Storia del vegetarismo a cominciare dai tempi Vedici sino ai nostri giorni…
Il termine “vegetariano” deriva dalla radice sanscrita Vag che significa gagliardo; tale radice si trova anche nel sostantivo della lingua latina Vigor, che significa vigore, salute e nell’aggettivo Vegetus che significa sano, pieno di vita.
Il termine Vegetarianesimo fu coniato nel 1847 in Inghilterra dalla prima Vegetarian Society, fondata da William Cowherd della Chiesa Cristiana della Bibbia e adottato poi nel 1857 in Germania ed in Francia nel 1875. Dal 1889 si parla di vegetarismo e dal 1920 di fruttarismo, mentre il Il temine vegan fu coniato da Donald Watron nel 1944 quando fondò a Londra la Vegan Society.
Il vegetarismo non è un compendio di norme alimentari intese a tutelare la salute; non è un movimento di nutrizionisti alternativi; non è l’ideologia rampante delle ultime generazioni e non è nemmeno la tendenza spontanea verso un romantico ritorno alla natura nel rispetto di tutti i viventi. Il vegetarismo (e nella sua più ampia definizione “vegetarianesimo”) è l’espressione più alta, profonda e matura dell’intelligenza positiva e della coscienza universale protesa verso il bene, la verità, la vita e l’evoluzione integrale dell’uomo in a armonia con tutti gli esseri. Nella sostanza è il ritorno al piano originale di Dio per il creato enunciato dai grandi mistici di ogni dottrina religiosa e filosofica.
Il vegetarismo, anche se si manifesta platealmente nelle ultime generazioni specialmente occidentali, affonda le sue radici nei lontani millenni della storia traendo il suo insegnamento dal pensiero dei più grandi illuminati della terra in una sorta di sincretismo universale facendo proprio il pensiero dei grandi filosofi, dei grandi iniziati, dei grandi mistici, letterati e scienziati di ogni tempo e paese base della morale e della spiritualità umana. Il vegetarismo fa suo l’anelito dell’uomo verso la liberazione integrale dai condizionamenti fisici, mentali e morali e lo rende libero e artefice del proprio destino, della propria salute fisica, del proprio equilibrio mentale, dello sviluppo della propria sfera emozionale e della propria elevazione spirituale. Fulcro fondamentale della visione vegetariana è il rifiuto della violenza, in empatica adesione al pensiero janista, al sentiero dell’amore enunciato da Cristo, alla legge della compassione indicato da Buddha, alla via della rettitudine raccomandato da Zoroastro e da Pitagora. La cultura della scienza e dell’etica vegetariana supera le barriere ideologiche, razziali, culturali, religiose, politiche per valorizzare le differenze formali, e sostanziali positive, per espandersi a raggi concentrici sempre più vasti dall’uomo ad ogni essere vivente.
Nella sua pratica attuazione il vegetarismo vuole dare all’individuo gli strumenti per essere artefice del proprio destino attraverso la consapevolezza delle proprie capacità di recuperare e conservare la propria salute fisica, di favorire il proprio equilibrio mentale e sviluppare la propria sfera emozionale e il proprio sviluppo spirituale attraverso stili di vita e abitudini alimentari conformi alla nostra natura di esseri pacifici e fruttariani: da ciò che mangiamo, dalla qualità dei nostri pensieri e dal nostro stato emotivo dipende il nostro benessere, la nostra felicità e l’armonico convivere.
Il superamento da ciò che genera disarmonia nel nostro essere, oltre a prevenire la malattia e ripristinare l’equilibrio energetico dell’individuo rafforzando le sue difese immunitarie, consente di sviluppare una coscienza giusta e compassionevole, una personalità serena, forte e positiva nei confronti della vita rendendo l’individuo parte attiva della sua stessa guarigione.
Il vegetarismo, quindi, supera la concezione meccanicistica, settoriale e sintomatologia della medicina convenzionale per intervenire sulle cause che determinano la malattia, secondo approcci terapeutici alternativi, naturali, di tipo olistico, ambientali e comportamentali.
Il vegetarismo dunque si propone di: dare all’individuo gli strumenti di difesa dalle malattie derivanti da alimentazione e stili di vita contrari alla nostra natura; favorire il rispetto della vita in tutte le sue manifestazioni; debellare la fame nel mondo e salvaguardare la natura; sensibilizzare la coscienza umana verso le necessità vitali di ogni essere vivente; abolire la violenza in senso lato mettendo in atto il principio “non ammazzare” e “non fare ad altri ciò che non vorresti ti fosse fatto”; opporsi ad ogni pratica di sfruttamento dell’uomo come dell’animale sviluppando una mentalità di pace, di condivisione, di non predominio.
Da una nuova cultura umana fondata sulla consapevolezza delle possibilità di autodeterminare la propria condizione fisica, psichica e morale e da una nuova sensibilità umana aperta alla condivisione e al rispetto dei più deboli è possibile porre le basi per la per un mondo libero dalle malattie, dalla violenza e dal dolore. Vivere secondo i principi etici del vegetarismo significa: – estendere i codici del diritto dall’uomo ad ogni essere in grado di soffrire;- valorizzare le differenze formali e sostanziali componenti la vita;- estendere i principi: non ammazzare e non fare agli altri quello che non vorresti per te stesso dall’uomo ad ogni essere senziente;- anteporre il biocentrismo alla visione antropocentrica;- responsabilizzare l’individuo delle proprie scelte che sono in grado di condizionare il destino collettivo e quindi non delegare altri a tutelare il proprio bene fisico, mentale e spirituale.
POPOLI VEGETARIANI
Per quanto concerne gli esempi pratici da stimare, si possono citare oltre agli Hunza del Kashmir, il popolo dei Vilcabamba dell’antico Perù, che seguiva una dieta spartana attorno alle 1200 calorie giornaliere e viveva a lungo sino all’età di 120-140 anni, godendo ottima salute; o gli indigeni del Monte Hagen nella Nuova Guinea, i quali si alimentano con cibi, germogli, canna da zucchero, banane, noci varie, verdure, cuore di palma, oltre alle patate cotte, introducendo, secondo studi 9,92 gr di proteine giornaliere, godono anch’essi ottima salute e compiono notevoli sforzi fisici; i Carani Guarani dell’America del Sud, i quali mangiano molta frutta masticando lentamente ogni boccone, in assoluto silenzio e vivono con gioia e letizia. E poi i russi del Caucaso, gli indiani del Toda (India) e quelli dello Yucatan del centro America. Questi popoli hanno in comune un’esistenza all’aria aperta, aria pura, un’intensa attività fisica in natura, sufficienti ore di sonno, un’alimentazione frugale povera in calorie, proteine e grassi con largo consumo di frutta e verdure crude e cibi integrali; non assumono farmaci e non beneficano di assistenza sanitaria, non soffrono stress particolari, sono lontani dai conflitti psichici tipici della civiltà moderna più economicamente ed industrialmente avanzate come quella occidentale e americana.
Franco Libero Manco