La letterina di Silvio Berlusconi a Bruxelles… per distruggere lo stato sociale e l’economia italiana
Con la lettera di Berlusconi a Bruxelles è stato imposto un nuovo giro di vite contro pensionati e lavoratori italiani. Queste manovre economiche oltre ad essere inique sono pure inutili: insistendo infatti con le cosiddette politiche di “austerità”, la domanda di merci, la produzione, l’occupazione, i redditi e quindi anche le entrate fiscali si ridurranno ulteriormente, per cui diventerà sempre più difficile rimborsare i debiti. In questo modo si scivola verso la recessione e la depressione economica, che comporta un calo del prodotto interno lordo, e alla fine il rapporto debito/pil sarà addirittura aumentato, e anziché contrastare la speculazione finanziaria, si finirà per alimentarla. È proprio a causa di tali politiche che la Grecia è già tecnicamente fallita, e proseguendo lungo questa via anche l’Italia, col Portogallo e la Spagna, finirà per incamminarsi verso un inesorabile default.
UN INACCETTABILE ATTACCO AL MONDO DEL LAVORO:
1) Nella normativa attuale (legge 223) esiste già la possibilità di licenziamenti collettivi in seguito a dichiarazione di uno «stato di crisi», verificato e certificato dalle istituzioni pubbliche. Mentre in questa lettera i licenziamenti per «motivi economici» saranno sostanzialmente «autocertificati» dai datori di lavoro e usati per colpire singoli dipendenti, magari scomodi per ragioni sindacali, e sostituiti con giovani senza garanzie, salari bassi e sindacalizzazione vietata
2) Entro maggio 2012 il governo varerà una legge per cui ai dipendenti licenziati dalle aziende “in crisi” sarà dovuto solo un risarcimento monetario (neppure quantificato in mesi di stipendio), ma senza più il diritto al reintegro sul posto di lavoro tramite ricorso al giudice
3) Per i dipendenti pubblici e parastatali, mobilità obbligatoria, Cassa Integrazione Guadagni e la cancellazione delle “piante organiche” verranno in realtà messi al servizio di tutte le privatizzazioni: cioè la Pubblica amministrazione sarà ridotta all’osso per cedere le sue attività (come sta già accadendo con la complicità di direttori generali di nomina governativa) ai privati.
4) L’affermazione di Sacconi secondo cui con la libertà di licenziamento si potrà garantire una maggiore occupazione, sarebbe ridicola se non fosse tragica: in Italia abbiamo il record della precarizzazione del lavoro e questo non ha comportato una riduzione della disoccupazione
5) Secondo il centro studi della CGIA di Mestre, se dal 2009 ad oggi fosse stata applicata una norma sui licenziamenti facili, il tasso di disoccupazione in Italia sarebbe schizzato all’11% anziché all’8,2% attuale, cioè ci sarebbero state 738 mila persone senza lavoro in più rispetto ad oggi, tutte persone espulse dopo la cassa integrazione.
6) che fine faranno i lavoratori licenziati a 50-55 anni? Lo dicano le imprese aderenti a Confindustria, che da un lato plaudono alle riforme e dall’altro lasciano sulla strada tante persone. Quando si parla con tanta leggerezza di licenziamenti per motivi di crisi si deve sapere che in questo momento abbiamo 400 mila cassaintegrati che leggendo questa novità potrebbero apprendere che presto saranno tutti licenziati
7) È prevista un’ulteriore «ristrutturazione» di scuole e università, con chiusure selettive e aumento delle rette a discrezione locale.
IN PENSIONE CON UN PIEDE NELLA FOSSA:
1) Con l’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni indicato nella lettera a Bruxelles, cui va aggiunto un anno di finestra mobile per uscire, l’Italia diventerà in Europa il Paese che lavora più a lungo di tutti.
2) le lavoratrici del privato come del pubblico, con la vecchiaia portata a 67 anni, si trovano d’improvviso a fare un salto di 7 anni in più di lavoro.
3) Per le lavoratrici del settore privato inizia già a gennaio 2012 il progressivo aumento dagli attuali 60 anni ai 65, per arrivare infine alla nuova soglia.
4) Anche la soglia dei 40 anni di anzianità, che la Lega afferma di aver difeso, è in realtà già sfondata: oggi di fatto servono 41 anni a causa dell’anno di finestra, e dal 2014 ben 41 e 3 mesi, per il legame automatico del pensionamento con l’aspettativa di vita.
5) se si lavorerà fino a 67-70 anni, i giovani quando subentreranno, a 47-50 anni? Ci saranno infermieri, operai in fonderia, muratori sulle impalcature a 67 anni?
LE CAUSE DELLA MANCATA CRESCITA ITALIANA….
1) La mancata crescita dell’economia italiana, a partire dagli anni ‘90, deriva da una parte dal ritardo tecnologico per gli scarsi investimenti in ricerca e formazione, e dall’altra da incapacità del sistema d’investire nei nuovi settori emergenti
2) La riduzione della produttività e della competitività italiana derivano sia dal ritiro dello Stato dai settori economici più avanzati sia dalle riforme del mercato del lavoro (pacchetto Treu e legge Biagi) che, precarizzando il lavoro, hanno abbattuto il costo del lavoro e scoraggiato così gli investimenti innovativi nel processo produttivo.
3) i processi di esternalizzazione hanno favorito il proliferare di piccole imprese le quali, riducendo le economie di scala e la ricerca tecnologica innovativa, hanno fondato la propria capacità di competere solo sulla produttività del fattore lavoro, cioè sull’intensità e sulla estensione del lavoro. Questo processo è andato avanti finchè c’è stata la possibilità di svalutare la lira per essere competitivi, poi è arrivato l’euro e i nodi sono venuti al pettine.
4) Tra il 1998 e il 2008 l’Italia ha fatto registrare una caduta record degli indici di protezione del lavoro, realizzando un contenimento senza precedenti della dinamica salariale. Ciò nonostante continuiamo a registrare un problema di competitività. Perché? Perché contemporaneamente anche la Germania ha fatto lo stesso. Nell’ultimo decennio la crescita reale dei salari tedeschi è stata pari a zero. Noi possiamo fare tutti i sacrifici che vogliamo, ma se la Germania non arresta la sua politica di deflazione salariale competitiva, è tutto inutile e salta l’euro.
5) il nostro paese soffre di una scarsa crescita come problema di lungo periodo. Avendo noi una inflazione strutturalmente più elevata che negli altri paesi perchè i prezzi dei servizi pubblici e privati tendono a crescere più rapidamente (anche dei salari), abbiamo perso competitività senza poterla recuperare con la nostra tradizionale arma della svalutazione dopo l’ingresso nell’Euro
…….. E LE POSSIBILI SOLUZIONI
1) a fissare i tassi di interesse, che sono variabile fondamentale per la sostenibilità del debito pubblico, non sono i mercati bensì le Banche centrali. L’Italia dunque è costretta a pagare ben cento miliardi di euro all’anno di interessi sul debito perchè la Bce non agisce come banca sovrana dei paesi europei, in modo da portare i tassi sui debiti di tutti i paesi europei più o meno ai livelli tedeschi. Ciò permetterebbe una stabilizzazione del rapporto debito/Pil che tranquillizzerebbe i mercati, e si tradurrebbe in avanzi di bilancio necessari al sostegno della domanda aggregata e della crescita, particolarmente rilevante nelle fasi recessive come l’attuale. Automaticamente verrebbero stabilizzate anche le banche, perché sono i timori di crollo degli Stati che sollevano preoccupazioni sulla solvibilità del sistema bancario. Dunque bisogna fare in modo che la Banca Centrale Europea agisca da vero prestatore di ultima istanza, acquistando titoli di Stato attraverso l’emissione di nuova moneta e soprattutto in misura molto più massiccia di quanto abbia fatto finora (dall’inizio della crisi la Bce ha aumentato il proprio portafoglio titoli appena del 77%, mentre la Federal Reserve ha aumentato la quantità di titoli, e perciò di emissione di moneta, di oltre il 200%. Lo scopo di una Banca centrale è stabilizzare l’economia di un Paese, non fare soldi! Timori d’inflazione per l’espansione della base monetaria non ce ne sarebbero perché i fatti dimostrano che durante l’attuale crisi, base monetaria e offerta di moneta hanno seguito strade differenti ovunque.
2) Se la BCE fosse intervenuta risolutamente garantendo in maniera illimitata i debiti sovrani la crisi sarebbe rapidamente rientrata e la BCE non avrebbe dovuto acquistare neppure un titolo. Invece Bruxelles e la Bce, imponendo draconiane misure circa il debito pubblico fanno soffrire i popoli, premiano la speculazione e trasformano i titoli di stato, che gli stessi organismi di supervisione consideravano come garanzia di solidità, in titoli tossici o potenzialmente tossici.
3) la Banca centrale deve dominare la speculazione, avendo essa tutti gli strumenti per farlo (acquisto diretto sul mercato primario dei titoli del debito pubblico dagli stati europei; politiche monetarie; tassa sulle transazioni di obbligazioni e azioni; proibire le “vendite allo scoperto”, emissione di Eurobond; separazione per le banche delle attività speculative da quelle commerciali; sospensione delle valutazioni delle agenzie di Rating per i Paesi sotto programma di aiuti; istituzione di un’agenzia pubblica di Rating ecc).
4) La Germania ha finora adottato politiche interne fortemente restrittive e di fortissima deflazione salariale competitiva, in totale contraddizione egoista con la sopravvivenza dell’Unione monetaria europea. Bisogna dunque ottenere prioritariamente uno “standard retributivo europeo”, che consentirebbe di interrompere la competizione salariale in atto tra i paesi dell’Unione.
5) Il disavanzo nei conti pubblici deve essere affrontato tramite lotta all’evasione fiscale, al lavoro nero, tagli alla spesa militare e ai costi della politica, e con una nuova tassazione delle rendite e della ricchezza privata del paese che in questi anni è cresciuta e si è concentrata nelle mani di pochi italiani. Ragionando sui dati dell’indagine della Banca d’Italia, che considera la ricchezza delle sole famiglie, se si tassasse con patrimoniale straordinaria ad aliquota del 12% il patrimonio (pari a 2.5 volte il PIL) del 10% più ricco delle famiglie, si otterrebbe un gettito di 30 punti di PIL, 460 miliardi. La stessa cifra annuale potrebbe essere ottenuta con una patrimoniale ordinaria ad aliquota dello 0.7% sullo stesso gruppo di famiglie. Questo gettito addizionale andrebbe orientato non solo nella direzione di una green economy che crei nuovi beni e servizi sostenibili sul piano ambientale, ma anche nel senso di un miglioramento del welfare e di attività ad alta intensità di occupazione, e verso un aumento della produttività e competitività delle imprese fondato su miglioramenti di qualità, anziché sulla riduzione dei costi, quello del lavoro in particolare.
CONCLUSIONE
Questo nuovo governo economico europeo Merkel-Sarkozy autoproclamatosi al di fuori di qualsiasi rappresentanza democratica, questa Ue delle banche e dei finanzieri che sta strangolando interi Paesi e riducendo alla fame decine di milioni di cittadini, vanno profondamente cambiati e trasformati in un’Europa dei popoli che persegua obiettivi di sviluppo sostenibile, di lotta alla povertà e di garanzia della pace; un’Europa della protezione sociale che realizzi una democrazia di qualità, solidarietà sociale, lavoro stabile e diritti dei lavoratori.
CON LA LETTERA DI BERLUSCONI A BRUXELLES SIAMO DI FRONTE A UNA VOLONTÀ PERSECUTORIA DEL LAVORO DIPENDENTE, A UN NUOVO ATTACCO SOCIALE AI PENSIONATI E ALLE PROTEZIONI SOCIALI PER PUNIRE UN BLOCCO SOCIALE E UNO SCHIERAMENTO POLITICO AVVERSO.
OCCORRE DUNQUE RISPONDERE CON UN FORTE SCIOPERO GENERALE CHE DIA IL SEGNALE GIUSTO:
FERMIAMOLI CON LE LOTTE E CON LA MOBILITAZIONE DEMOCRATICA!
Franco Pinerolo