Per amore, solo per amore.. di Michelangelo Merisi da Caravaggio
Ero là, bocconi sulla sabbia, a ingurgitare sciabolate di luce, ferite di buio; e i miei occhi…oh, i miei occhi, brucianti di vita, quella vita che lenta si spegneva dentro me, attorno a me.
L’arsura, il freddo, la notte, il giorno.
Mari tempestosi riempivano l’orizzonte, mentre il litorale si stendeva placido riempiendo gli occhi con il suo infinito. La pace, la pace immensa che cancellava l’incupirsi di ogni cielo, l’assurdo e interminabile svoltare di angoli del mio labirinto. Cosa avrò mai fatto, perchè io?
Eppure, mi dicevano, eppure….tu dipingi la vita stessa, tu la fai conoscere a noi mortali, nella sua vera e più schietta essenza…il trionfo delle tue figure sulla tela è la nostra stessa vittoria, la testimonianza che viviamo, e che vivremo per sempre, perchè la mente di quello stesso dio che si agita dentro di noi ci ha visti così: patetici ma saggi, sconfitti ma degni d’amore, bruti o eccelsi, infinitamente stupidi perchè infinitamente vivi.
La mia gioia è la mia dannazione. E in fondo, due facce della stessa moneta. C‘è un prezzo per tutto, così dicono.
Ed ora, signori, io ho pagato; sì, pagato, e per bene.
La luce, il buio. Il pieno, il vuoto.
Ora la mia stessa ombra, io la vedo, vaga fra i cimiteri dei morti viventi esondanti di ossa dei vivi già morti da sempre. Quell’ombra sembra braccarmi da vicino, mi incalza, mi sovrasta.
E allora, io….?
Un gioco, uno stupido gioco? Oppure una furfanteria della sorte? O, meglio ancora, la decisione di calcare questo palcoscenico ribaldo, da dove…da dove mai era scaturita?
Vagamente, comprendevo.
Comprendevo, per esempio, che la luce in verità stava ingoiando il mio buio. Ed ogni sferzata, ogni cazzotto preso, ogni ingiuria, ogni goccia di sudore e di sangue….tutto, tutto era stato un dono dei miei complici, i compagni della mia recita terrena. Rinsavire è il senso del mio viaggio, e il contributo di tutti costoro, chiamateli amici se volete, è stato fondamentale.
Cali ordunque il sipario; si finisce, e si ricomincia.
Ma stavolta, perdio, ah, stavolta sarà diversa, lo giuro a me stesso.
Quello che però non potrò mai, mai dimenticare, è il volto che si chinava su di me e baciava la mia bocca, che prendeva la mia mano fra le sue, portandola sui seni turgidi e accoglienti; questo è stato difficile lasciarlo, però…lo ritroverò, questo lo so.
Parto, lascio tutto; le maschere di cartapesta dello spettacolo si accartocciano, prive di valore. Il pubblico rumoreggia, ma tant’è: non si può rinviare. D’altronde non troveranno di meglio che affollare qualche altro teatro e sollazzarsi davanti a qualche altro spettacolo, certo più in voga di questo che oramai ha chiuso i battenti.
E là dove vado non c’è più chiaroscuro da dipingere. Quindi, trattenete gli applausi, risparmiate il fiato.
Rimane, di vero, la pulsazione del calore nelle sue vene e nelle mie, la luce nei suoi occhi che mai potrò dipingere qual’è davvero, perchè non ne sono nè maestro nè padrone, ma solo servo: l’amore.
Simone Sutra – simsmeraldo@gmail.com