali è un concetto che non fa parte dei loro parametri. Soprattutto erano increduli che qualcuno volesse acquistare un agnello per salvargli la vita, per loro era incomprensibile. Dopo avere contrattato il prezzo, lo ha caricato sul camioncino e portato all’auto della mia amica. Ipazia belava disperatamente non potendo capire cosa le stava succedendo, ed essendo stata purtroppo allontanata bruscamente dalla madre.

Sembrava il pianto di un neonato, era straziante, e la gioia di averla strappata alla morte era mista al senso di impotenza per non averli potuti salvare tutti. Appena il pastore ce l’ha caricata in auto nel bagagliaio, lei è saltata sui sedili posteriori, io ho iniziato ad accarezzarla mentre la mia amica guidava, dopo averle messo di fronte le ruote della mia carrozzina per impedirle di saltare davanti, e lei ha smesso subito di belare, sentendosi protetta,e si è accovacciata.

Quando le scattavo una foto si alzava subito come se volesse mettersi in posa. Prima di congedarci il pastore si è raccomandato “non andate a trovarvi dei guai per un agnello, che non vale niente”. Io gli ho risposto che per noi vale una vita salvata, e siamo partite. Dopo mezz’ora di viaggio siamo arrivata alla fattoria “La falda” di Campogalliano, dove Ipazia è stata accolta amorevolmente dai due gestori, e in poco tempo ha iniziato ad ambientarsi fra alcune caprette, galline, maiali e altri animali da cortile che inconsapevolmente hanno la fortuna di fare la vita naturale che sarebbe un legittimo diritto di ogni animale soggiogato dalla crudeltà umana. In realtà poi abbiamo saputo che lo svezzamento non era finito e che per un po’ di giorni dovrà ancora essere nutrita con il latte di capra.

Il nostro gesto è stato come una goccia in un oceano, ma del resto l’oceano è fatto di gocce, e almeno per questa creatura abbiamo fatto la differenza fra la vita e la morte.

Divulghiamo questa storia nella speranza che possa essere uno spunto di riflessione per altre persone sul valore della vita degli animali, e su quanto ognuno, con le proprie scelte quotidiane, può fare la differenza per costruire un mondo migliore.

Linda Guerra
(teodolinda.guerra@libero.it)

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