Elisabetta Rosaspina: “Israele e la baby peccatrice..”
Gracile, pallida pallida, un sorriso largo e spontaneo, “la piccola Na’ama”, come ormai è nota in tutta Israele, non pensava di diventare un simbolo. Anzi, due. Prima il simbolo della peccaminosa tentazione, con le sue magliette dalle maniche troppo corte e un abbigliamento vivace, giudicato “immodesto”. Poi il simbolo del riscatto femminile, o addirittura femminista, dai legacci di una cultura religiosa intransigente e sospettosa verso la femminilità. Per non dire discriminatoria, nella sua maniacale preoccupazione di tenere uomini e donne a debita distanza fra loro, a qualunque età.
A 8 anni, ancora da compiere, Na’ama aveva semplicemente deciso di non voler più percorrere quelle poche centinaia di metri che separano la sua casa dalla sua scuola, a Beit Shemesh, cittadina molto religiosa a nord ovest di Gerusalemme: un tragitto terrificante per le minacce, gli insulti, gli sputi che le attirava il suo guardaroba colorato e infantile, i suoi capelli liberi attorno al faccino pulito. Così piccola e già condannata come una peccatrice dagli zeloti ortodossi che popolano il severo microcosmo.
La sua storia, raccontata venerdì 23 dicembre 2011, alla tivù israeliana, le sue lacrime, la sua paura e il suo smarrimento hanno mobilitato l’opinione pubblica, oltre alla stampa: altre troupe televisive sono andate a Beit Shemesh a riprendere il panorama della segregazione femminile. E sono state accolte a sassate. Come una qualunque malafemmina.
La polizia è intervenuta per rimuovere i cartelli che istruiscono le donne di passaggio sull’atteggiamento corretto da mantenere:
camminare veloci, sul marciapiede adibito, senza sconfinamenti, occhi bassi, testa coperta, maniche lunghe.
Alcuni negozi hanno ingressi differenziati, uno per uomini e l’altro per donne, onde evitare impuri contatti sull’uscio. Ma l’ispezione della polizia e l’annuncio del comune di voler installare 400 telecamere per scoraggiare le aggressioni puritane, hanno provocato altri disordini, il ferimento di un poliziotto e un tremendo nervosismo nella comunità ortodossa.
Nelle prossime ore è prevista una marcia organizzata da movimenti progressisti decisi a far valere la legge dello Stato su quella dei rabbini e a proclamare la libertà di circolazione e, magari, perfino di scelta di un sedile sull’autobus, dove gli ortodossi cercano di mantenere un settore femminile sempre ben distinto da quello maschile.
Un giovane “haredim” è stato arrestato, processato e rilasciato per le molestie a Na’ama, con l’ordine di stare lontano dalla città per una settimana. Il rabbino Shimon Shasi, leader del gruppo locale ultra osservante Eda Haredit, ha testimoniato in sua difesa davanti al giudice, sostenendo – riferisce il quotidiano Jerusalem Post – che le donne hanno un trattamento privilegiato all’interno della comunità ortodossa: “In famiglia sono trattate come re” ha giurato. Sì, “re”. Al maschile.
I problemi iniziano quando aspirano a sentirsi “regine”.
Elisabetta Rosaspina
(Fonte: 27 Ora Corriere)