Gianfranco Paris: “Ecco come la mafia occupa e gestisce il territorio..”
Il dott. Ingroia, procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo, nella conferenza tenuta martedì 24/5/11 a Rieti, organizzata dalla Scuola Forense della Camera penale locale, sul tema “L’infiltrazione mafiosa e l’economia legale: strategie criminali”, ha definito la Mafia odierna come un sistema di potere economico criminale con capacità di relazione col potere legale. Ed ha perfezionato il concetto affermando che “oggi siamo nella fase di realizzazione di questa relazione”.
Questa definizione della mafia, frutto dello attento studio del fenomeno mafioso da parte di un addetto ai lavori che combatte la criminalità in prima linea, merita di essere approfondita.
La capacità di relazione con il potere legale si concretizza attraverso la collusione dei mafiosi con esponenti del potere politico ed amministrativo del paese sia in modo sotterraneo che attraverso gli appalti. E’ in questo modo che il fenomeno mafioso si è espanso oggi sul territorio nazionale ed ha iniziato a conquistare anche i paesi europei e degli altri continenti, favorito dalla complicità politica che tende a minimizzare il fenomeno per rendere il tessuto sociale più permeabile a tale penetrazione.
Il punto di partenza di questo processo di penetrazione sta nella gestione del territorio. Si comincia con l’acquistare terreni riciclando capitali provenienti dai tradizionali settori della droga e dei vari raket là dove la possibile collusione è diventata matura per essere messa a frutto e ci si accorda con il potere politico per varare su quel territorio progetti di intervento adatti ad essere gestiti economicamente dai mafiosi con gli appalti.
E’ una tecnica ormai consolidata. Difficile da combattere sotto il profilo della repressione perché ha tutti i crismi della legalità e perché i progetti vengono ammantati di presunti benefici per la collettività specie nell’attuale momento di grave crisi del mondo del lavoro.
Ma per ben comprendere il fenomeno bisogna calarlo dentro realtà concrete che ci possano far capire dove esiste il pericolo e come andrebbe affrontato per poterlo scongiurare.
Nel Lazio del sud per esempio la mafia è arrivata da parecchi anni. Le province di Latina e Frosinone hanno già subito una significativa infiltrazione.
Ora è sotto tiro la parte la parte nord, cioè le province di Rieti e di Viterbo, nelle quali si avvertono le condizioni di una possibile infiltrazione mafiosa del tipo di quella fin’ora descritta.
Mi limiterò a citare gli esempi della Sabina reatina a me meglio noti per ragioni di residenza.
Di recente l’ASI di Rieti ha varato, in accordo con il comune di Fara Sabina, un cosiddetto Polo Logistico, cioè la realizzazione di insediamenti di tipo commerciale e di servizio che dovrebbero favorire lo sviluppo di quel territorio. L’insediamento è previsto in un territorio che la Regione Lazio aveva vincolato a parco archeologico a seguito di censimento di reperti effettuati dalla Soprintendenza archeologica del Lazio e da archeologi inglesi inviati dalla madre patria per ragioni di studio, ma comodi per speculazioni edilizie.
Il Polo prevede la realizzazione di una ingente colata di cemento in una zona verde adatta come non mai ad una sua utilizzazione per interventi di protezione a fini di turismo culturale a circa 30 chilometri dal centro di Roma da dove parte la consolare Salaria.
A seguito delle proteste dei residenti che concepiscono lo sviluppo di quel territorio in modo diverso e più consono alla vocazione naturale di quel territorio, sembrava che la cosa quanto meno fosse ridimensionata. Invece è stata approvata una variante che consente la realizzazione, accanto agli insediamenti logistici, di un’altra ingente cubatura di carattere abitativo e commerciale. Variante che è sotto osservazione dell’autorità inquirente su iniziativa di coloro che non sono d’accordo per un tale scempio.
I primi lavori in corso di realizzazione prevedono sbancamenti di terreno per molti ettari e già sono spuntate le ruspe. Tutti sappiamo che il settore del movimento terra in Italia è in gran parte in mano alla mafia e tutti sanno che la mafia è in ricerca continua di capitali da ripulire con operazioni legali.
Già la via Salaria, questa volta circa al kilometro 100 al bivio per il piccolo comune montano di Micigliano sopra Antrodoco, è stata protagonista di un fenomeno di infiltrazione mafiosa. L’Anas ha infatti dovuto revocare l’appalto alla ditta appaltatrice Sisab perché è emerso in sede di indagine che tale impresa fosse in odore di mafia.
L’impianto del fotovoltaico di Piani di Sant’Elia di cui si è occupata la magistratura inquirente l’anno scorso è stato chiesto da una impresa di Milano e tutti sanno che Milano in questi ultimi anni ha subito infiltrazioni mafiose di grande importanza. Questo non vuol dire che quella ditta è mafiosa, ma dovrebbe far riflettere e approfondire coloro che concedono le autorizzazioni.
A Rieti città sono in corso di realizzazione centinaia di appartamenti. Ben 150 sulla via Salaria 4 bis per il Terminillo, tutti da parte di imprese mascherate da cooperative.
Qualche giorno fa il consiglio comunale ha approvato 4 ambiti di territorio sui quali realizzare programmi integrati, in violazione di quanto previsto dal PRG varato di recente e in corso di itinere finale, che consentiranno colate di cemento a macchia d’olio tutt’intorno la cinta cittadina alla barba di quel PRG.
La città di Rieti e la provincia non aumentano da anni la popolazione che stagna su 40 mila nel capoluogo e sui 150 mila in tutta la provincia.
Moltissimi hanno più di un appartamento, le coppie in cerca di casa sono molto poche perché molti se ne vanno in città che offrono migliori prospettive. Il lavoro diminuisce sempre di più mentre lo sviluppo ristagna. E allora perché si costruiscono tante case e negozi?
Il terreno dell’edilizia è il più adatto per il riciclo del denaro. Amministratori attenti a quel che accade intorno a loro dovrebbero porsi questa domanda. Ma non solo non lo fanno, bensì creano le condizioni perché il pericolo di cui ha parlato il dott. Ingroia martedì a Rieti si concretizzi!
Alla mia domanda che cosa si può fare per salvaguardare il territorio da questi pericoli il dott. Ingroia ha risposto, che pur non conoscendo nello specifico i casi da me citati, si può dire con certezza che in generale occorre la massima vigilanza. Ma che cosa è questa vigilanza? Ingroia ha detto che occorre innanzitutto intensificare i controlli istituzionali.
E allora ciò si deve realizzare in concreto, e in via preventiva, innanzitutto attraverso le amministrazioni locali che hanno il polso del territorio e gli strumenti per varare i progetti e setacciare la pulizia delle imprese alle quali affidare gli appalti.
Poi devono intervenire gli apparati dello Stato, i quali però hanno il potere di intervento solo in via repressiva di fronte alla esistenza di un fumus di reato. Normalmente Magistratura, Carabinieri, Finanza. Forestale ecc.. compiono bene il loro dovere, ma essi possono intervenire non via preventiva ma solo quando i buoi sono usciti dalla stalla ed il maggior danno è stato fatto. La conseguenza è che il problema non può essere lasciato solo al sistema repressivo, come invece spesso si tende a fare da parte dei responsabili del potere politico.
In questi giorni ad esempio sembra che la mafia sia sconfitta e agonizzante solo perché sono stati effettuati arresti e retate. Ma così non è.
Inoltre occorre il concorso costante ed attento della stampa e di tutti i mass media che non debbono mai abbassare la guardia. La denuncia di pericoli mafiosi deve essere costante e coraggiosa.
Ma non basta, occorre ancora che si mobiliti la cittadinanza, in primo luogo quella che è più esposta ai ricatti economici e le categorie professionali e in secondo luogo il mondo delle associazioni.
Il fenomeno mafioso deve essere combattuto da tutto il corpo sociale unito, si può vincere solo se ad esso si oppone la cultura della legalità, e la cultura è un qualcosa che deve essere parte integrante di tutta la società.
E’ questa la lezione che viene dallo studio della mafia come fenomeno sociale.
Ma questa chiarezza fa parte integrante della cultura politica della nostra classe dirigente?
I nostri amministratori hanno chiaro questo quadro di riferimento del fenomeno mafioso? Possiamo stare tranquilli?
Con la cultura dell’odio e del perseguimento della ricchezza ad ogni costo che si è diffusa in questi ultimi anni nel mondo politico italiano c’è poco da stare tranquilli!
Gianfranco Paris