G. Migliorino: “Meglio essere pezzenti ed affamati che schiavi delle banche….”
La truffa del debito è al suo epilogo finale.
La crisi del debito non si risolve con altro debito. Il problema del sistema capitalista, il virus che ne invade il tessuto, è il modo in cui il denaro (rappresentativo degli scambi commerciali) diventa debito.
Dopo circa 50 anni, il banchiere espropria i beni reali dell’economia: il “suo” tasso di interesse, cumulandosi negli anni, ingigantisce il debito di partenza rendendolo inesigibile e, dunque, lo conduce al foreclosure (pignoramento dei beni collaterali dati a garanzia).
Adesso badate bene: il banchiere non è cretino… sa bene che, se indebitasse i cittadini di quella comunità, questi potrebbero “mangiare la foglia” e capire che i conti non tornano. Qualcuno potrebbe “fiutare” la truffa, semplicemente riflettendo sul fatto che, anno dopo anno, continuando a fare le stesse cose che facevano prima (produrre e scambiare tra loro i loro prodotti) si mettono sempre più nelle mani del banchiere… gli devono una porzione sempre maggiore del loro lavoro, per il solo fatto di usare i “tagliandi” (soldi) che questi stampa.
Qualcuno, capito il meccanismo truffaldino, potrebbe, dunque, suggerire di tornare al baratto, oppure stampare da soli quei tagliandi (i soldi utilizzati) senza applicare alcun interesse…
E questo il banchiere lo sa e, quindi, deve cercare di impedirlo… a tutti i costi.
Come?
Indebitando la “Stato”… l’organo istituzionale che rappresenta quella comunità.
Capite la genialità della truffa?
Invece di prestare soldi ai cittadini, li presta allo Stato… questo, dunque, si indebita sempre più (per il meccanismo di cumulo degli interessi), mentre i cittadini, apparentemente, prosperano (il denaro, facilita gli scambi rispetto al baratto).
Sicché, quando il debito dello Stato diventa insostenibile, si metterà in discussione la capacità e l’onestà degli amministratori pubblici, piuttosto che il sistema (del denaro a debito) che conduce inevitabilmente a quel risultato.
Ed è quello che succede puntualmente in tutto il mondo: paesi come la Grecia, l’Italia, Portogallo, Islanda, etc… si sono indebitati a posto dei cittadini, e quel debito, generosamente concesso dal banchiere (nel nostro caso la Banca d’Italia… che è privata), ha permesso alcuni anni di “benessere”, per poi diventare, al mutare del ciclo economico, la corda con cui strangolare l’economia.
Indebitare lo Stato, invece che i cittadini, risponde all’esigenza primaria di allontanare da sè (dal banchiere) il sospetto di avere ordito una gigantesca truffa ai danni di quella comunità. Sicché è lo Stato a diventare responsabile di tutti i peccati commessi ed i cittadini è con esso che se la prendono.
Non è geniale?
Ma, finalmente, qualcuno comincia a capire… gli indignatos cominciano a puntare il dito verso il banchiere e, per la prima volta nella storia, il banchiere (Trichet, Draghi, etc..), tirato in ballo, si dichiara d’accordo con le loro ragioni.
Ma, badate bene: il banchiere non sta ammettendo che è il suo “sistema” l’origine del problema. Tira ancora in ballo lo Stato per non aver saputo soddisfare le richieste di opportunità, lavoro, welfare che provenivano dai suoi cittadini.
E quale ricetta propone il banchiere?
Tagliare le spese, alzare l’età pensionabile, ridurre l’assistenza…
Ma se riduci le spese, riduci di conseguenza i consumi e quindi crei recessione… cioè meno posti di lavoro.
Se alzi l’età pensionabile, blocchi il turn-over (gli anziani che vanno in pensione e liberano posti per i giovani) e, quindi, riduci le opportunità per coloro a cui hai espresso solidarietà.
Da una parte, dunque, comprensione e simpatia, dall’altra, ricette che aggravano le condizioni degli stessi giovani che stanno protestando.
Una straordinaria presa per il c..o.
Come se ne esce?
Comprendendo, additando ed attaccando il problema alla radice: ovvero uscendo dal sistema del “denaro a debito”.
Li è l’origine del problema e quella bisogna rimuovere.
Per quale motivo il banchiere dovrebbe “caricare” un interesse sui pezzi di carta che stampa e che servono solo per facilitare gli scambi?
Che ci mette del suo (a parte i pochi centesimi necessari alla produzione di quei tagliandi), cosa rischia?
E’ ovvio che quello è un indebito arricchimento… un privilegio basato su una truffa evidente.
Ed è quel privilegio che bisogna eliminare, perché esso comporta, corrispondentemente, l’impoverimento di chi dovrà pagarlo.
Il denaro che circola nell’economia e rappresenta i beni e servizi in vendita secondo l’equazione M*V=P*Q, non comporta alcun interesse a carico di nessuno. Si tratta di “tagliandi” il cui valore dipende dalla “fiducia” che in essi ripone la comunità che li usa.
Senza quella fiducia, il loro valore è zero.
Non il banchiere, ma la comunità stessa è titolare, dunque, del valore dei soldi. E, quindi, non c’è alcun motivo di farglieli pagare.
Da questo discende che il debito pubblico è una truffa. Una tassa fraudolenta imposta ai cittadini.
Rinnegare il debito pubblico, dunque, è un diritto sacrosanto, la prova del risveglio di una comunità addormentata.
E si può ottenere quell’obiettivo (la cancellazione del debito) in molti modi. il più semplice ed immediato è il default.
E chi si “indigna” a fronte della possibilità del default, o è pagato dal “banchiere”, oppure non ha capito bene come funziona il “sistema” e i danni che produce.
Spero vi rendiate conto che “sfidare” apertamente il “banchiere”, comporta gravi rischi anche personali: questo è un privilegio che produce ricchezza, potere, controllo… ed il “banchiere” non vuole neanche lontanamente rischiare di perderlo.
Si dice che molti uomini (tra cui Lincoln e Kennedy) siano morti ammazzati per avere messo in discussione quel privilegio.
Significa dire che qui si scherza col fuoco.
Sembra proprio che il 2012, sia l’anno dei grande attacchi (finanziari…??), sperando che agli attacchi finanziari non seguano quelli bellici.
Furor fit laesa saepius patientia… La pazienza troppo a lungo provocata, si trasforma spesso in furore. (Publilio Siro, 100 a.C).
G. Migliorino
P.s.: Credete veramente che sarà possibile cambiare l’Italia in sei mesi e fare quello che non è stato fatto in dieci anni, da quando cioè siamo entrati nell’ euro?