Archivio di agosto 2011

Lidia versus Caterina – Il discorso della prostituzione femminile affrontato da due donne….

Ante scriptum

Questo discorso che segue è il risultato dello scambio di opinioni fra due donne relativamente al tema della prostituzione femminile. Lo spunto nasce dal mio articolo – risposta alla proposta del deputato leghista Matteo Salvini di tassare le prostitute per sanare il bilancio pubblico:
http://www.circolovegetarianocalcata.it/2011/08/23/sanare-il-deficit-dello-stato-con-i-proventi-della-prostituzione-significa-accettare-il-deficit-morale-nella-societa-della-serie-matteo-salvini-aripijate

(Paolo D’Arpini)

….

Intervento di Caterina:
Caro Paolo, capisco la tua opinione ed in parte la condivido, ma io non credo che chi va a p………. e cerchi la promiscuità perché anche quella credo che organizzandosi, si trovi abbastanza facilmente. Famiglie allargate…. ma chi ne ha voglia? Già la famiglia tradizionale, con una sola moglie o marito, spesso è fonte di stress ed insoddisfazione. E’ la voglia di evasione, di fare sesso senza avere il coinvolgimento emotivo. Oppure di soddisfare un bisogno fisiologico che non si sa come soddisfare altrimenti. C’è chi ha voglia di fare sesso senza l’impegno dell’amore. Quel che mi pare strano è che per quel che mi riguarda, non dovrebbe essere facile per una donna fare l’amore senza amare, ma ho sentito con le mie orecchie alla radio la storia di una professoressa di italiano, quindi una donna normale, con un lavoro normale e con un marito (non so se anche con figli) per noia e stanchezza ha deciso di lasciare il suo lavoro e dedicarsi a questa attività. Ne è anche scaturito un libro in cui lei esamina il suo percorso (!!!). Non credo sia la sola venditrice del suo corpo che lo fa perché lo vuole fare. Del resto dicono che sia il mestiere più vecchio del mondo, no? Forse all’epoca del matriarcato le cose non andavano così, la donna sceglieva il suo compagno (o i suoi compagni) e tutti si viveva in uno stato beato di amore universale in cui ciascuno poteva esprimere la sua sessualità nelle forme a lui/lei consone… ma il passato è passato, il presente è quel che è e se è così ci sono i suoi motivi…
Caterina
………

Intervento di Lidia:
Caro Paolo, rispondo al commento di Caterina sulle prostitute…
Cara Caterina,
ho letto il tuo commento a Paolo sul tema delle prostitute, e siccome è un argomento che mi sta’ molto a cuore, permettimi di dire la mia opinione in merito. Il tema della prostituzione è un tema molto delicato, che tocca molti aspetti soprattutto psicologici della donna e del suo rapporto con l’altro sesso. Mi sono chiesta spesso perché alcune donne (purtroppo molte) subiscono umiliazioni quotidiane da parte di uomini che le sfruttano e le maltrattano, prendendo tutto da loro e dando in cambio niente….
In molti luoghi del mondo (a cominciare dall’Italia) ancora oggi vivono nuclei familiari dove le bambine non hanno nessun valore, dove le decisioni sul futuro delle loro vite sono ancora nelle mani del padre/padrone, dove la loro educazione le trasformerà in donne che credono di non essere intelligenti, né tanto meno di essere in grado di fare qualcosa di buono nella vita, se non mettere al mondo figli o preparare la cena al marito. Ancora oggi in quasi tutto il mondo le donne non sono ancora rispettate come meriterebbero, hanno ancora ruoli secondari e non riescono a decidere i veri cambiamenti! In questi ultimi anni, nell’ambito dei miei spostamenti residenziali, mi è capitato di conoscere molte donne di differenti età, ceti culturali e sociali, diversi ambiti territoriali. Parlando con tutte loro, ho notato in modo evidente che nessuna dimostravano mai fiducia in sé stessa, nessuna si considerava importante, insomma nessuna di loro dava VALORE alla sua persona, benché molte di queste donne fossero invece intelligenti, creative e molto in gamba!
Mi è capitato di notare che i matrimoni che apparentemente funzionano, sono quelli in cui le donne si sottomettono completamente alle decisioni del marito, e che comunque non decidono quasi mai nulla di veramente importante! Anche in questi casi le donne non credono di valere molto…. la matrice comune continua ad essere il VALORE….
E passiamo alle prostitute….
Tornando a casa (io abito fuori Roma) tutti i giorni, spesso lungo la strada mi capita di vedere alcune ragazze bellissime (sembrano straniere), molto giovani, bionde, vestite con pantaloncini corti e top, sandali altissimi,… le incontro nelle prime ore del pomeriggio, sotto un sole che sfiora i 40 gradi…  neppure sedute all’ombra….in attesa dei clienti!
Mi sono chiesta spesso, che valore hanno di loro stesse queste ragazze che scelgono di vivere la loro giovane e preziosa vita nelle condizioni peggiori (rischiando perfino un colpo di sole alla testa!).. accettando di sbattere sotto i piedi di uno sporcaccione di qualsiasi età la loro dignità di esseri umani, che per pochi euro sarebbero pronte a fare qualsiasi cosa… perfino a ballare sopra un tavolo a colpi di pistola!… che non sono neppure in grado di ribellarsi a qualcuno che le picchia e le sfrutta come se fossero delle macchine da soldi…. Che gusto c’è in questo mestiere! Dove sta’ il vantaggio!
Molte di loro finiscono uccise dai loro protettori e se qualcuna  riesce a sfuggire a questa vita, magari accetta di sposare un uomo violento o alcolizzato pur di non ritornare sul marciapiede a mostrarsi nuda senza più nessuna dignità, anche quando il suo corpo non è più tanto giovane, pur di riuscire a fare la spesa.
Se poi vogliamo parlare di sesso libero, allora è un’altra cosa…. In questo caso sono del parere che ogni donna dovrebbe decidere di andare a letto con chi vuole anche quando è sposata (ma questo è un altro discorso!)… ma non dovrebbe farlo a pagamento, se crede di valere qualcosa! L’amore è uno scambio gratuito fra Anime, e che ci sia amore o sesso poco importa, è il denaro che non dovrebbe proprio entrarci in un letto, perché altrimenti subentra lo sfruttamento, come succede in molti altri ambiti della vita! … Il sesso dovrebbe essere un divertimento per entrambi e non l’ultima occasione (e forse la peggiore!) per poter sopravvivere in una società che non ti offre alternative di lavoro….. non credi Caterina?
Lidia

…………….

Replica di Caterina:

….non volevo mica dire che sono favorevole alla prostituzione!
Volevo solo dire che un mondo idilliaco dove ognuno fa l’amore solo per amore e con chi vuole è molto lontano, anzi, credo che forse non ci sarà mai. Ci saranno sempre persone, ed io ne conosco o ne ho conosciute, che per problemi fisici o psicologici non riescono a trovare un “compagno di letto” e non sopportano l’astinenza, Per me
chi ci ricorre un qualche problema ce l’ha. E sono tutti uomini.
Personalmente ho conosciuto solo un ragazzo che vi era ricorso, una volta, ma visto che i marciapiedi sono pieni di queste giovani, chi è che ci va?
Altro discorso su cui mi soffermerei: ma cosa fa la forza pubblica?
Perché se le vediamo noi queste schiere di ragazze, non le vedono anche loro e non provvedono, soprattutto prendendo i loro sfruttatori?
Ma nel discorso precedente credo fosse ovvio che non mi riferivo alla prostituzione-sfruttamento di donne, magari straniere, giovanissime e incapaci di andare al primo posto di polizia a denunciare i loro aguzzini!
Poi, Lidia, tu dici: “per quello che riguarda i matrimoni che apparentemente funzionano, sono quelli in cui le donne si sottomettono completamente alle decisioni del marito,e che comunque non decidono quasi mai nulla di veramente importante!” . Mi pare di scorgere una certa dose di ironia nelle tue parole, ma,scusami, su questo fatto la penso diversamente: per me i matrimoni o le coppie che funzionano ( e anche apparentemente) sono quelli in cui la donna ha un ruolo almeno paritetico con l’uomo, se non addirittura preponderante (e di questi ne conosco di persona) e meglio ancora quando c’è armonia, affinità di intenti, di gusti, di interessi e compartecipazione al menage. Oggi, almeno nell’ambiente in cui vivo, che è abbastanza “evoluto” nel bene e nel male, la donna non è più così sottomessa e succube ed è capace di prendere strade diverse se la situazione si fa stretta.
Insomma il genere umano è talmente vario che mi risulta difficile bollare qualsiasi cosa con un si o un no, anche la prostituzione

Caterina

……..

Scrive Carlo Consiglio sul tema della prostituzione femminile:
…mi inserisco sulla discussione tra Lidia e Caterina sulla prostituzione. A Lidia: Perché quando faccio venire a casa mia la donna delle pulizie e la pago, nessuno sostiene che la sfrutto, ma se mi porto una prostituta sì? A quanto pare se una donna lavora usando le mani va tutto bene, ma se usa i genitali va male! E che differenza c’è tra le mani ed i genitali? Non sono tutte parti del corpo con pari dignità? La vagina appartiene alla donna e solo lei ha diritto di decidere chi farvi entrare, e se gratis o a pagamento.
A Caterina sullo sfruttamento della prostituzione: Perché le agenzie di collocamento vanno bene e i magnaccia no? Infatti la prostituzione può piacere o no, ma è un lavoro come un altro. E quindi anche le prostitute devono pagare le tasse, come chiunque altro. Tutte queste discriminazioni sulle prostitute, su chi ne beneficia e su chi le “sfrutta” derivano dal fatto che consideriamo il sesso come qualcosa di peccaminoso. Se riuscissimo a considerarlo come una cosa normale (in genere bella) della vita, allora sarebbe tutto più semplice! Ciao

…………..

Replica di Lidia a Carlo Consiglio

Caro Carlo,
non amo polemizzare sulle opinioni altrui, ogni individuo ha il diritto di
pensarla come vuole, ma il tuo commento al dialogo tra me e Caterina sul tema della prostituzione mi costringe ad una risposta…!!! Le tue parole mi hanno ricordato gli slogan delle femministe di quarant’anni fa!.. le stesse parole, stesse motivazioni… frasi del tipo ….“la vagina me la gestisco io e quindi posso anche ricavare del danaro dal suo uso ! ….che differenza c’è tra un lavoro qualunque e la vendita del proprio corpo? …un pappone sfrutta una prostituta mentre un’agenzia di lavoro no!…(ecc.. ecc..)”
..ma caro Carlo, come fai a dire che il lavoro di una domestica è esattamente uguale a quello di una prostituta? Una lavoratrice (che non dovrebbe MAI essere sfruttata da nessuno, il che significa percepire uno stipendio stabilito dalla legislazione italiana, soggetto a tassazione come dovrebbe essere anche per tutte le altre attività di ogni Paese civile, e che purtroppo così NON E’!), vende un lavoro
manuale o intellettuale riconosciuto come utile per la società dalle leggi votate da tutti i cittadini.
Ci sono regole molto rigide previste nei contratti di lavoro e la lavoratrice può denunciare il proprio datore di lavoro se trasgredisce quelle regole! Può perfino mandarlo in galera!… Il lavoro della prostituzione invece, secondo i papponi (e non secondo i cittadini che votano!) si basa sul principio che il sesso, essendo un bisogno fisiologico, per soddisfarlo devi pagare! Le prostitute non hanno nessuna tutela legale, in quanto questo lavoro non è considerato un “lavoro”, e ciò perché dalle leggi dello Stato (e quindi dalla
maggioranza dei cittadini) si ritiene che esso non comporti nessun beneficio per la società. Le prostitute non possono ribellarsi ai loro sfruttatori se non uscendo di scena (dalla vita!). Ma la cosa peggiore della prostituzione è il principio secondo il quale un individuo utilizza il corpo di un altro individuo per soddisfare le proprie esigenze corporee, permettendosi di umiliare l’Anima di molte disgraziate con richieste sessuali assurde, frutto di menti malate!
Secondo questo principio allora, per guadagnare del denaro, perché non sfruttare anche gli animali?.. le lotte tra galli o tra cani sarebbero pertanto giustificate come un qualsiasi lavoro scelto dai proprietari di queste povere bestiole! Per fortuna le leggi lo vietano!
Dunque, secondo questa logica, potremmo considerare tutto come un lavoro, potremmo farci pagare perfino per l’aria che respiriamo, essendo anche quello un bisogno fisiologico! … E forse un giorno chissà,… siccome la nostra terra sarà del tutto inquinata, per respirare un po’ di aria pura ci vedremo costretti a pagare una bolletta! Sapevi, tra le altre cose, che i potenti della terra si stanno già pestando i piedi per la gestione del futuro business sul cibo. ..?
Ma torniamo al tuo discorso. Un’Agenzia di lavoro non può essere paragonata ad un pappone perché comunque (se è legalizzata) non può vendere i lavoratori come se fossero degli schiavi, deve rispondere a delle regole precise e se qualche lavoratore riscontra qualcosa di strano, può denunciare l’Agenzia ed ottenere perfino di farla chiudere. Un pappone invece, se qualche sua dipendente si
lamenta, la riempie di botte e stai sicuro che in futuro nessuna più si
lamenterà. Un pappone non paga neppure un euro di tasse e si porta il frutto del suo sfruttamento nei paradisi fiscali dove nessuno gli torcerà mai un capello! Non mi dire che non c’è nessuna differenza tra un pappone e un’Agenzia di Lavoro perché qualche differenza c’è e non è da poco! Magari mi dirai che le Agenzie di Lavoro sono gestite malissimo, ma questo è un altro discorso!!!
Quello che vorrei dirti è soltanto che non possiamo considerare TUTTO nello stesso modo. C’è una scala di valori che va comunque sempre ricordata!
Purtroppo l’omologazione ha portato questa società globale a valutare ogni cosa col metro del denaro. Anche il femminismo, seppure è riuscito a scardinare molti principi sbagliati che hanno permesso alle donne di essere più libere, tuttavia su altri aspetti non aveva del tutto ragione! E su questo avrei veramente troppo da dire!
Secondo me, esistono alcuni aspetti dell’essere umano che non dovrebbero rientrare nel grande giro degli affari soggetti a guadagno!… Del resto, perché ai bambini sarebbe sbagliato insegnare a fare affari anche a scuola, vendendo la merenda o pagando qualche amico per farsi fare i compiti? Perché è SBAGLIATO! Secondo me dovremmo preservare dal denaro alcuni aspetti della nostra persona che ci riguardano intimamente! Se parliamo di sesso, nel momento
in cui vai a letto con una persona, anche se non si tratta del grande Amore della tua vita, comunque si tratta di uno scambio molto intimo tra Anime!
Comunque significa entrare nella sfera intima di quella persona, una sfera che non dovrebbe avere un prezzo, come 20 euro, o 7000 euro (tipo Ruby). Credimi, dobbiamo sforzarci di ridare un vero valore alle nostre persone, cominciando a fare un distinguo tra le cose che si devono pagare (perché è giusto) e quelle che non hanno prezzo! Non voglio convincerti, ma soltanto indurti a riflettere anche su questi aspetti!

Lidia

Commenti disabilitati

Marco Della Luna: “Come il signoraggio bancario ed i monopoli privati dominano il mondo”

MONOPOLIO: IL PROBLEMA DI FONDO

L’attuale malandare finanziario ed economico non è correggibile con i mezzi sinora attivati dai governi perché è dovuto al fatto che un “bene” indispensabile come la liquidità è oggetto di monopolio privato da parte del cartello bancario, il quale produce liquidità a costo zero per sé e la cede a interesse composto, creando una spirale di indebitamento inarrestabile che porta matematicamente l’economia al collasso e conferisce a quel monopolio il potere politico sulle nazioni. La soluzione starebbe nel sostituire il monopolio privato con un monopolio pubblico che emettesse una moneta non indebitante.

Il mondo è dominato e regolato dai monopoli, dai cartelli. Si decanta il libero mercato, ma il libero mercato praticamente non esiste, perché ne mancano presupposti fondamentali: la trasparenza dei patrimoni e delle attività delle imprese, la parità di informazione, la neutralità delle istituzioni, e altri. Per contro, esiste una rete mondiale dei monopoli delle cose fondamentali: materie prime, energia, informazione, tecnologie strategiche, ma anche e soprattutto monopolio di credito e moneta. Questo fatto imprime ai mercati, al mondo e al suo divenire sociale, economico e politico, un andamento prevedibile, di cui oggi osserviamo una fase culminante, e che in effetti avevo predetto (in Euroschiavi, Arianna 2005-2007 e in La Moneta Copernicana, Nexus 2008).

Che cosa implica il regime di monopolio? Implica che il monopolista – singolo o cartello (trust) -, non avendo concorrenza, può applicare un sovrapprezzo monopolistico, ossia farsi pagare un prezzo superiore a quello che sarebbe il prezzo di libero mercato. In un mercato competitivo, se il costo di produzione di un litro di benzina è 1, e io produttore lo metto in vendita a 1,5 più le tasse, tu, mio concorrente, potrai portarmi via il mercato mettendolo in vendita a 1,3, e così mi obbligherai a scendere anch’io a 1,3. Il prezzo tenderà a livellarsi al costo di produzione, e il costo di produzione a ridursi grazie a migliorie tecnologiche e aziendali, stimolate dalla competizione.

Non così in un mercato monopolista. Se noi tutti produttori di benzina ci mettiamo d’accordo, facendo cartello, di non vendere a meno di 1,5, o di 1,7, o di 2 al litro, e impediamo in qualche modo ad altri di entrare nel mercato e farci concorrenza, allora i consumatori dovranno pagare ciò che noi pretendiamo, e noi tutti guadagneremo moltissimo.

Altro esempio: se vi è un monopolio della telefonia fissa, o dei treni, o dell’energia elettrica in una determinata area, il monopolista potrà imporre tariffe molto superiori ai suoi costi di produzione, perché chi ha bisogno del suo servizio non ha scelta: se vuole servirsi del treno, del telefono, dell’elettricità, deve comperare da lui. Può però decidere di servirsi di beni concorrenti, alternativi a quelli erogati dal monopolista, ossia dell’automobile invece che del treno, del telefono cellulare invece che del fisso, e di un generatore privato di elettricità. Può anche decidere di consumare meno, di risparmiare, su treno, telefono ed elettricità. Il limite della possibilità per il monopolista di sfruttare la sua posizione di vantaggio per spremere sempre più denaro dal mercato, è dato dalla elasticità della domanda, ossia dal fatto che, oltre certi livelli di prezzo, la domanda si riduce e tende a cessare. Ma che succede se non esistono beni alternativi, e se il suo bisogno non è riducibile, anzi aumenta col tempo? Se il monopolista riesce a impedire che la domanda cali al crescere del prezzo? Lo vedremo presto.

I monopoli possono avere dimensioni locali o globali, possono avere natura legale, ossia essere costituiti per legge (ad es. il monopolio dei tabacchi, o delle poste, o del gioco d’azzardo on line); oppure possono essere fattuali, cioè dovuti al semplice fatto che un determinato soggetto o trust di soggetti si è impadronito interamente del mercato grazie alla sua forza finanziaria o al possesso di tecnologie esclusive, o mediante la violenza e l’intimidazione.

Il monopolista, non avendo concorrenti, non è motivato a migliorare la qualità dei suoi prodotti o servizi, né a ingegnarsi per diminuirne il costo di produzione. Può permettersi di essere inefficiente. Non è nemmeno motivato a cercare di massimizzare la produzione, perché punta più a guadagnare sul sovrapprezzo, che sulla quantità. In generale, un regime monopolista del mercato di un certo bene o servizio genera minore produzione e maggiori prezzi rispetto a un regime di concorrenza.
Per tali ragioni, molti paesi fanno leggi contro i monopoli, i cartelli, i trust, a tutela della concorrenza, che invece, in teoria, spinge le imprese a migliorare la produzione e ad abbassare i prezzi. Però, di fatto, i mercati più importanti – materie prime, energia, informazione e altri – sono dominati da cartelli. Cartelli sovra-nazionali.

La strategia del mettersi d’accordo per guadagnare di più e con più stabilità è una scelta frequente e razionale per gli imprenditori, perciò non è buona per la loro immagine e per il buon funzionamento del cartello. Perciò essi tenderanno a nascondere i loro accordi e le loro trattative, oppure – nel caso dei grandi monopoli mondiali – a presentarli come consultazioni e coordinamento nell’interesse globale della stabilità economica. Orienteranno i mass media a non parlarne o a parlarne in termini aggiustati, e a screditare agli occhi dell’opinione pubblica la corretta analisi economico-imprenditoriale dell’esistenza e dell’azione del cartello come teorie complottiste o dietrologiche.

Il monopolista può decidere di privare dei suoi prodotti, per un certo periodo di tempo, un determinato territorio o un determinato paese, ad es. per far accettare prezzi significativamente più alti, o come mezzo di pressione sul governo del paese in questione, finalizzata ad ottenere un vantaggio (privilegi fiscali o contributivi, una grossa commessa, la costituzione di un monopolio legale) o un mutamento legislativo o politico.

Quanto più il bene o servizio oggetto di monopolio è importante, vitale, indispensabile, tanto più caro il monopolista può farlo pagare, guadagnando maggiormente. Il petrolio è un esempio notissimo di ciò. Il cartello petroliero ne regola sia il prezzo che la quantità estratta – cioè il prezzo, come pure l’offerta, non è regolato dal rapporto di domanda e di offerta, ma dalla decisione del cartello: il mercato diviene così un mercato contingentato.

La possibilità, per i monopolisti (per es., i petrolieri, i cementieri), di aumentare il prezzo di loro beni e servizi, e la impossibilità di fare altrettanto per i fornitori di beni e servizi che non hanno il vantaggio del monopolio, fa sì che la società aumenti tendenzialmente la spesa (la quota di reddito) che destina agli acquisti di beni e servizi dei monopolisti, riducendo di conseguenza la spesa che destina agli acquisti di beni e servizi di non monopolisti (ristoratori, artigiani, lavoratori, professionisti); quindi il reddito di questi tenderà a diminuire a vantaggio dei monopolisti. Insomma, i margini di utile, il reddito, delle categorie che non dispongono di una posizione monopolistica tende a ridursi in favore di quelle che dispongono di una tale posizione.

Orbene, come dicevo, praticamente tutti i principali beni e servizi sono oggetto di monopolio cartellistico. Lo sono anche il denaro e il credito: tutto il denaro legale (cartamoneta) e il credito è creato da soggetti a ciò abilitati dal sistema bancario, ossia dalle banche: banche di emissione (come la BCE e la Fed) che emettono il denaro legale, la cartamoneta. E banche di credito, che emettono mezzi monetari, quali attivi di conti correnti, assegni circolari, bonifici, lettere di credito, promissory notes, consistenti in promesse di pagare cartamoneta al loro presentatore (se tu hai un assegno circolare o un attivo di conto corrente, puoi andare dalla relativa banca ed esigere che te li paghi in cartamoneta, in valuta legale).

Quanto costa alle banche creare denaro o credito? Nella storia, sono esistiti sistemi monetari in cui la moneta era di carta, ma la banca emittente teneva nei suoi forzieri il controvalore in oro, sicché per emetterla doveva acquisire oro, quindi l’emetterla, il prestarla, aveva un costo, e il portatore poteva presentarsi alla banca emittente e richiedere di cambiare la carta-moneta in oro. Però perlopiù la banca emittente deteneva una riserva frazionaria, diciamo un 10% del valore della cartamoneta o del credito emesso. Quindi per prestare 100 sosteneva un costo di 10 e realizzava, sul capitale, un utile di 90 – meno i costi fissi e la percentuale di sofferenze. In più lucrava gli interessi.

Nel sistema contemporaneo, creare moneta o credito non costa nulla al sistema bancario, perché esso li crea senza garantirli con una copertura aurea o di altro bene a valore proprio; e perché il portatore di denaro o di credito non può esigere dalla banca la loro conversione in oro o altro valore. Le banche hanno sì riserve, ma queste sono, a loro volta, costituite da cartamoneta o denaro creditizio, privi di costo e di valore propri. Hanno anche riserve in oro, ma queste non hanno la funzione di garantire le emissioni di denaro o credito.

La liquidità si compone di monete metalliche, emesse dallo stato, per un valore trascurabile; di valuta legale (cartacea ed elettronica) emessa dalle banche centrali di emissione), che costituisce l’8% circa del totale; e da moneta creditizia (o bancaria o contabile o virtuale) emessa dalle banche di credito sotto forma di promesse di pagamento (assegni circolari, attivi di conti correnti, lettere di credito, etc.) denominate in valuta legale.

Tutta la liquidità (tranne le monetine) è nata, ultimamente, da un indebitamento verso il sistema bancario del soggetto che richiede liquidità ad esso. Lo stato ottiene liquidità cedendo in cambio i suoi buoni del tesoro, che sono promesse di pagamento, ossia debito; oppure la prende a prestito. Gli altri soggetti ottengono credito promettendo il pagamento di capitale e interesse. Vi sono altre operazioni di creazione monetaria interbancaria, che ho spiegato altrove (dark pool finance).

Bisogna anche chiarire che l’erogazione del credito da parte delle banche deriva solo in minima parte dalla raccolta, ossia il denaro che la gente deposita presso di esse percependo un interesse, seppur minimo. Esse non hanno bisogno di tale denaro. Innanzitutto, i depositi, i versamenti, i bonifici, gli assegni circolari, etc., consistono essi stessi , quasi interamente, in liquidità creata dal sistema bancario senza copertura, a costo zero, priva di valore proprio. Inoltre, quando la banca di credito crea liquidità emettendo un assegno circolare e consegnandolo al cliente che ha chiesto un prestito, per emettere l’assegno circolare non ha che da compilarlo, non attingendo da una sua cassa, ma imputando l”uscita, nei suoi conti, come una partita che non è necessariamente corrispondente a valori reali, dato l’effetto leva che viene usato nel moltiplicare la base monetaria. Peraltro la leva o moltiplicatore parte non da oro o denaro reale, bensì da altro denaro contabile, creditizio. In aggiunta, il calcolo della riserva obbligatoria non comprende alla base alcuni aggregati ( ad esempio i PCT ed i titoli del debito – quale debito? – con scadenza originaria superiore ai due anni etc. ) e, per meglio tutelare il sistema bancario in caso d’improvviso shock di mercato, la rilevazione degli aggregati viene differita di due mesi.
Analogamente, la banca di emissione, quando emette banconote, non ha bisogno di garantirle con qualcosa, non sostiene costi. La differenza tra l’assegno circolare emesso dalla banca di credito e la cartamoneta emessa dalla banca, è che il portatore dell’assegno circolare può esigere che la banca di credito emittente glielo cambi in cartamoneta (valuta legale – non in oro o altro bene reale, dotato di valore proprio), mentre il portatore di cartamoneta non può esigere alcunché dalla banca centrale emittente della cartamoneta.

Il denaro e il credito – che chiameremo, nell’insieme, “liquidità” – sono un fattore, un “bene” assolutamente necessario e indispensabile. Quindi la comunità bancaria, detentrice del monopolio della loro creazione e della fissazione del tasso di interesse, può realizzare sulla cessione della liquidità un profitto altissimo, praticamente del 100%, dato che il costo di produzione è nullo.
Però la liquidità è tutta creata a debito di chi la domanda – stato o consumatore o imprenditore che sia – e il debito è soggetto ad interesse composto. Il che implica, matematicamente, che se io, sistema bancario, creo liquidità totale per 100 che cedo a prestito all’insieme della società, col tasso del 10% annuo composto, dopo un anno l’insieme della società mi deve 110, dopo due 121, dopo tre 133,10, dopo quattro 146,41, dopo cinque 161,05, dopo sei 177,16, dopo sette 194,88, dopo otto 214,37, dopo nove 235,81, dopo dieci 259,39. Però in tutto io ho creato 100, quindi l’insieme della società non ha il denaro con cui pagarmi, con cui estinguere il debito, perché esso non esiste. Qualcuno più bravo può riuscire a pagare ed estinguere i propri debiti, prendendo il denaro di altri; ma, nel suo insieme, la società non può farlo.

In alternativa, immaginiamo ora che, ogni anno, la società mi paghi l’interesse, prendendolo dai 100 che io ho creato: dopo un anno la liquidità da 100 scenderà a 90, dopo due a 80, dopo tre a 70, dopo quattro a 60… e dopo dieci a zero, però la società dovrà ancora il capitale, ossia 100. In realtà, però la società non può privarsi della liquidità per pagare gli interessi annualmente maturanti, perché la liquidità le serve per i suoi pagamenti e investimenti. Una società che si priva della liquidità per pagare i debiti si demonetizza, taglia gli investimenti, la spesa sociale, vede moltiplicarsi le insolvenze, va in recessione.

Perciò quello che di fatto avviene è che la società nel suo complesso (settore pubblico, settore privato) non rimborsa, non estingue mai il suo debito verso il sistema bancario, derivante dall’ottenimento della liquidità, bensì richiede continuamente ulteriore denaro al sistema bancario per pagare gli interessi sul debito per il denaro già ottenuto, e per aumentare la sua dotazione di denaro, come richiede l’aumento del valore nominale degli scambi, offrendo ulteriori beni in garanzia. Ma ogni volta che la società ottiene ulteriore denaro dal sistema bancario, aumenta il proprio indebitamento complessivo verso di esso, e la quantità di interessi che deve pagare ad esso. E’ una spirale espansiva, riscontrabile nelle curve storiche dell’indebitamento e del pil.

Quando l’insieme della società non riesce più a ottenere dal sistema bancario il rinnovo dell’intero credito-liquidità, anzi l’ ampliamento de credito-liquidità (richiesto sia per pagare il crescente ammontare di interessi passivi, che il crescente ammontare nominale delle transazioni dovuto alla crescita economica e all’aumento dei prezzi), esso scivola o precipita nella recessione-deflazione, con ondate di insolvenze, disinvestimenti, licenziamenti – ciò che avviene oggi.

Quindi, grazie al suddescritto sistema di liquidità creata mediante accensione di debito soggetto a interesse composto, la comunità bancaria, come cartello, si procura non solo un guadagno del 100% sul capitale creato, ma pure un guadagno pari agli interessi percepiti. E, cosa ancora più importante, mediante il meccanismo dell’interesse composto, quindi mediante lo stesso atto di erogare liquidità a interesse composto, essa crea nella società il bisogno, crescente nel tempo, di ottenere ulteriore liquidità per pagare gli interessi passivi. Quindi il sistema bancario eroga un bene che soddisfa sì la domanda nel presente, ma crea automaticamente maggiore domanda nel futuro – maggiore e più impellente, meno elastica. Essa trascende, di tal guisa, il limite tipico del profitto del monopolista, quello posto dall’elasticità della domanda, ossia, che se il monopolista fissa prezzi troppo alti, la gente, le imprese, comperano sempre meno il suo prodotto. Ne consegue che il profitto del sistema bancario non può che continuare a crescere.
E cresce non linearmente, ossia 100, 110, 120, 130, 140. bensì, per effetto dell’interesse composto, esponenzialmente: 100, 110, 121, 133,10. cioè secondo una curva che, quanto più passa il tempo, tanto più si impenna, tanto più accelera.

Ciò comporta, matematicamente, alcune ovvie conseguenze, che sono oggi tutte empiricamente constatabili:
-La quantità di debito è sempre superiore alla quantità di liquidità;
-Più passa il tempo, più tale differenza aumenta;
-Più passa il tempo, più rapidamente cresce questa differenza;
-Più passa il tempo, più aumenta l’indebitamento della società verso il sistema bancario;
-Questa differenza, questo eccesso di credito, viene cartolarizzato, cioè trasformato in titoli finanziari offerti a risparmiatori e speculatori; la maggior parte dei grandi redditi e patrimoni è collocata, assorbita, in tali titoli;
-Questi titoli possono essere usati come collaterali o pegni per ottenere ulteriore credito;
-Più passa il tempo, maggiore è la quantità di denaro in termini assoluti, e la percentuale di reddito in termini relativi, che la società (settore pubblico, imprese, famiglie) devono destinare al pagamento degli interessi passivi, e che le banche lucrano;
-Ossia, più passa il tempo, maggiore è la quota del valore prodotto dalla società, che il sistema bancario lucra;
-Più passa il tempo, più è necessario che il pil cresca, per tener dietro al crescere degli interessi passivi che la società deve pagare;
-Le banche vendono in parte (dopo averli coriandolizzati, ossia ridotti in piccoli pezzi) i loro crediti, anche quelli verso gli stati, a risparmiatori, fondi pensione, fondi comuni, imprese, facendoseli pagare;
-Poiché il sistema bancario realizza il suo profitto nel rivendere i suoi crediti cartolarizzati, ha interesse a far credito anche a soggetti che sa che non pagheranno (mutui subprime), perché scaricherà il rischio, la perdita, sui compratori di tali crediti cartolarizzati;
-Le autorità monetarie di controllo, essendo controllate dal sistema bancario, non impediscono tali pratiche; né le impediscono i governi, essendo dipendenti dal sistema bancario per il proprio rating e finanziamento;
-Anche attraverso il ricorso a contratti derivati, a indici, a futures, si gonfia una mole di titoli finanziari denominati in valuta legale; questa mole è multipla di decine di volte del valore aggregato di tutti i beni reali esistenti e del prodotto lordo mondiale; essa assorbe la gran parte dei redditi disponibili e dei grandi patrimoni; offrendo una redditività superiore a quella degli investimenti nel settore produttivo, contribuisce a sottrarre liquidità a questo (agli investimenti e ai consumi) e a mandarlo in contrazione;
-Col passar del tempo, il crescente peso degli interessi passivi, il crescente peso dei costi finanziari per l’impresa, la diminuente redditività netta degli investimenti, l’erosione dei margini di profitto, la riduzione della liquidità disponibile in quanto assorbita dal pagamento degli interessi passivi, spingono l’economia reale a rallentare progressivamente, e a fermarsi, poi a contrarsi, quando il costo finanziario (interessi passivi) diviene maggiore dei ricavi (se devo pagare 10 di interesse per aumentare i miei ricavi di 9, mi conviene non solo non investire ulteriormente, ma disinvestire e ridurre la produzione e l’impiego);
-Se la crescita del pil rallenta a lungo o si ferma o si inverte, il sistema monetario, creditizio, bancario, entra in crisi per il venir meno del reddito necessario a pagare gli interessi; singole banche possono fallire; i titoli finanziari derivati da crediti divenuti insolventi, divengono per conseguenza privi di valore, non sono più liquidi (vendibili contro denaro), non danno più reddito (interessi attivi, cedole) e non sono nemmeno più accettati come garanzie; di conseguenza, si ha una brusca contrazione del credito e della liquidità, ondate di insolvenze, licenziamenti e recessione; la mole della ricchezza finanziaria teorica tende a esplodere in bolle;
-Il mondo finanziario, per difendere il suo business, ossia per mantenere gli investitori nonostante tali scoppi, fornisce attraverso i mass media e le istituzioni, anche scolastiche, spiegazioni delle crisi come di accidenti evitabili, e annuncia l’istituzione di misure di prevenzione e contenimento di crisi future;
-Tale scoppio di bolle finanziarie distrugge (titoli di) credito, quindi va a ridurre la differenza, l’eccesso di credito-debito sulla liquidità esistente, sul reddito; in tal modo tende a sbloccare l’economia; esso è dunque inevitabile, è un fenomeno fisiologico e ricorrente;
-Quando però la frequenza degli scoppi aumenta, quando essi si succedono quasi ininterrottamente e tuttavia non riescono a sbloccare l’economia liberandola dall’eccesso di credito-debito, ossia di interessi passivi, allora si approssima la rottura del sistema e questo non è più riequilibrabile o riparabile, e la recessione è inevitabile;
-I capitali tendono a lasciare gli investimenti produttivi e a collocarsi in beni-rifugio, come immobili, oro fisico, titoli aurei; ma gli immobili sono minacciati dalla svalutazione e dall’imposizione fiscale, l’oro fisico è minacciato dalla requisizione statale (già avvenuto nella storia); i titoli aurei sono insicuri per il crescente rischio di insolvenza delle banche emittenti e per il fatto che il loro ammontare è un multiplo dell’oro realmente esistente;
-La recessione, diminuendo il pil e (tendenzialmente) il gettito fiscale, diminuisce le risorse con cui gli stati dovrebbero pagare interessi e capitale del loro debito pubblico; quindi aumenta il rischio di default e aumentano i tassi di interesse che gli stati devono pagare sul loro debito pubblico; e ciò accresce ulteriormente la recessione e il rischio di default, quindi i tassi di interesse del debito pubblico e privato, in una spirale distruttiva;
-I titoli del debito pubblico dei paesi più avanti in questa spirale vengono comperati forzatamente, a condizioni fuori mercato, dalle banche centrali di emissione (o da agenzie finanziate con soldi dei contribuenti) al fine di sostenerli e calmierare i tassi; i capi di dette banche acquisiscono quindi un potere di condizionamento e direzionamento politico degli stati in difficoltà: finanziarizzazione della politica;
-vengono tagliati gli investimenti per infrastrutture, sviluppo, ricerca; ciò deprime ulteriormente il pil, soprattutto a medio termine, rendendo tendenzialmente impossibile il rimborso, o anche il servizio, del debito pubblico;
-Il potere politico si concentra così nelle mani dei direttori delle banche centrali di emissione, le quali sono a guida privata, non soggette a controllo o responsabilità democratiche, non soggette a revisione contabile e non trasparenti nelle loro attività (diritto alla segretezza e alla criptazione), e in larga parte sono per giunta di proprietà privata (Bankitalia lo è alò 95%),
-L’audit, o verifica contabile, della Fed, eseguito nell’Agosto 2011 per la prima volta, ha in effetti scoperto che la Fed aveva speso 13.000 miliardi di Dollari per il bailout di numerosi soggetti finanziari stranieri negli ultimi 6 anni, senza approvazione né informazione del Congresso e del Presidente; ovviamente tali erogazioni hanno avuto contropartite politico-economiche esse pure tenute segrete e non ancora disvelate;
-(in tal senso si spiega perché è stata fatta un’unica banca centrale europea senza fare un’integrazione politica europea, e senza unificare i debiti pubblici: si sapeva che l’integrazione delle politiche dell’Eurozona sarebbe stata fatta dal direttorio della BCE via via che i paesi euro sarebbero entrati in crisi e avrebbero avuto necessità che la BCE comperasse i loro titoli; allora il direttorio della BCE sarebbe divenuto, come oggi è divenuto, il supergoverno dei paesi in crisi);
-In questo modo il cartello monopolista della moneta e del credito raggiunge non solo lo scopo connaturale e ideale del monopolista, ossia di accaparrarsi tutto il reddito pubblico e privato come corrispettivo per l’erogazione di ulteriore credito, non solo tutti gli assets pubblici e privati come garanzie, ma raggiunge anche l’ulteriore scopo di accaparrarsi il potere politico, istituzionale, governativo, lasciando agli organi pubblici costituzionali il ruolo di esecutori e di esattori in favore del monopolista, e di capri espiatori responsabili verso la società;
-Le misure di risparmio, rigore, i tagli, le maggiori tasse, la lotta all’evasione, non hanno effetto sulle cause del male, perché non le toccano: falliscono non perché siano di quantità insufficiente, ma perché sono di natura inidonea (come curare una gamba rotta con un purgante);
-L’Italia e buona parte del mondo si trovano o stano entrando in questa fase; la recessione evolve in depressione, mentre, come condizione per ricevere il necessario, ulteriore credito, crescente quota del reddito viene destinata al servizio del debito, e crescente parte dei patrimoni a sua garanzia; il potere politico viene assunto dal cartello monopolista;
-Tutto ciò è la automatica conseguenza di un monopolio che usa moneta e credito come strumenti per aumentare il proprio potere e non per l’economia o la società; era perfettamente prevedibile ed è stato in effetti previsto; governi, ministri, governatori di banche centrali che non lo hanno previsto e che insistono per rimedi inefficaci sono o incompetenti o mentitori interessati; in ambo i casi, essi sono oramai stati smascherati e delegittimati dai fatti, assieme alle loro analisi, raccomandazioni, prescrizioni e misure legislative.

La via d’uscita da questa situazione distruttiva esiste e si basa su principi semplici. Peraltro è una via di uscita teorica, e che presuppone che il potere effettivo sia assunto da integerrimi rappresentanti dell’interesse collettivo. Inoltre, avrebbe l’effetto di portare a uno sviluppo economico-industriale tanto intenso, da esaurire rapidamente le materie prime e da precipitare il mondo in una crisi ecologica.

Una prima considerazione è già risolutiva: chi crea il valore reale, la ricchezza reale, che a loro volta danno valore alla moneta e al credito, non è il sistema bancario o finanziario, ma quello produttivo. La liquidità è solo uno strumento per gli scambi. Se il sistema che produce la liquidità, ossia il sistema bancario, funziona male, vuole espropriare la ricchezza reale e i diritti politici ai suoi produttori, allora si può sostituirlo, insieme con la sua moneta. E sostituirlo non costa nulla, non comporta danno, appunto perché la sua moneta non ha valore proprio (è pezzi di carta o insieme di registrazioni telematiche), e può essere sostituita con una nuova moneta, prodotta a costo zero, con cui si estinguerà il debito pubblico.

In altre parole: la ricchezza reale, i beni, i servizi, i redditi – in una parola, tutto ciò che è utile, che serve – sono creati dal settore produttivo della società, non dal sistema bancario. Quindi è assurdo, illogico e ingiustificato che il settore bancario si ritrovi a credito verso le società e in condizione di dettare le sue politiche. Esso, non producendo ricchezza reale, non dovrebbe avere alcun diritto e alcuna pretesa sui beni e sui redditi della società. La cartamoneta non ha valore proprio, e il denaro creditizio nemmeno, perché consiste in promesse di cartamoneta. L’una e l’altro possono essere creati a costo zero dallo stato. Le banche private non possiedono alcuna qualità o, alcuna dotazione esclusiva, che sia richiesta per crearli, e che lo stato non possegga.

Quindi il monopolista privato della moneta e del credito, ossia la comunità dei banchieri, che assurdamente si sta impadronendo di tutto il reddito e di tutto il patrimonio e di tutto il potere politico della società senza produrre alcun bene, può essere semplicemente eliminato e sostituito con un organo pubblico che emetta il denaro – denaro creato direttamente dallo stato, a costo zero, senza indebitarsi, e immesso dallo stato in circolazione in diversi modi: spese dirette, investimenti, prestiti, etc.;

Tale denaro può essere usato per realizzare la condizione necessaria e indispensabile per il risanamento, ossia per estinguere il debito pubblico pagando i crediti di coloro che, in buona fede, hanno comperato dalle banche titoli del debito pubblico – salva la rivalsa verso le banche cedenti e i loro azionisti, amministratori, collaboratori;
Per far propria concretamente questa possibilità, attuata in effetti da diversi ordinamenti nel passato e nel presente, vi sono altri punti da capire.

Immaginiamo di essere un’associazione culturale che organizza un concerto pubblico, a cui si assiste pagando un biglietto di 10 Euro. Avendo 1.000 posti a sedere, io, presidente dell’associazione, vado in tipografia e chiedo un preventivo per stampare 1.000 biglietti. Il tipografo mi dice: “Volete 1.000 biglietti . ogni biglietto vale 10 Euro. quindi 1.000 per 10 fa 10.000. ve li stampo per 10.000 Euro. Oppure ve li do a prestito e voi mi pagate il 6% annuo sul capitale di 10.000″. Ovviamente, gli dirò che vuole truffarmi, perché è vero che i biglietti li produce il tipografo, ma il valore dei biglietti, ossia il concerto, lo produciamo noi, l’associazione culturale. Ebbene, i biglietti stampati dalla banca sono come quelli stampati dalla tipografia: non hanno valore in sé, non costano praticamente nulla di produzione, il corrispettivo del loro valore è dato dalla società che crea, offre e compera beni e servizi; ma lo stato, a spese della società (dei contribuenti) li paga coi titoli del debito pubblico, gravati di interesse. Il tipografo, in tal modo, si sta impadronendo di tutto il reddito disponibile e dello stesso potere pubblico.

La banca centrale di emissione segna, nello stato patrimoniale del proprio bilancio, il denaro circolante come “passività”, come se esso rappresentasse un debito. In realtà, come molti economisti riconoscono, esso non costituisce una passività per la banca, perché le banconote in circolazione non danno alcun diritto verso la banca al loro portatore. E’ come se la Fiat segnasse al proprio passivo le automobili circolanti che essa ha venduto. Chiaramente è un abuso, è qualcosa di contrario alla realtà giuridica ed economica, che però consente alle banche centrali di occultare un forte componente attivo del patrimonio e del reddito.
Pensate anche a questa assurdità: se il denaro circolante emesso dalla banca di emissione è una passività, ha un valore patrimonialmente negativo, perché lo stato deve pagarlo con le nostre tasse? Chi mai paga per caricarsi di un debito? E’ palese che qui si sta mentendo per truffare il contribuente, e per costruire un enorme debito pubblico, attraverso il quale i banchieri poi potranno – anzi, adesso già possono – governare la società politicamente.

Immaginiamo ora che tu sia un imprenditore bisognoso di un finanziamento di 1.000.000 per comperare un capannone da Tizio, e che ti rivolga a me, banca Alfa, per un mutuo. Io ti richiedo molte cose, tra cui un’ipoteca sui tuoi beni per 2.000.000, 5.000 per spese e una promessa scritta di pagarmi 100 rate mensili di 15.000 l’una per capitali e interessi. Emetto un assegno circolare di 1.000.000 intestato a Tizio, Tizio lo riceve nel venderti il capannone, lo porta alla sua banca Beta, la quale glielo accredita sul conto corrente, che era in rosso di 200.000 e adesso va in attivo di 800.000. Da tale attivo Tizio ordina alla sua banca Beta di mandare un bonifico di 300.000 all’impresa che gli ha finito i lavori di costruzione; la banca Gamma dell’impresa accredita all’impresa i 300.000. La tua banca registra contabilmente un’uscita di cassa di 1.000.000 (assegno circolare) e un’entrata di un credito di 1.500.000, attualizzato a 1.200.000 – utile 200.000, su cui paga le tasse.

Apparentemente, niente di strano. Ma l’apparenza inganna. La banca Alfa che costi ha sostenuto per emettere quell’assegno, che le ha fruttato il credito di 1.500.000? Ha prelevato 1.000.000 dai propri forzieri? No, si è limitata a emettere un assegno circolare, un pezzo di carta stampata. Quindi l’utile non è 200.000, ma 1.200.000. C’è un milione in più, che è un profitto occulto e sottratto al fisco, a disposizione dei dirigenti della banca.

Perché quel pezzo di carta stampata vale, anche se è solo un pezzo di carta, sprovvisto di copertura? Vale perché è accettato dalle altre banche. E siccome le banche sono indispensabili, tutto ciò che la tua banca accetta come denaro accreditandotelo sul tuo conto corrente, tu lo accetti come denaro. Quindi il valore della moneta bancaria, creata a costo zero e senza copertura, è dato dal fatto che il cartello della banche, monopolista del servizio bancario-monetario-creditizio, lo accetta come denaro. La creazione del denaro bancario o creditizio è un gioco interno, di sponda, della comunità bancaria, che le consente di realizzare immensi profitti senza nulla rischiare, senza dichiararli, senza subire tassazione.

Aggiungiamo poi che, come già detto, se l’importo totale della liquidità esistente (money supply) è 100, esso è composto per 8 da denaro vero, legale, emesso dalle banche centrali di emissione, e per 92 da moneta creditizia emessa dalle banche di credito, e consistente in promesse di pagamento (assegni circolari, attivi di conti correnti, lettere di credito, etc.) di denaro vero (cartamoneta). Quindi queste promesse di denaro vero sono tutte scoperte, perché ovviamente promettono 92 ciò che invece esiste in misura di 8. E per giunta questo 8 si trova perlopiù nelle tasche e nei cassetti dei privati. In sostanza, la moneta bancaria è coperta solo per il 2 per mille circa. Il che vuol dire che gli assegni circolari sono tutti scoperti, nell’insieme. Che se tutti andassimo a richiedere il pagamento in contanti dei nostri attivi verso le banche (conti correnti, libretti, assegni circolari), otterremmo circa il 2 per mille in media. Quindi le banche sono tutte, per loro stessa natura, non solvibili.

Torniamo all’acquisto del capannone. Tizio di vende il suo capannone, che ha un valore reale, contro l’assegno circolare emesso da me, banca Alfa, privo di valore proprio e persino scoperto (come ora sappiamo), e la banca di Tizio, Beta, lo accetta come denaro buono. Quindi il mio assegno circolare, anche se è un pezzo di carta stampata, una promessa scoperta, ha nondimeno un potere d’acquisto: compera il capannone. E io, banca Alfa, posso dire a te che giustamente di mi pagare gli interessi sul milione, anche se io ti ho dato solo un pezzo di carta e non denaro vero, perché il mio pezzo di carta ha potere di acquisto. Ciò è vero. Ma il punto è un altro: come mai io banca, che non creo valore reale, ho il potere di emettere qualcosa che, pur essendo privo di valore proprio, pur essendo sostanzialmente un assegno scoperto, ha potere di acquisto? Quel potere d’acquisto io banca non lo creo, perché non creo valore. Io lo prelevo dal resto della società, che crea valore. Lo sottraggo, grazie al fatto che tu e Tizio lo accettate in cambio di qualcosa che ha valore. Se non lo accettaste, se lo trattaste per quello che patrimonialmente e giuridicamente è, ossia per un pezzo di carta privo di valore, io banca finirei di esistere. Il sistema bancario riesce ad impadronirsi di gran parte del valore reale prodotto dal resto della società grazie al fatto che il resto della società attribuisce ai pezzi di carta bancari un valore che essi non hanno oggettivamente, e paga su di essi gli interessi.

Il sistema bancario poggia quindi sull’illogicità del comportamento collettivo.

L’esercizio del credito bancario privato è, insomma, un’attività di appropriazione unilaterale e surrettizia, del potere d’acquisto, della ricchezza reale prodotta dal resto della società – qualcosa di analogo a una tassa. Ne consegue che, contabilmente, la banca dovrebbe, nell’atto di erogazione del mutuo di 1.000.000, registrare in contemporanea un prelievo di potere d’acquisto di 1.000.000 a carico della società (addebitati al corpo sociale), un’uscita di cassa di 1.000.000 per l’rogazione del mutuo, un ricavo di un credito di 1.000.000 capitale più interessi attualizzati. L’utile, su cui dovrebbe pagare le tasse, sarebbe quindi di 1.000.000 oltre interessi.
Analogo discorso vale per la banca centrale di emissione, che, quando scambia cartamoneta per 1.000.000 contro buoni del tesoro di pari importo, dovrebbe segnare 1.000.000 di ricavi a carico della società, 1.000.000 di uscita di cassa a favore dello stato, 1.000.000 di crediti (oltre interessi attualizzati) di ricavo a debito dello stato, quindi utile 1.000.000 (oltre interessi). L’utile dovrebbe girarlo allo stato quasi interamente, in base al suo statuto. Il grosso dell’utile, però, non viene dichiarato e rimane, come fondo nero, nella privata disponibilità dei vertici della banca centrale.

Gli enormi fondi neri generati nei modi sud descritti dalle banche commerciali e dalle banche centrali di emissione possono essere trasferiti segretamente nel mondo grazie a circuiti bancari come Euroclear e Clearstream e anche attraverso la Banca dei Regolamenti Internazionali, cui trattati internazionali danno la facoltà di fare ciò, ed essere trasferiti e usati in paradisi bancari come le Cayman Islands, per agire sui mercati in via di aggiotaggio e altro.

Una revisione sia degli ingannevoli principi contabili utilizzati dalle banche ci credito e di emissione, sia della contabilità delle une e delle altre, consentirebbe l’azzeramento del debito pubblico verso di esse, la riduzione di quello privato, un fortissimo recupero di tasse evase o eluse, la nazionalizzazione per confisca a costo zero delle quote di controllo delle banche stesse, l’arresto dei loro vertici, la creazione di un sistema monetario e creditizio basato sulla realtà e sulla trasparenza, anche contabile (la contabilità deve riflettere la realtà giuridico-economica, non stravolgerla) in cui il denaro sia emesso dallo stato, che accredita a se stesso il potere d’acquisto che esso incorpora, registrando questa emissione per ciò che essa è, ossia una tassa prelevata dalla società. L’alternativa a questo è ciò a cui siamo diretti ora. Ma se l’unica alternativa all’utopia è l’inferno… stiamo freschi!

Mantova, agosto 2011, Marco Della Luna

Commenti disabilitati

“Sanare il deficit dello stato con i proventi della prostituzione significa accettare il deficit morale nella società…! – Della serie: Matteo Salvini… aripijate!

Comprendo la “concretezza” delle avances di Matteo Salvini (Lega): “Per battere la crisi, tassiamo le lucciole”. Che sarebbe come dire: “pecunia non olet”… quindi in tempi di necessità meglio approfittare della corruzione e della prostituzione imperante, a tutti i livelli in Italia, legalizzandola e tassandola. Allo stesso tempo il mio cuore trema di fronte alla vilificazione dell’amore implicita nella sconcia proposta.

La piaga della prostituzione è un segnale del malessere di questa nostra società e voler guadagnare sulla “malattia” è disumano e dimostra uno spirito debole.

Ammettere che il marcio possa divenire una fonte di reddito…? No, no! Lo stato come ente che tutela il bene comunitario dovrebbe invece disporre delle strategie per eliminare questo martirio della prostituzione e non “tassarne” i guadagni indebiti. Perciò ritengo la proposta di Matteo Salvini indegna di un rapprentante della comunità, di un eletto in Parlamento che lavora per il bene pubblico.

Pensare che il rapporto amoroso possa essere risolto in termini di “prestazioni amorose” è avvilente. La necessità di prostituirsi è una diretta conseguenza della mancanza di ecologia sociale nella nostra società urbanizzata. Forse il meretricio ha origine in conseguenza e da quando è stato istituito il matrimonio monogamo (e reso obbligatorio), altrimenti questa pratica non avrebbe senso in una società spiritualmente ed ecologicamente integra in cui l’amore e la sessualità possano essere vissuti in forme sane e libere e collettive.

Ad esempio se si sente la necessità della promiscuità amorosa si potrebbe compartecipare ad una “famiglia allargata”, ed esperimenti in tal senso sono stati tentati in diverse comunità. Non ha senso accondiscendere alla pratica prostitutiva solo perché si sente il bisogno di promiscuità sessuale, sarebbe invece sufficiente superare il “contratto” monogamo e accettare che vari tipi di legame possano manifestarsi nelle maglie della società. Saranno chiamati forse “harem” -sia al maschile che al femminile od al pansessuale- non fa nulla.

Ovviamente chi non desiderasse un rapporto promiscuo potrà sempre scegliere di unirsi in “rapporti preferenziali monogami”, l’importante è che l’amore prevalga e non lo scambio in denaro.
Se il sesso è conseguenza di manifestazione amorosa nulla posso obiettare nel modo in cui si manifesta ma se diventa “un fatto economico” mi rattristo e piango…..

Infatti posso comprendere che si possa ricevere un compenso per un lavoro di qualsiasi genere, materiale, intellettuale, scientifico, etc. ma un rapporto “intimo” non può -secondo me- essere equiparato ad un “lavoro”, esso è solo una espressione dell’emozione umana di scorgere nell’altro se stesso, amandolo, e quindi non può rientrare nell’ambito delle “prestazioni”….

Ma, vivendo nella società malsana in cui viviamo, sembra che la soluzione per sanare il deficit nazionale riposi nell’accettazione del deficit morale!

Non condivido il “pragmatismo” di persone come Salvini, che vedono le cose nella loro bruttezza: “…se la prostituzione esiste è meglio regolamentarla per un suo miglioramento utilizzativo”. Meglio che la dissolutezza sia legale e controllata…? Questa è una visione che personalmente non approvo….

Paolo D’Arpini, presidente Circolo Vegetariano VV.TT.
Referente P.R. Rete Bioregionale Italiana

Articoli correlati: http://www.circolovegetarianocalcata.it/2008/07/28/cerco-famiglia/

Commenti disabilitati

Marinella Correggia e la guerra in Libia: “Ciò che i media distorcono o non vogliono raccontare…”

Menzogne di una notte insonne (anche sotto il fortunato cielo italiano che nessuno bombarda dal 1945). Menzogne e arroganza fino all’ultimo in una guerra cominciata e continuata con notizie false, in cui i media hanno avuto il ruolo dell’aiuto carnefice. Solo la tivù russa Rt e quella
venezuelana Telesur spiegano che è una vittoria dovuta alla carneficina
compiuta dalla Nato anche con droni ed elicotteri Apache soprattutto negli ultimi giorni.

Per la democrazia che il popolo libico merita, dice il premier britannico Cameron. Peccato che in tutti i mesi scorsi proprio la Nato e i “ribelli” avessero sempre lasciato cadere le proposte di libere elezioni con controllo internazionale avanzate dal governo libico.

Cosa dicono i soliti media.

La Nato fa strage a Tripoli bombardando di tutto e uccidendo 1.300 persone in poche ore come denuncia Tierry Meyssan del Réseau Voltaire; ma Repubblica on line scrive che Gheddafi bombarda la folla. Giusto un titolo, senza spiegazione, giusto un modo per non perdere l’allenamento.

La stessa Repubblica che non si è mai degnata di chiamare soldati i membri –decimati – dell’esercito di un paese sovrano (erano sempre definiti “mercenari e miliziani”), adesso chiama “soldati del Cnt” i ribelli,
tacciando invece di “pretoriani di Gheddafi” i superstiti soldati libici
(quelli non decimati dalla Nato). (A proposito: uno del Cnt, Jibril, ha
fatto appello ai suoi armatissimi “ragazzi” affinché diano prova di
moderazione e non attacchino gli stranieri e chi non li appoggia (il
rischio è certo visti i precedenti).

L’Unità scrive che Tripoli “è insorta”, quando in realtà è occupata dai
cosiddetti ribelli con la copertura aerea della Nato e i civili cioè i
disarmati se ne stanno rintanati nelle case (vedi le testimonianze
ottenute al telefono).

Il Corsera con il suo embedded sceso dalle montagne insieme ai ribelli
spiega enfatico che dopo la “liberazione” di Zawya, “Tripoli si è
sollevata” quando in realtà è stata piuttosto atterrata dai bombardamenti.

E Rai News 24? Peacelink protesta con la redazione: “Nel vostro servizio avete nascosto il ruolo dei bmbardamenti Nato, presentando i ribelli che libravano la Libia soli e festanti, per acclamazione popolare; alterato il senso della risoluzione 1973 che non prevedeva l’appoggio militare Nato agli insorti; taciuto il massacro in corso a Tripoli; presentato prevalentemente il punto di vista Nato (e sempre ripetono la storia dei mercenari neri e dei cecchini). .

Anche il Fatto ci casca: “L’avanzata del Cnt rallentata dal traffico e dal
caos e da centinaia di libici che inneggiano alla fine del regime”
(centinaia, su una città di milioni di abitanti!); “I tripolini sono usciti per festeggiare l’arrivo dei ribelli”. Ma la foto viene da Bengasi…

Per dare l’idea di festeggiamenti che non ci sono, Cnn mette foto di
festeggiamenti non datati a Bengasi. Mentre la reporter dice “vedo strade vuote, le immagini sono di folle festanti con bandiera monarchica, però evocano Tripoli. In un altro collegamento, la elmettata reporter spiega – non senza ripetere la solfa del pericolo di cecchini di Gheddafi – che assolutamente nessun civile nelle strade…allora chi sta festeggiando? Gli armati. E sempre il titolo è “la Nato teme che Gheddafi possa colpire i civili”. Quindi pronti al tiro al piccione.

La cronista di Al Jazeera con elmetto dalla Piazza verde (il nome è già
stato cancellato), parla di festa (e di paura per i soliti cecchini di
Gheddafi…) del popolo libico, “vedete centinaia di persone” (in una città con milioni di abitanti)…alle sue spalle si pressano con la bandiera
monarchica i ribelli armati, ma per lei sono i civili, il “popolo”, “you
can see how people are excited, now they are in control of the capital”.

La confusione voluta fra civili e amati ha fato da leit motiv di questa
guerra. Anche a Baghdad, il giorno della caduta della statua di Saddam a opera di due marine Usa, gli iracheni presenti si contavano in qualche
decina… Un film già visto.

La mattina la Cnn parla al telefono con la solita plurintervistata ottimo
inglese libica diciannovenne che dice che dopo 42 anni sono liberi di
parlare al telefono (ricordo però che gli oppositori a Gheddafi più che la
mancanza di libertà mi evocavano, settimane fa, “gli ospedali che non
funzionano e le scuole dove non si studia bene l’inglese”!); la tivù le
chiede: “ma non c’è gente in strada, solo fighters?” e lei conferma.
Allora, le folle festanti?

Anche la Reuters scrive: “I ribelli entrano in Tripoli, la folla celebra”.
Quale folla? Non c’è nessun video né foto!

Parlano i testimoni

Molti telefoni di persone incontrate a Tripoli poche settimane fa non
rispondono più. Per esempio Rafika, tunisina, ottimo italiano, che
lavorava alla mensa dell’ospedale Tebbe, chissà quanti feriti ci sono
adesso là (vedi sua testimonianza nel file allegato). Ma qualcuno
risponde.

Mohamed, giovane del Niger che vive a Tripoli da 3 anni (lavorava con i
cinesi) e che si arrovellava settimane fa su come spiegare al mondo la
verità (vedi la sua testimonianza di allora nel file allegato), adesso è
rintanato in casa: “Siamo impotenti anche noi. Chi è disarmato non può
avventurarsi fuori, dove tutti sono armati e si combatte. E’ terribile ma
non possiamo che aspettare. Spero che non ci sia un’altra carneficina”.

Ieri diceva “hanno bombardato intensamente anche vicino a casa mia, si è levata una grande polvere, impossibile respirare. Stiamo in casa, e
preghiamo, è il ramadan”. L’altro ieri, prima degli ultimi sviluppi, chiedeva: “MA si sono viste lì le immagini della strage di 85 civili a
Mejer, sotto le bombe della Nato fra l’8 e il 9 agosto? Sono sconvolto,
anche perché qui i media internazionali non ne hanno parlato”.

Era impaurito sabato sera il cristiano pakistano Nathaniel, che già
settimane fa si chiedeva dove sarebbe andato con la famiglia dopo 21 anni in Libia se gli islamisti fossero arrivati (vedi sua testimonianza nel
file allegato): “My sister qui bombardano di continuo, e sembra che i
ribelli siano vicini… non so cosa fare, dove andare, chi ci proteggerà?
Starò in contato con la cattedrale”. Oggi il suo cellulare non sembra aver copertura.

Se Nathaniel sapesse che forse è stata saccheggiata la chiesa a Dara (e monsignor Martinelli è in Italia)… Così dice la statunitense JoAnne, da mesi a Tripoli con suo marito per documentare negli Usa i crimini di
guerra della Nato e dei ribelli: “Siamo chiusi nell’hotel Corynthia, al
centro di Tripoli. Nessuno si avventura fuori. Gli Apache hanno ucciso
molte persone e i ribelli hanno armi pesanti…Doveva partire una nave
proveniente da Malta, per evacuare gli stranieri ma i ribelli l’hanno
bloccata”. Chiusa in casa anche Tiziana Gamannossi, imprenditrice
italiana, l’unica rimasta a Tripoli, dove vive a Tajura: “Sto in casa, non
si chiude occhio. I festeggiamenti per l’entrata dei ribelli? Ma se non
c’è nessuno per strada, ho faticato a trovare un amico che mi riportasse a casa ieri. La disinformazione continua”.

Anche Hana, libica che lavorava per una compagnia petrolifera, è chiusa in casa, da parenti: “Ci siamo spostati perché la nostra casa è troppo vicina a Bab El Azyzya”, qui è tranquillo ma nelle strade non c’è nessuno. Mi hanno detto che volavano anche gli Apache, io non li ho visti vicino a casa. Sì, abbiamo l’acqua e la luce e cibo abbastanza. Stiamo ancora digiunando per il ramadan…fino a fine mese. Non avrei mai pensato che finisse così”.

Lizzie Phelan, giovane giornalista inglese indipendente, aveva un blog che le è stato bloccato: “Poco prima avevo denunciato alla tivù russa RT il fatto che Al Qaeda sia ben presente fra i ribelli arrivati a Tripoli. Qui intorno al Rixos la situazione sembra adesso calma. Ma non si sa come evolverà. Aspettiamo di andare, noi stranieri, in un’ambasciata, forse quella russa”.

Non risponde il telefono di Zinati, quarantenne libico che da mesi
“abitava” con il suo computer su un tavolo all’hotel Rixos cercando di
aiutare il portavoce Mussa Ibrahim nei difficili rapporti con i giornalisti e con le delegazioni: “Ero tornato qui in febbraio per sistemare delle cose e ripartire per il Canada dove vivo da anni; invece sono rimasto, non potevo lasciarli così” diceva settimane fa.

Marinella Correggia

(Fonte: Lista Peacelink)

Commenti disabilitati

Agosto 2011 – Il tracollo delle Borse mondiali, causato dalla FED, passerà alla storia come l’inizio della vera Grande Depressione

È stato l’Undici Settembre per le banche europe; e come l’altro 11 Settembre, è stato un attentato. Autore, lo stesso che ha fatto collassare le Twin Towers (se credete che sia stato Bin Laden, è inutile che leggiate oltre).

Il tracollo è stato causato – scientemente – dalla Federal Reserve. I fatti:

Il 18 agosto, alle 20.06 ora americana, sul sito del Wall Street Journal del noto Rupert Murdoch, appare il seguente alert:

«La FED sta chiedendo alle banche europe che operano in USA se esse dispongano dei fondi per operare su base giornaliera negli Stati Uniti, e in certo casi, consiglia le banche di revisionare le proprie strutture in USA».

Infatti, prosegue il testo «la FED e i regolatori statali segnalano di essere sempre più preoccupati che la crisi del debito europeo possa tracimare nel sistema bancario americano, e perciò intensificano la loro sorveglianza sulle grandi banche europee con filiali in USA».

Con la prima frase, la Banca Centrale americana fa sapere al mondo che sospetta le banche europe di essere insolventi. Da quell’occhiuto controllore che ha dimostrato di essere dal 2007, si comporta come il direttore della gioielleria Tiffany di fronte ad un tizio male in arnese che si dichiara intenzionato a comprare un anello con brillante grosso come una nocciola: «Ma i soldi, lei, ce li ha? Ha un credibile accesso a fondi?». E lo dice ad alta voce, in modo che tutti i clienti sentano.

Come per il false-flag dell’altro 11 settembre 2001, si nota subito una smagliatura nella narrativa, di per sè rivelatrice. Nella seconda
frase, si dichiara infatti che la FED è preoccupata non per l’economia USA, solidissima, ma per la crisi europea del debito: teme possa tracimare nel sistema bancario USA, che – tutti lo sanno – è sano e forte come una quercia, e la sua perfezione può essere guastata solo dall’estero. Anzi, fa sapere nel seguito la FED, se le banche europee non hanno soldi, possiamo prestar loro noi qualche milioni di dollari…

L’ora in cui il Wall Street Journal lancia questo allarme è ben pensata: la Borsa americana di Wall Street è chiusa, ma stanno per aprire le Borse asiatiche.

Che infatti crollano subito, trascinando ora dopo ora le altre piazze mondiali. Capirai: le grandi banche europee (mica la Cooperativa di
Risparmio di Carugo, ma la Deutsche Bank, la Societé Generale…) sono illiquide, anzi insolventi. Immediatamente, le banche europe si trovano in guai duri e veri: chi mai presterà loro dei soldi?

Naturalmente nessuno potrà dire che è stata la FED a compiere l’attentato. L’alert del Wall Street Journal non nomina alcuna fonte,
salvo «people familiar with the matter», «gente addentro alla faccenda”. Se dite che è stata la FED a provocare il disastro, sarete
chiamati «complottisti». (The Fed bombed the market – I ask, “Why?”)

Intendiamoci, non è detto che la notizia sia falsa. Anzi, le filiali americane delle banche europee possono trovarsi in difficoltà a far
fronte ai loro impegni in USA perchè i loro capitali stanno venendo rimpatriati d’urgenza in Europa. Ma a maggior ragione, in una
situazione così delicata, che può ripercuotersi come un effetto-domino nel mondo, cominciando con il congelamento dei prestiti intrerbancari a breve (che fu l’effetto del fallimento Lehman) fino al collasso di Stati, banche ed economie reali per prosciugamento del credito, le Banche Centrali mica spifferano tutto ai giornalisti; al contrario, agiscono con discrezione assoluta, approntando soccorsi in tutta segretezza.

La situazione finanziaria mondiale era in bilico; la FED l’ha precipitata, aggravandola in modo forse definitivo, trasformandola in
Grande Depressione. E l’ha fatto apposta. Perché?

Secondo il sito Zero Hedge sopra citato, l’ha fatto per avere la scusa politica di fare il terzo quantitative easing, ossia una terza stampa di dollari in massa (è una metafora: non c’è più bisogno di stampare fisicamente dollari, basta aumentarne la disponibilità, velocità e abbassarne il prezzo con vari trucchi contabili). È una interpretazione non affatto sbagliata, ma insufficiente.

La verità è che la FED deve mantenere ad ogni costo il dollaro come moneta di riserva mondiale, mentre ne annacqua il potere d’acquisto stampandone a fiumi. Deve stamparlo a fiumi per annacquare l’enorme debito americano in mano ai cinesi e ai giapponesi, ma nello stesso tempo fare in modo che questi e gli altri operatori continuino a comprare e richiedere dollari – anzichè euro, yen e franchi svizzeri come hanno cominciato a fare.

Come ottenere questo scopo? Distruggendo la credibilità dell’euro, delle banche europee, dei debiti di Stato europei.

Intendiamoci, l’euro non è una moneta sana, se non relativamente alla moneta USA. Ma è forte, in quanto la Banca Centrale Europea ha agito al contrario di quella americana: non ha fatto alcun quantitative easing (creazione di massa monetaria), anzi già in piena crisi Trichet ha avuto la bella idea di rincarare il denaro aumentando il tasso primario: ciò ha aggravato la deflazione in corso, appesantito l’economia in recessione e il debito pubblico di noi mediterranei, ma ha «rafforzato l’euro». Cosicchè a livello mondiale si è cominciato a trattare l’euro come moneta di riserva alternativa al dollaro.

Un esempio recentissimo: tutti vogliono comprare in questo periodo di incertezza e di crisi degli Stati-debitori, franchi svizzeri. Ciò
provoca una rivalutazione eccessiva della valuta elvetica rispetto a dollaro ed euro, tanto da danneggiare l’economia svizzera. La Banca Centrale Svizzera, il 12 agosto scorso, ha fatto sapere che, per ridurre il corso del franco, appoggerà la sua moneta all’euro.

All’euro, non al dollaro: per l’impero americano, questo è un segno di malaugurio. Significa che la Banca Centrale Svizzera, quando vorrà abbassare il cambio del suo franco, ne stamperà la quantità opportuna, per comprare con essa titoli in euro del debito pubblico degli Stati europei, Bund, francesi (italiani non credo). Non comprerà Treasury Bills americani, di cui la FED ha stampato troppe cartelle, e che perdono troppo di valore.

Bisogna correre ai ripari: facendo vedere che il dollaro serve ancora, eccome se serve. Anzi, persino la Svizzera ha bisogno di dollari,
tanti dollari, più che euro. Come?

Detto fatto: il 17 agosto, la Federal Reserve di New York fa sapere che la Banca Centrale Svizzera – la più forte e stabile delle Banche Centrali – ha chiesto alla FED un prestito di 200 milioni di dollari, probabilmente per sostenere una grande banca elvetica in difficoltà, si dice la UBS o forse il Credit Suisse, che non riesce a farsi prestare dollari per far fronte ai suoi impegni americani. Segue il noto attacco ai titoli finanziari europei, nonostante le smentite di UBS e Credit. La mano che ha lanciato la bomba di questi rumors, è probabilmente la stessa dell’11 settembre: Al Qaeda in Manhattan (AQIM).

E l’effetto voluto segue immediatamente: i rendimenti dei Buoni del Tesoro USA decennali scendono sotto l’inflazione. Ciò perchè nel
panico, gli investitori che non sanno più dove mettere i soldi (non certo nell’euro, dopo che si è saputo delle difficoltà delle banche
europee), comprano quelle tonnellate di Treasury come se fossero ancora un bene rifugio. Anzi, per comprarli, ci perdono, accettando un 1,8% su Buoni decennali.

L’effetto è forse solo momentaneo, forse no. L’impero americano finanziario e monetario ha deciso di giocare sporco (ma non l’ha
sempre fatto?); si vede che per esso il gioco vale la candela.

La candela (le conseguenze) sono disastrose anzitutto per le banche europe: non trovano più compratori per i propri titoli di debito, come già fanno fatica a trovarne gli Stati europei del Club Med. Persino i prestiti tra banca e banca europea sono calati, come ai tempi del fallimento Lehman.

E il sistema bancario europeo è alla disperata ricerca di capitali: le 90 banche europee che hanno superato i cosiddetti stress test
necessitano di rinnovare 5,4 trilioni dei loro titoli nei prossimi due anni, fra cui le nuove emissioni per essere in regola con le nuove
regole di Basilea III.

Nei momenti tranquilli, si fa così: danno al detentore di una obbligazione che viene a scadenza, un’altra obbligazione con scadenza
più lontana. Ma questi non sono tempi normali, e il detentore, per la nuova obbligazione, vuole avere più interessi. O magari, soldi.

Attualmente, la maggior parte dei titoli delle nostre banche europee (il 60%) è detenuta dalle compagnie di assicurazione. Ora, anche le compagnie di assicurazione cercano capitale (750 miliardi di dollari) per adeguarsi alle nuove esigenze di fondi propri imposte loro da Solvency II, che è l’equivalente di Basilea III per le banche. E, in tempi di crisi, le due regolamentazioni combinate producono effetti disastrosi e imprevisti (ma la Banca dei Regolamenti Internazionali li aveva fatti presenti); di cui il primo può essere che le compagnie d’assicurazione schifino le nuove obbligazioni della banche europee, oggi dichiarate insicure dalle mosse terroristiche della Federal Reserve.

Insomma, nelle prossime settimane vedremo un ammasso enorme di indebitati – Stati, grandi banche europee, asicurazioni – che
implorano di indebitarsi ancor più, che chiedono denaro in prestito a investitori – che, dal canto loro, sono sempre meno e meno disposti a prestare a Stati, banche, assicurazioni a rischio-insolvenza. Con tanta concorrenza e così pochi desiderosi di prestare, provate a immaginare di quanto dovrà offrire loro lo Stato italiano in interessi, per invogliarli. E magari non riuscirà ad invogliarli a
nessun prezzo.

Già ora, del resto, gli interessi sono tenuti a malapena a freno dal fatto che la BCE compra i nostri titoli di debito pubblico, e quelli
spagnoli. I mercati compricchiano, proprio perchè la BCE compra. Ciò significa che Italia e Spagna sono narco-dipendenti, per l’accesso ai mercati di capitali, dalla continuazione degli acquisti della BCE.

Appena la BCE smette, smettono anche i mercati.

E la BCE deve aiutare anche le banche. Si calcola che abbia prestato 530 miliardi di euro finora a vari Stati e banche europee, accettando come garanzia titoli di debito di quelle entità. Fra cui titoli del debito greco. Figuratevi che garanzia. Il guaio è che la BCE, per regolamento, non può accettare, come garanzia per fare prestiti, dei titoli e obbligazioni che le agenzie di rating (americane) dichiarano junk. Se la Grecia fa bancarotta (ipotesi ogni giorno più concreta), i suoi titoli diventano junk, spazzatura: e la BCE non solo dovrà accollarsi la perdita sul suo pacco di questi attivi che non valgono più, ma dovrà restituire quei titoli che ha ricevuto dalle banche europe come garanzia; e le banche europee dovranno sganciare altri 450 miliardi di euro in contante. Che ovviamente non hanno. La stessa BCE, insomma, il prestatore d’ultima istanza, rischia l’insolvenza.

Provate solo ad immaginarvi come sarà ridotta l’economia reale sottostante, come le imprese e i privati otterranno credito per andare
avanti, per il mutuo, per l’acquisto a rate di macchinari o beni di consumo. O meglio, non cercate di immaginare; meglio non vedere. Non vedere le nostre caste da 15 mila euro al mese che prelevano il loro dovuto parassitario da un popolo di disocccupati, a cui hanno tassato persino le mutande.

Si sta ripetendo, con lo stesso ritmo e con gli stessi errori, il processo che trasformò la crisi di Borsa del 1929 nella Grande Depressione del 1931. Anche allora la prima globalizzazione rese il mondo così interconnesso, che una crisi in un Paese provocava un effetto a catena negli altri: pericolo che i politici rifiutarono di riconoscere.

Le follie speculative non furono regolamentate, proprio come oggi non sono stati vietati i derivati e i CDS, nè si sono proscritte le
transazioni ad altissima velocità che sono diventate la piaga della speculazione. Perchè no? Perchè, come nel 1929, si diceva che il
mercato finanziario andava lasciato libero di inventare metodi nuovi, ciò alla fine rendeva più disponibile e a basso prezzo il capitale per famiglie, imprese, acquisti a rate, banche bisognose di liquidità.

Nel 1931 una piccola banca austriaca, la Creditstantalt, fallì. L’effetto a catena colpì economie già indebolite dalla crisi. La crisi
fu – ed è – la stessa cosa del boom: ossia indebitamento eccessivo. Che oggi si chiama leveraging, effetto leva, perchè così suona più tecnico-scientifico. (Home Blogroll Credit Crisis Finance Data News Popular Sitemap RSS Daily Weekly Barack Obama as Herbert Hoover)

Ma indebitamento è. Economie ad alta leva, specie quelle in cui i debiti a breve vengono di continuo rinnovati per fiducia in attivi
dati a garanzia che sono relativamente illiquidi, finiscono sempre male. Governi altamente indebitati, banche indebitatissime, aziende e famiglie ultra-indebitate possono trionfare ed esuberare per un tempo anche lungo. Poi – bang! – di colpo la fiducia crolla, gli allegri prestatori svaniscono, gli attivi diventano invendibili, e la crisi appare come uno spettro abissale. L’euforia lascia il posto a decenni
di miseria, di disoccupazione, di stenti, ovviamente di insolvenze a catena.

È questo il meccanismo che ha scatenato AQIM, Al Qaeda in Manhattan, apparentemente per mantenere al dollaro bucato lo status di moneta imperiale. Il gioco vale la candela? Chissà.

In tanto disastro, può avere interesse una constatazione anedottica: la fortuna di Silvio Berlusconi esiste ancora. Fino a ieri era il
governante più ridicolo e screditato in Europa, il che si rifletteva pesantemente sul debito italiano. I tedeschi facevano sapere che «non desiderano affatto garantire le spese pubbliche dell’Italia. L’unica molla che li indurrebbe a prestare i soldi è la fiducia che hanno nei Paesi che ne beneficerebbero: tra questi non c’è quello governato da Berlusconi» (da un blog germanico). Dopo aver firmato una manovra di austerità che prometteva riforme del pubblico settore (la vera palla al piede) e dei costi della politica, s’è visto che non era altro che fumo negli occhi, una furbata disonesta – la sola cosa vera essendo un durissimo prelievo dalle tasche degli italiani. Appena parlava lui, i mercati chiedevano più interessi sul debito italiota.

Ogni giorno di più, il satiro di Arcore si rivelava quel clown, anzi nano politico e mentale che è. Oggi, dopo l’incontro Merkel-Sarkozy a
cui non è stato invitato, la sua statura è cresciuta. Nel senso che sono stati Angela e Sarko a rimpicciolire. Hanno proclamato di attuare «un vero governo della zona-euro», hanno annunciato la Tobin tax, hanno intimato la Regola d’Oro, ossia il pareggio di bilancio iscritto nelle costituzioni agli altri Paesi. Erano annunci, vacui annunci in pieno stile berlusconiano, furbesco fumo negli occhi alla Calderoli.

Appena finito «il vertice franco-tedesco», i mercati hanno risposto fuggendo, e le Borse crollando in modo spaventoso. La Societé Generale ha perso finora il 40%; la fiducia nelle grandi banche tedesche è scossa. All’occhio dei mercati, non c’è poi tanta differenza: tutti nani uguali questi leader europei, si confondono l’uno con l’altro.

Dunque, Berlusconi è assistito dalla sua ben nota fortuna. Relativamente.

Maurizio Blondet

(Fonte Effedieffe)

Commenti disabilitati