Al Qaida getta la maschera… è sempre stata dalla parte degli USA… dall’attentato alle Twin Towers fino all’invasione della Siria

Ante scriptum

…Non riuscivano a convincere il mondo sulle cattive intenzioni di Saddam… ed ecco che “provvidenzialmente” arriva l’attentato di Bin Laden alle Torri Gemelle, sbriciolate in polvere su se stesse per “l’impatto” di un semplice areoplanino di linea.. Dell’altro impatto sul Pentagono non se ne parlò più, poichè le foto mostravano un “buco piccolo e preciso ” che un aereo di linea non avrebbe mai potuto causare..

Insomma Al Qaida ha fatto un gran favore alla politica espansionista USA (e dei suoi alleati), un vero “buon affare” che giustificò l’attacco all’Iraq, prima, ed all’Afganistan, poi… “Scovato” successivamente Bin Laden, con una misteriosa operazione segreta, viene fatto sparire dalla circolazione, e “sepolto in mare il cadavere” -dicono le fonti USA-.. ma i video del blitz in Pakistan mostrano un uomo che non è Bin.. è un vecchietto con la barba…. Subito dopo Al Qaida da una mano sostanziale a rovesciare il regime libico, “perchè non abbastanza musulmano” dicono i capi bastone.

Recentemente appaiono sui giornali (foraggiati dal NWO) ampi articoli sul “testamento morale” di Bin Laden in cui egli diceva ai suoi figli “non diventate terroristi.. ma andate a studiare ad Harvard e vivete in pace con gli USA”.

Ora infine giungono le ultime notizie che Al Qaida si dichiara favorevole alla coalizione occidentale contro la Siria e l’Iran…

Vi dice nulla tutto ciò? Per logica induttiva si direbbe che un filo conduttore lega gli eventi dall’inizio alla fine.. Io ne ho tratto le mie conclusioni, che non sono solo mie, così la pensano anche altri analisti…
(Paolo D’Arpini)

Il discorso continua con Giulietto Chiesa…

Vi propongo un articolo di Thierry Meyssan, pubblicato dal più diffuso quotidiano russo, la «Komsomolskaja Pravda», e ignorato da tutti i media occidentali (e già questo è assai significativo).

Il pezzo contiene informazioni sulla Siria che, se verificate, sarebbero sensazionali.

La prima indica che Mosca ha deciso non solo di rompere gl’indugi e di mettere mano direttamente alla questione siriana, scendendo in campo non solo diplomaticamente ma anche con l’intervento di consiglieri militari e di altro genere, dalla parte del governo di Damasco. Non solo. Mosca sarebbe riuscita a far mutare posizione alla Turchia e al Libano, i cui territori hanno dato rifugio alle forze militari che, dall’esterno, hanno agito contro il governo di Bashar el-Assad.

La seconda cosa che traspare è che l’Amministrazione americana, senza gridarlo ai quattro venti, avrebbe abbandonato i suoi protetti del Consiglio Nazionale Siriano e avrebbe, per così dire, fatto una discreta marcia indietro.

I motivi di queste modificazioni di rotta – sempre che esse siano reali- potrebbero essere diversi. Uno dei quali, si potrebbe supporre, è calmare i bollenti spiriti di Israele, che potrebbe approfittare del caos per lanciare l’attacco di sorpresa contro l’Iran.

Tuttavia molti sono gl’indizi che la partita siriana non è ancora affatto chiusa, sebbene la Russia sia sicuramente più presente e determinata di quanto non fosse stata fino a due mesi fa.

L’incontro tra Bashar el-Assad e Sergej Lavrov, il ministro degli esteri russo, è avvenuto a Damasco all’inizio di febbraio. Lavrov era accompagnato da una fitta delegazione di esperti, non certo soltanto “commerciali”.

Tuttavia sabato scorso Lavrov dichiarava in pubblico, con toni molto duri, che la proposta della Lega Araba di far intervenire le Nazioni Unite era inaccettabile e evocava senza mezzi termini il rischio, “da non escludere”, della “ripetizione in Siria dello scenario libico”.

Lavrov aggiungeva due domande che appaiono ridurre la portata delle rivelazioni di Meyssan: ha il “Consiglio Nazionale Siriano” (opposizioni diverse) qualche mezzo per influire sulle decisioni dell’”Esercito siriano di liberazione”? E, nel caso non lo abbia, allora chi è che dirige quelle forze militari?

Domanda retorica, naturalmente. Ma che indica che l’intervento armato dall’esterno non è affatto disinnescato.

Il tutto mentre si è rifatto vivo Ayman al-Zawahiri, cosiddetto numero 1 di Al-Qa’ida dopo la – si fa per dire- morte di Osama bin Laden, per lanciare la guerra santa contro Bashar. Doppiato dalle infiltrazioni massicce di armi, munizioni e uomini dal confine iracheno, e dalle dichiarazioni di guerra santa provenienti dal confine giordano, dove la Fratellanza Musulmana è in piena mobilitazione.

Dunque forse la Russia sta muovendo in termini nuovi le sue pedine, ma non ha ancora affatto rovesciato la situazione. La guerra continua e ormai non si differenzia più da una guerra civile di vaste proporzioni. I sostenitori esterni hanno già ottenuto questo risultato ed è estremamente difficile che le bocce si fermino.

Giulietto Chiesa

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Finale di partita nel Vicino Oriente

di Thierry Meyssan – -«Komsomolskaya Pravda» – «Rete Voltaire».

Mentre i combattimenti non sono ancora cessati nel quartiere ribelle di Homs e intanto che le autorità siriane e libanesi non hanno ancora dato notizia della loro recente azione, Thierry Meyssan ha fatto un primo bilancio delle operazioni, lunedì sera sul primo canale russo, in base alle sue informazioni di prima mano che ora condivide con i lettori della Rete Voltaire.

Da undici mesi, le potenze occidentali e del Golfo conducono una campagna di destabilizzazione della Siria. Diverse migliaia di mercenari si sono infiltrati nel paese. Reclutati da mestatori in Arabia Saudita e Qatar in seno alla comunità sunnita estremista, sono venuti a rovesciare “l’usurpatore alauita” Bashar al-Assad per imporre una dittatura di ispirazione wahhabita. Dispongono delle più sofisticate attrezzature militari, compresi sistemi di visione notturna, centrali di comunicazione, e robot per la guerriglia urbana. Sostenuti sottobanco dalle potenze della NATO, hanno inoltre accesso alle informazioni militari essenziali, specie le immagini satellitari dei movimenti delle truppe siriane e le intercettazioni telefoniche.

Questa operazione è subdolamente presentata al pubblico occidentale come una rivoluzione politica schiacciata nel sangue da una dittatura spietata. Naturalmente, questa menzogna non è universalmente accettata. La Russia, la Cina e gli Stati americani membri dell’ALBA la respingono. Ognuno ha infatti esperienze storiche che permettono loro di capire velocemente cosa sia in gioco. I russi pensano alla Cecenia, i cinesi allo Xinjiang, e gli americani a Cuba e Nicaragua. In tutti questi casi, al di là delle apparenze ideologiche o religiose, i metodi di destabilizzazione della CIA sono stati gli stessi.

La cosa più bizzarra in questa situazione sta nell’osservare i media occidentali mentre si auto-convincono che i salafiti, i wahabiti e i combattenti dell’annessa Al-Qa’ida si siano presi una cotta per la democrazia, mentre questi ultimi non smettono mai di fare appello – sui canali satellitari sauditi e qatarioti – affinché siano sgozzati gli eretici alauiti e gli osservatori della Lega Araba. Poco importa che Abdelhakim Belhaj (numero 2 di Al Qa’ida e attuale governatore militare di Tripoli, in Libia) sia venuto di persona a collocare i suoi uomini nel nord della Siria, e che Ayman Al-Zawahiri (numero 1 di al-Qa’ida dalla morte ufficiale di Osama bin Laden) abbia fatto appello alla jihad in Siria: la stampa occidentale continua comunque il suo sogno romantico di una rivoluzione liberale.

La cosa più ridicola sta nel sentire i media occidentali ripetere pedissequamente le accuse quotidiane formulate dal ramo siriano della Fratellanza Musulmana che diffonde dispacci sui crimini del regime e le sue vittime, sotto la firma dell’Osservatorio siriano dei diritti dell’uomo. Di grazia, da quando in qua questa confraternita di golpisti è così interessata ai Diritti umani?

Ayman Al-Zawahiri, numero 1 di al-Qa’ida dopo la morte ufficiale di Osama bin Laden
ha fatto appello alla jihad a fianco degli occidentali per far cadere il regime baathista siriano.

Sarebbe bastato che i servizi segreti occidentali mettessero in scena il burattino denominato “Consiglio nazionale siriano”, il cui Presidente è un professore della Sorbona e per portavoce ha l’amante dell’ex capo della DGSE (uno dei servizi segreti francesi, NdT), per far sì che dei “terroristi” diventassero dei “democratici”. In un batter d’occhio, la menzogna diventa verità dei media. Le persone rapite, mutilate e uccise dalla Legione wahhabita sono diventate nella stampa vittime del tiranno. I coscritti di tutte le confessioni che difendono il proprio paese contro l’aggressione settaria sono diventati soldati alauiti che opprimono il loro popolo.

La destabilizzazione della Siria da parte degli stranieri è diventato un episodio della «Primavera araba». L’emiro del Qatar e il re dell’Arabia saudita, due monarchi assoluti che non hanno mai organizzato elezioni nazionali nei loro paesi e incarcerano i manifestanti, sono diventati campioni della rivoluzione e della democrazia. Francia, Regno Unito e Stati Uniti, che hanno appena ucciso 160mila libici in violazione del mandato ricevuto dal Consiglio di Sicurezza, sono diventati filantropi responsabili della protezione delle popolazioni civili. Ecc.

Tuttavia la guerra a bassa intensità che la stampa occidentale e del Golfo nasconde dietro questa mascherata si è conclusa con il doppio veto di Russia e Cina del 4 febbraio 2012. Alla NATO e ai suoi alleati è stato ordinato di cessare il fuoco e ritirarsi, a rischio di causare una guerra regionale, cioè anche mondiale.

Il 7 febbraio una folta delegazione russa, compresi i più alti responsabili dell’intelligence esterna, è giunta a Damasco dove è stata salutata da una folla plaudente, certa che il ritorno della Russia sulla scena internazionale segnava la fine dell’incubo. La capitale, ma anche Aleppo, la seconda città del Paese, erano pavesate con colori bianco, blu, rosso, e sfilavano dietro striscioni scritti in cirillico. Al palazzo presidenziale, la delegazione russa ha raggiunto le delegazioni di altri Stati, incluse quella della Turchia, dell’Iran e del Libano. Una serie di accordi è stata raggiunta per il ritorno alla pace. La Siria ha restituito 49 istruttori militari catturati dall’esercito siriano.

La Turchia è intervenuta per fare liberare gli ingegneri e i pellegrini iraniani rapiti, compresi quelli detenuti dai francesi (in proposito, il tenente Tlass che li sequestrava per conto della DGSE è stato liquidato).

La Turchia ha cessato ogni supporto all’«Esercito Siriano Libero», ha chiuso le sue installazioni (ad eccezione di quella situata nella base NATO di Incirlik), e consegnato il suo comandante, il colonnello Riad el-Asaad.

Alla Russia, che si è fatta garante degli accordi, è stata autorizzata la riattivazione dell’ex base sovietica di intercettazione del Monte Qassioum.

Il giorno dopo, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha informato l’opposizione siriana in esilio che non doveva più contare su un aiuto militare USA.

Rendendosi conto che hanno tradito il loro paese per niente, i membri del Consiglio nazionale siriano sono partiti in cerca di nuovi sponsor. Uno di loro arrivando perfino a scrivere a Benjamin Netanyahu per supplicarlo affinché invada la Siria.

Dopo una latenza di due giorni, necessaria per l’attuazione degli accordi, gli eserciti nazionali non solo della Siria, ma anche del Libano, hanno preso d’assalto le basi della Legione wahhabita.

Nel nord del Libano, un massiccio arsenale è stato sequestrato a Tripoli e quattro agenti occidentali sono stati fatti prigionieri nel distretto di Akkar presso una scuola abbandonata dell’UNRWA trasformata in quartier generale militare.

In Siria, il generale Assef Shawkat in persona ha comandato le operazioni. Almeno 1.500 combattenti sono stati catturati, tra cui un colonnello francese del servizio tecnico di comunicazione della DGSE, e più di mille persone sono state uccise.

In questa fase non è possibile determinare quante vittime siano tra i mercenari stranieri, quanti siriani stiano collaborando con le forze straniere, e quanti siano i civili intrappolati nella città in guerra.

Libano e Siria hanno ripristinato la loro sovranità sull’insieme del proprio territorio.

Degli intellettuali discutono per sapere se Vladimir Putin non abbia commesso un errore nel proteggere la Siria al costo di una crisi diplomatica con gli Stati Uniti. Questa è una questione mal posta.

Nel ricostituire le sue forze per anni e affermandosi sulla scena internazionale odierna, Mosca ha messo fine a due decenni di un ordine mondiale unipolare in cui Washington poteva estendere la sua egemonia fino a ottenere un dominio globale. La scelta non era quella di allearsi o con la piccola Siria, o con i potenti USA, ma o di lasciare che la prima potenza mondiale distruggesse un altro Stato ancora o di rovesciare i rapporti di forza e creare un ordine internazionale più giusto nel quale la Russia abbia voce in capitolo.

Fonte: «Komsomolskaya Pravda».

(Traduzione per Megachip a cura di Vladimir Santa Cruz)

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