Daniele Carcea, Mario Deaglio e la crisi politica energetica economica che giunge al picco….
Mario Deaglio è senz’altro uno dei più attenti e lucidi osservatori della realtà che stiamo vivendo a livello economico-finanziario, il Professore ordinario di Economia Internazionale presso la Facoltà di Economia dell’Università di Torino, è senza dubbio un personaggio particolare, che tende ad andare abbastanza controcorrente, pur facendo comunque parte del cosiddetto establishment.
Nel suo incontro, registrato da “Radio Radicale”, durante la rassegna “Incontri di Courameyeur” del 17 agosto scorso, sono senz’altro molti i punti che tocca, alcuni semplicemente sotto forma di nota, come dire fra parentesi, per la serie occhio che ci potrebbe essere anche questo rischio, potrebbe accadere questo… e via dicendo, a testimoniare che i problemi e le variabili che siamo costretti ad affrontare spesso sono molte, e per dirla alla Taleb Nassim N., alcune possono diventare dei veri e propri “Cigni Neri”.
La prima considerazione che fa per tracciare la situazione dell’attuale momento storico, è un vero e proprio mettere le mani avanti: ci troviamo in una situazione in cui in un orizzonte di lungo periodo c’è scarsità energetica, non sappiamo bene come risolverla prima di arrivare alla fusione nucleare, il petrolio buono è finito, ce ne sarà sempre meno, c’è il petrolio cattivo che si fa schiacciando le rocce, siamo quindi molto affannati.
Deaglio non pone la questione del picco del petrolio in maniera dubitativa, ma la dà come certezza acquisita, cosa che ancora pochi economisti fanno, tanto meno la dirigenza radicale; questo si presenta come grave problema da affrontare e che a presto sconvolgerà gli equilibri mondiali; verso la fusione fredda ci sono riposte molte speranze, come sulle rinnovabili verdi: solare ed eolico, compreso quello troposferico – d’alta quota, ma scommettere che queste saranno la soluzione del problema del fabbisogno energetico, comporta diversi rischi.
Al secondo punto il professore parla del cibo e della popolazione: in un mondo di scarsità alimentare, in cui siamo sempre di più e le persone quindi mangiano sempre di più.
In un mondo dove la popolazione tende ad aumentare, viaggiamo verso i 10 miliardi entro il 2050, in totale assenza di qualsiasi politica di controllo delle nascite, così come auspicato dall’associazione Rientrodolce e dai radicali in genere, proporzionalmente anche il cibo tenderà a scarseggiare, e là dove non ci penserà la natura con cataclismi e siccità ad aumentare la scarsità di cibo, provvederà la speculazione delle banche riempite di liquidità dalle banche centrali e in attesa del terzo QE negli Stati Uniti, a far aumentare il prezzo dei generi alimentari e delle materie prime.
Come terzo punto viene evidenziato il panico dei mercati finanziari che procedono senza alcun criterio logico nel far salire un giorno gli indici di borsa e un altro giorno nel farli scendere, abbiamo visto in questi giorni quotazioni e andamenti di borsa che non hanno nulla di razionale. Si potrebbe aggiungere non è una novità!
Poi Deaglio punta l’indice contro le agenzie di rating, accusandole di emettere giudizi politici anziché tecnico-economici, come nel caso del downgrade degli Stati Uniti: guardate come hanno trattato il Presidente degli Stati Uniti, in occasione di quel degrado degli Stati Uniti -hanno detto Si, le cifre potrebbero andar bene, ma noi riteniamo che questa amministrazione non rispetterà i tempi nel fare le cose e quindi bocciamo. Questo vuol dire eccedere ai loro compiti, fra l’altro senza alcuna regola, sui Paesi che vogliono loro, all’ora che vogliono loro, a borse aperte o borse chiuse, nessuno gli può dire nulla, questo vuol dire interferire con qualunque azione di governo”.
E il professore per altro tralascia di dire alcunché sull’incredibile conflitto di interessi che contraddistingue le agenzie di rating, dove i proprietari delle loro quote spesso sono anche proprietari di banche e fondi di investimento che a loro volta ricevono i voti da quelle stesse agenzie di rating. Per non parlare delle accuse di aggiotaggio, insider trading e manipolazione dei mercati piovutegli addosso dalle Procure come quella italiana di Trani e dal Ministero della Giustizia Americano.
Come uscire dalla crisi si chiede poi Deaglio: il primo fattore su cui cercare di incidere sono le regole: il funzionamento dei mercati, perché i mercati lasciati a sé stessi tendono a creare una bolla dopo l’altra, perché la finanza ha continuo bisogno di risultati e per questo si creano ad arte anche le situazioni su cui speculare, tramite anche la diffusione di piccole notizie che vengono ingigantite. Deaglio cita l’esempio di divieto di vendite allo scoperto (lo short selling, la vendita di titoli che non si posseggono, con l’impegno a riacquistarli dopo un breve periodo) messo in atto nell’eurozona nel momento dell’attacco all’Italia e dice anche (forse un po’ troppo ottimisticamente), che se questo fosse stato messo in atto venti giorni prima ci avrebbe evitato la seconda manovra fatta in fretta e in furia.
Deaglio critica anche il fatto che fino ad ora non si sia andati contro la finanza, perché vige una regola non scritta: la finanza non si tocca e ed anche Obama purtroppo ha dovuto adeguarsi, fino ad ora, a questa regola, e per non farsi mancare nulla si è messo accanto al momento del suo insediamento, come Ministro della Finanze Timothy F. Geithner ex Presidente della Fed di New York. Giudizio positivo anche sulla Tobin tax: per cercare di regolamentare lo spostamento dei capitali, inventata dal premio nobel Tobin una trentina di anni fa, ma mai applicata, non con lo scopo di portare a casa dei soldi, ma per rendere meno convenienti certi spostamenti di denaro, per rallentare gli ingranaggi.
Deaglio rileva inoltre che ci troviamo di fronte al declino inesorabile del dollaro, e quindi dobbiamo iniziare a pensare ad un paniere di monete, che vadano a formare una nuova unità di conto. Il professore su questo punto, qui, si ferma, ma sarebbe invece veramente il caso di iniziare a mettere in discussione l’attuale sistema delle banche centrali e il meccanismo con cui viene creato la moneta e il credito da parte delle banche private tramite la leva finanziaria, e pensare ad un sistema non più basato sul debito.
Nel punto successivo Deaglio affronta il tema dei debiti pubblici: tutti i paesi ricchi nella prospettiva dei prossimi trent’anni, si troveranno con debiti pubblici intorno al 130-140% del loro prodotto interno lordo.
Come fare per diminuire l’impatto di questo debito che tende a gonfiarsi? Per prima cosa Deaglio dice: se si riesce a crescere, bene, paghiamo con la crescita nuova. E questo lo dicono tutti, ma dal tono delle parole si può intuire che egli non creda troppo in questa crescita infinita, vuoi perché le risorse energetiche iniziano a scarseggiare, vuoi perché iniziamo veramente ad essere pieni di prodotti inutili.
Allora si passa all’ipotesi inflazione, Deaglio ci dice che secondi alcuni economisti si può provare a fare un po’ di inflazione controllata, 4-5% all’anno per 4-5 anni. In questa maniera abbiamo un aumento del prodotto interno lordo (il denominatore) e un debito in valore assoluto (al numeratore), che sta fermo ai vecchi valori, in quanto non viene toccato dall’inflazione. Insomma quello che è successo sempre nei dopoguerra.
Ultima opzione, quella che in Italia è gia stata fatta due volte: la riduzione legale del valore del debito, hai un pezzo di carta su cui c’è scritto che lo Stato ti deve 1.000 euro, scrivi 800, oppure scrivi che lo Stato non ti restituirà più il capitale, ma ti darà un interesse al Tot% per sempre.
Deaglio ci ricorda che storicamente quasi tutti gli Stati lo hanno fatto, compresi gli Stati Uniti all’inizio della loro storia e visto che le cose non si stanno mettendo molto bene, questa opzione è una di quelle da prendere in maggiore considerazione.
Infine il nostro economista ci ricorda che l’Europa è su un piano inclinato, e quindi ha bisogno di trovare un suo equilibrio magari diventando più forte politicamente: gli Stati Uniti d’Europa, (così come caldeggiato dalla Bonino e dai radicali) con un ministro europeo dell’economia, una politica unica sull’immigrazione, sulle infrastrutture europee, sulla salute pubblica, una polizia unica, alcune imposte uniche europee.
Se il piano non viene allineato, allora potranno delinearsi diversi scenari, fra cui la divisione dell’euro in euro 1 ed euro 2. Nell’euro 1 i paesi forti: Germania, Francia, Austria. Nell’euro 2 i piigs e compagnia bella, che potranno svalutare la loro moneta per rilanciare le esportazioni.
Ad ogni modo è comunque tempo di iniziare a pensare sia ad un piano A per cercare di sistemare le cose nel migliore dei modi possibile, sia ad un piano B che consenta comunque di affrontare le nuove situazioni che potrebbero crearsi in caso di peggioramento delle condizioni della crisi.
Crisi che inizia ad apparire già a diversi esperti come peggiore di quella che si scatenò nel 1929.
Daniele Carcea