Dietro le quinte… mosse vaticane democristiane in vista del “dopo” Silvio Berlusconi
Mano Forte per Dagospia
Per la serie a volte ritornano, riecco emergere dalle profondità degli abissi la vecchia e cara Balena bianca. Con l’eclissi del nano di Hard-core e con la tempesta giudiziaria in pieno svolgimento, tutti cercano di trovare riparo sotto uno scudo, possibilmente crociato.
La tendenza Dc ormai dilaga. Non più solo nelle segrete stanze dei palazzi al di qua e al di là del Tevere. Non essendo previsto il reato di ricostituzione del partito democristiano, tanti stanno uscendo allo scoperto. Pier Ferdinando Casini, che è stato sempre molto scettico su questo tema, manda avanti Cesa e Buttiglione (la Binetti prega).
Fioroni, che del Pd non ne può più e non sa come uscirne, è disponibile a fare un fioretto pur di potersi agganciare a una nuova prospettiva. Beppe Pisanu, che “minaccia” di mollare Berlusconi un giorno sì e l’altro pure dal 2001, sente più vicina la Chiamata. Bonanni si è stancato di fare il sindacalista a cottimo e vede per lui un ruolo di King-maker nella nuova formazione: qualcuno i voti li deve portare e la rete della Cisl può essere una carta da giocare.
Lo ricorda bene anche Giulio Andreotti (l’unico vero Divo) che nel 2001 rimase vittima della stessa illusione. Allora, a mordere il freno, c’era Sergio D’Antoni e l’avventura portava il nome di Democrazia europea: nessuno se lo ricorda più e questo la dice lunga sulla bontà dell’idea che gli iscriitti ad un sindacato si trasformino per grazia ricevuta in elettori.
Questa volta però, che si tratti di un balenottero e non di una sardina è provato dall’interesse davvero trasversale a questa suggestione. Persino Luca Cordero di Montezemolo inizia ad evocare nei suoi discorsi personaggi e interpreti della vecchia Dc. Claudio Sciaboletta Scajola e Angelino Jolie Alfano su questo sono d’accordo: senza papi Silvio, meglio tornare dalla vecchia mammona.
In Vaticano, archiviata la dottrina Ruini e lasciato in un angolo l’ultrà berlusconiano Fisichella, è il salesiano Bertone a voler dare le carte. È lui che cerca di essere il regista del nuovo film. La differenza fra lui e Montini, papà vero della Dc e futuro papa, è evidente e il primo a esserne consapevole è proprio l’inquilino del piano superiore.
Benedetto XVI, da buon pastore tedesco, ha assegnato i compiti: studiare Camaldoli e favorire l’ingresso nell’agone politico di nuove generazioni di cattolici impegnati in politica (di certo non si riferisce a Pisanu, Scajola, Buttiglione, Fioroni).
Ad accogliere la sollecitazione sono già in diversi, dal Forum dell’ex cislino Natale Forlani (il suo nome è tutto un programma) ai movimenti giovanili di numerose associazioni cattoliche sino alla rivista ”Formiche” di Paolo Messa (nomen omen), la prima a parlare di Camaldoli e che si affida anche alla penna del nuovo banchiere di Dio, Lin-Gotti Tedeschi. Insomma, chi più ne ha, più ne metta. È vero: ad oggi ognuno va per conto proprio ma il rischio (o l’opportunità) è che dopo aver marciato divisi, tutti questi volponi tornino a colpire uniti.
2- UN MANIFESTO PER IL DOPO
Aldo Maria Valli per Europa
L’appello delle maggiori associazioni cattoliche per archiviare il berlusconismo: prove di un nuovo partito? Si chiama Manifesto per la buona politica e il bene comune. L’hanno presentato a Roma sette associazioni di ispirazione cattolica (Movimento cristiano lavoratori, Coldiretti, Confartigianato, Confcooperative, Acli, Compagnia delle opere, Cisl) e vuole essere una piattaforma iniziale per preparare concretamente il dopo Berlusconi.
La presentazione è arrivata a pochi giorni dall’incontro fra diverse realtà dell’arcipelago cattolico promosso da monsignor Mario Toso, segretario del Pontificio consiglio giustizia e pace, dietro ispirazione della segreteria di Stato vaticana, ma le due iniziative non sono collegate, o per lo meno non lo sono state in origine. Entrambe sono comunque il risultato di una crescente presa di coscienza da parte delle forze che si riconoscono nella tradizione e nel patrimonio del cattolicesimo sociale.
Così, dicono all’unisono, non si può andare avanti. Il paese è senza guida, i ceti più deboli soffrono in modo sempre più preoccupante, non si vede un progetto per uscire da questa situazione e buona parte della classe politica appare impegnata più a difendere i propri privilegi che a immaginare un futuro per l’Italia.
Da questa analisi condivisa nasce il desiderio di dare un contributo al cambiamento, e di darlo secondo la prospettiva indicata dalla dottrina sociale della Chiesa: la dignità della persona prima di tutto, la solidarietà come garanzia di giustizia e di sviluppo, la sussidiarietà come strumento per la valorizzazione dei corpi intermedi.
Tutti d’accordo, gli artefici del manifesto, anche nel dire che non si tratta di rifare la Dc e che anzi l’articolazione partitica non è al centro della proposta. «Adesso non è questo il problema», ha detto per esempio il presidente della Compagnia delle opere Bernard Scholz. «Un cattolico in questo momento deve chiedersi come contribuire a ricostruire questo paese. C’è bisogno che la società civile rinasca e si assuma le sue responsabilità. Il problema ora è dare spazi, incoraggiare questi fermenti».
Il manifesto vuole «contribuire al cambiamento della politica », ha spiegato il portavoce Natale Forlani, e «rappresenta la capacità del mondo cattolico di proporre e fare qualcosa insieme per affrontare i problemi costruendo un’alleanza fra società e politica». L’idea non è quella di fondare “l’ennesimo partito”, ma di contribuire alla «costruzione di coalizioni politiche più omogenee».
L’essere riusciti a riunire attorno a un progetto comune mondi così diversi, appartenenti all’impresa, al sindacato e alla società civile, è un primo risultato non da poco, e dimostra quanto siano diffusi il disagio causato dal governo attuale e insieme il desiderio di contribuire al cambiamento attraverso un disegno originale.
Ma dietro tanta concordia si nascondono le immancabili tensioni. Difficile non rilevare che, al tramonto dell’era berlusconiana, alcune delle organizzazioni promotrici del manifesto giocano la partita del riposizionamento politico e che il protagonismo personale di qualche leader, nonostante il richiamo alla “buona politica”, ha un ruolo importante. Francamente poco convincenti appaiono poi gli appelli al rinnovamento lanciati proprio da chi, alla testa di queste organizzazioni, è sulla breccia ormai da molti anni.
In ogni caso resta la mobilitazione, che si concretizzerà in un secondo appuntamento, già fissato per ottobre, e che vuole dare sostanza a quei valori cattolici molto spesso sbandierati ma altrettanto spesso lasciati nell’indeterminatezza. Per ora si è in una fase ancora nebulosa, ma i promotori promettono che presto arriveranno le proposte. Sempre che le tensioni interne non facciano naufragare la scialuppa prima ancora di averla lanciata in mare aperto.
(Fonte La Tua Voce)