Un racconto mitologico di Simone Sutra: “…Uno, due…che differenza fa?”
Si aggirava ancora inebetito fra le brume sollevatesi dai corsi d’acqua, che avvolgevano le forme vaghe ed indistinte di quello strano mondo, cercando di ricordare come fosse capitato là, dove fosse, COSA fosse, soprattutto.
Vagò a lungo, fra rupi scoscese e formazioni rocciose cristalline, arbusti e conifere…senza sapere di che si trattasse in realtà. Aperse le braccia verso un raggio di luce che si era fatta strada tra la nebbia, come a voler ricontattare il suo mondo, la vastità in cui si era cullato fino a …un attimo prima, sembrava…ma …che cos’è un attimo? E’ tempo, sussurrò una voce dentro di lui. Tempo….tempo? Non capiva questa parola, anche se era consapevole che i suoi processi interiori ora seguivano strade diverse: che vedeva, sentiva, toccava…..che un istante ne seguiva un altro e che in qualche modo le due cose erano collegate. Aveva due strane lunghe protuberanze ciascuna con cinque piccole protuberanze, il tutto attaccato a due ancor più lunghe protuberanze.
Ma non era il momento dello studio di sé: tutto il suo essere si era immerso in una dimensione nuova, percettibile attraverso nuovi canali, nuovi processi, infinitamente più lenti di quelli a cui era abituato. Non era perciò il momento di capire, ma di sperimentare, di entrare. La dolorosa sorpresa di essere distante dal suo mondo lo aveva svegliato quando la nuova struttura di cui era dotato aveva messo in funzione la percezione visiva. Essendo però ciò che era, o meglio chi era, un sussulto di energia lo aveva attraversato da capo a piedi, trasmettendogli la nozione dell’adattamento. In fondo una cellula di luce è abbastanza elastica da espandersi e contrarsi, si disse. E se questa è la mia nuova missione, bè, mi ci dovrò abituare.
In fondo sapeva comunque che mai sarebbe stato solo, poiché fino a quei pochi…come si chiamavano? …attimi prima, ecco, tutto di lui apparteneva al Tutto, e sentiva ancora il vincolo incandescente d’amore che lo legava a quel Tutto. Saggezza, conoscenza, serenità e …destinazione. Quale? Ancora non ne era sicuro, ma cosa più importante era che c’era una direzione. Sembrava evidente che avrebbe dovuto non farsi strada da solo, quindi, ma agire in sintonia con ciò da cui si era separato, a cui era avvinto da un’invisibile filo che sentiva partire dal centro del suo essere e dirigersi lontano, lontano…tanto lontano che sembrava sparisse , ma non era così. Era tutto lì, tutto presente dentro di lui, e gli fu perfino comunicato il nome del filo: Arianna.
Strano suono, si disse. Lo ripetè, come ad esserne certo di comprenderne a fondo il significato. Sì, Arianna, ora so…si sentì immediatamente rassicurato da quel suono, ora che attraverso la vibrazione di quella parola si riversavano in lui ondate e ondate di immagini, informazioni, suoni, colori, e soprattutto….certezze di gioia, anzi di qualcosa di ancora più caldo di cui si ricordava che era pervaso il suo mondo.
Rise . Sì, era buffo, era tutto molto buffo…e poi, tutte quelle parole-immagini- sprazzi di energia che continuavano ad affollarsi nella parte superiore del suo essere erano davvero curiose. E io dovrei comunicare d’ora in poi in questo modo? La goffa comicità della situazione si impadronì di lui, che rise, rise, rotolandosi per terra, fino alle lacrime.
Si alzò d’improvviso a sedere. Una terminazione? Cos’era questo nuovo …pensiero che stendeva un’ombra sul fulcro pulsante di luce dentro di lui? Sì, c’è qualcosa che …non capisco appieno. Io sono …una polarità?
Oh, mio dio, ecco qualcosa di nuovo da affrontare. Ma come può l’Uno essere scisso? Si sentì spinto spinto a guardare in giù, verso quella strana protuberanza che gli fuorusciva da un punto in mezzo agli arti inferiori, attaccata a un sacchetto che sembrava rivestire due piccole forme vagamente sferiche. Sentiva che quel pezzo di sè era molto importante, ma non sapeva bene che ci doveva fare. Bah, è tutto così strano qui, mi dovrò abituare anche a questo. Ma …un momento: se sono diventato una polarità, dov’è l’altra?
“Proprio qui” disse la creatura angelica che ora gli stava di fronte. La riconobbe immediatamente: era proprio l’altra lui, anche se apparentemente ora era tanto diversa; quei capelli così lunghi, quelle due buffe sporgenze arrotondate sul davanti, culminanti in due piccoli cosetti rosa…lei poi non aveva una protuberanza fra le gambe come lui, ma una cavità villosa e invitante al di sotto di una leggera incurvatura che lo attirò immensamente da subito: sembrava l’ingresso di un magico cunicolo verso …il loro mondo. Sì, doveva certo essere così. Sembrava che anche lei fosse dello stesso avviso. E tutto ciò che volevano era ritornare là, pur sapendo di dover rimanere qua dove erano stati chiamati.
Il resto fu facile, venne da solo.
Si abbracciarono, e ritrovarono l’Uno in una marea crescente di palpitante scoperta, di fuoco travolgente, di energia senza nome, mentre i flutti dell’eterno passavano loro addosso e l’antico senso di identità rimescolò dentro di loro la conoscenza di sé; e li proiettò , ancora una volta, nello spazio senza spazio, nel tempo fuori dal tempo, dolcemente galleggianti memorie di astri lucenti, di fantasmagoriche esplosioni di luce, di silenziose strisce celesti.
Per lui, questo era “Arianna”.
Lei invece lo chiamò Amore.
Simone Sutra