La vera identità sociale bioregionale sta nelle province e nei comuni – Le attuali regioni sono solo “carrozzoni” clientelari e fonte di corruzione, chiudiamole!

“L’è tutto sbagliato.. l’è tutto da rifare” Diceva Gino Bartali, ed aveva ragione… Infatti questo governo sta cercando di risparmiare, per pagare gli interessi alle banche private BCE ed FMI che strozzano la nostra economia, nel modo più antieconomico ed antinazionale. Penalizzando i comuni e le province che sono la radice della nostra identità storica.

Ecco come risparmiare sulla gestione della cosa pubblica: “Ritornare in Comune ed in Provincia.. abbandonando la Regione..”

La regione come ente amministrativo è una realtà spuria ed inesistente dal punto di vista dell’identità locale, infatti le regioni sono state create perlopiù a tavolino per soddisfare esigenze “particolari”, come ad esempio avvenuto con la formazione della Regione Lazio (che doveva essere l’entroterra di Roma capitale dell’impero fascista), attuato sottraendo Rieti all’Umbria (per via delle acque potabili) in cambio di Orvieto (che era nella Tuscia) e accorpando Formia e Gaeta (ex regno Borbonico), etc.

Insomma le regioni, allo stato attuale delle cose non rispecchiano la comunità bioregionale ma rappresentano solo un aggregato territoriale utile ad un sottogoverno. L’Italia dovrebbe ristrutturarsi amministrativamente partendo dalle identità locali bioregionali, molto simili come aggregazione agli attuali cantoni svizzeri, sia per dimensione che per numero di abitanti. Queste “bioregioni” molto spesso corrispondono alle cosiddette Province storiche. Porto l’esempio della srorica bioregione Tuscia, comprendente l’Agro Falisco (Civita Castellana), la Tuscia viterbese (Viterbo), la Tuscia romana (Civitavecchia ed area a nord di Roma) e l’Orvietano. Questa è geograficamente e geologicamente un’area omogenea che potrebbe tranquillamente essere integrata in un ente bioregionale (simbolo di una nuova aggregazione territoriale).

A questo punto le Regioni attuali potrebbero tutte essere dismesse, ricomponendo così l’Italia in nuove entità amministrative bioregionali decentrate e risparmiando miliardi di euro delle enormi spese e costi degli enti regionali (a tutti gli effetti mini-stati all’interno dello Stato). Invero quello che causa voragini ai conti dello Stato sono le regioni e non i Comuni e le Province. Ed è proprio attraverso la “statizzazione” delle Regioni che il federalismo (di matrice leghista) potrebbe fare gravi danni separando ancora di più gli Italiani tra loro e distruggendo l’Italia, già piccolissima di per sé.

Senza contare che le scelte della piccola e poco rilevante Italia in politica o commercio internazionale potrebbero essere ancor più ridotte, o addirittura contraddette o vanificate dalle scelte particolari delle singole Regioni. Tutte cose che puntualmente si sono verificate. Senza contare gli sprechi enormi (pensiamo solo ai deficit regionali nella sanità e nell’ambiente, o alle assurde rappresentanze a Roma o addirittura all’estero). Insomma, spese pazze, clientele, inefficienza per tutte le regioni italiane, e ancor più per quelle privilegiate come “Regioni a statuto speciale” (Sicilia, Val d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Sardegna…). Insomma abbiamo di fronte 2 possibili enti locali, il primo, l’attuale Regione, “utile” ma corrotto, anzi fonte di corruzione per l’intera vita politica e sociale. Il secondo, la Provincia, “inutile”, ma che non è fonte di corruzione, ma semmai un piccolo spreco, soprattutto in considerazione della mancanza di opportune e necessarie deleghe.

Che fare? Siamo sicuri che in un Paese molto piccolo come l’Italia, lo Stato, le Province bioregionali e i Comuni (o i Consorzi di di piccoli Comuni), non basterebbero?

Paolo D’Arpini
Rete Bioregionale Italiana

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