Bioregionalismo ad Ospitaletto di Marano (Modena), 18 e 19 giugno 2011: “Incontro annuale della Rete Bioregionale Italiana”

Introduzione al discorso sull’alimentazione naturale

Debbo fare una premessa necessaria, prima di cominciare il discorso sull’alimentazione naturale, vorrei parlare di agricoltura biologica che è alla base dell’alimentazione. Vorrei descrivere il percorso della presa di coscienza olistica alimentare ed ecologica che è indispensabile per una corretta attuazione bioregionale. Inizio perciò denunciando il rischio che pende sulla nostra prima fonte di cibo e sul rischio per la salute e per il genoma universale con l’immissione degli OGM.

Negli ultimi anni, in seguito alla presa di coscienza ecologista e bioregionale, si è innescato del complesso processo di riavvicinamento alla natura avvenuto nel pensiero e nella pratica di pochi precursori o ri-abitatori della Terra (come si dice in gergo).

In piena società industriale e consumista ed in varie parti del mondo alcune persone si sono interrogate sul percorso che l’umanità stava compiendo e se tale percorso potesse realmente corrispondere ad un modello evolutivo o era semplicemente un “impigrimento” legato all’automatismo. La civiltà tecnologica, delle macchine, richiede grande intelligenza e capacità di comprensione per come queste strutture meccaniche, tecniche ed artificiali possano contribuire allo sviluppo della società umana.

Se questa comprensione è difettosa abbiamo un risultato molto simile a quello avvenuto al dormiente apprendista stregone Topolino, che non riesce più a fermare le sue scope cariche di secchi d’acqua, e ci ritroviamo anche noi con la casa allagata!

A partire dagli anni successivi alla seconda guerra mondiale, per uno spontaneo riverbero, in varie parti del mondo piccoli gruppi o singole persone iniziarono a esperimentare nuove forme di sopravvivenza, e siccome viviamo in una società in cui i modelli sono socialmente convalidati solo sulla base della provenienza abbiamo assistito all’importazione di sistemi di vita, onde, mode, che provenendo dagli Stati Uniti hanno poi invaso il resto del mondo. Così è avvenuto per gli hippies, la beat generation ed anche per il bioregionalismo. In realtà gli hippies non avevano fatto altro che imitare fantasiosamente il modello pacifista gandhiano, i beatnik non erano altro che esistenzialisti rivisitati ed i bioregionalisti americani, non son che scopritori dell’acqua calda. Infatti l’ecologia profonda è solo un modo descrittivo ri-visitato del vivere in armonia con la natura, un modello già praticato sin dal neolitico. Questo sentire fu negli anni recenti riportato in auge dalla “filosofia ecosofica” di Arne Naess ma in verità era preesistente ed era la componente principale della coscienza onnicomprensiva e indivisibile della vita già presente nelle civiltà antiche europee, dell’Asia e dell’Africa e dell’Oceania e della stessa America prima della conquista inglese e spagnola.

Ciò nonostante la parola
“bioregionalismo” -in quanto modello di pensiero- viene spesso riferito ad un gruppetto di americani che ne sancirono il termine. Spesso osserviamo che le cose provenienti dall’America, le “riscoperte” fatte in America -e l’abbiamo visto tutti ad esempio con la festa di Halloween che è una “mutazione” dell’antica cerimonia di fine anno celtica- peccano di “americanismo”, sono cioè superficiali, strumentali o al meglio “naive”. Nel bioregionalismo
“americano” ad esempio si tiene conto della geografia territoriale ma si considerano poco altri aspetti più sottili che noi in Europa abbiamo sempre conosciuto come “genius loci” (io la chiamo spiritualità laica o della natura), oppure si tiene conto dei modi di vita umani consolidati (come ad esempio la caccia e la pesca) senza capire se allo stato attuale delle cose essi siano ancora in sintonia con il vivente….

Mi riferisco in questo caso all’abitudine di mangiar una quantità smodata di carne che viene considerata da alcuni “bioregionalisti all’americana” alla stregua di un “dato di fatto” genetico e naturale nell’uomo. L’antropologia e l’anatomia comparata invece dicono che non è così, giacché l’uomo appartiene geneticamente alle famiglie antropomorfe frugivore ed il suo nutrirsi di animali è solo un aggiustamento temporale e ambientale. Gli americani amano la natura, scrivono poesie sul caribù e sull’orso ma non trovano poi nulla di strano di sparargli e cibarsene sotto la luna, tanto essi stessi sono
“selvaggi”…..

C’è inoltre un estremismo “ecologico” di persone che vivono sugli alberi, oppure che rinnegano l’agricoltura, come un tal teorico primitivista Zerzan, ma che non trovano nulla di strano all’occorrenza di nutrirsi di scatolette o guardare la televisione… insomma incongruenze americane.

Altra grande scoperta venuta dall’America è la manipolazione genetica e qui veniamo al dunque dell’argomento che vorrei trattare… E per farlo debbo inserire alcune considerazioni tecniche mutuate da Giuseppe Nacci, un docente che recentemente ha esposto, con grande dovizia di particolari, i rischi connessi agli OGM.

L’introduzione nell’agricoltura moderna degli Organismi Geneticamente Modificati (O.G.M.) è una ingiustificata e pericolosissima alterazione di ciò che l’Evoluzione ha prodotto nelle piante in centinaia di milioni di anni: piante sulle quali si è basata la successiva evoluzione biochimica dei complessi organismi animali superiori, culminati con l’avvento dei Mammiferi negli ultimi 65 milioni di anni e quindi con la comparsa dell’Uomo. Pertanto il delicato equilibrio biochimico della specie umana dipende dall’integrità delle specie vegetali così come l’Evoluzione le ha condotte fino a noi, poiché la Salute di ciascuno di noi è basata sulla Biochimica cellulare umana, e questa dipende, nella propria complessità genomica (DNA), dall’utilizzo di migliaia di vitamine e di complessi fitochimici presenti in Natura.

La pianta è anch’essa un organismo complesso, frutto dell’evoluzione biologica avvenuta in centinaia di milioni di anni: ogni modificazione genetica provocata in essa dall’Uomo (con radiazioni come a Chernobyl, o con retro-virus come attualmente compiuto con gli OGM), produrrà comunque un danno irreparabile che spesso non potrà essere riconosciuto, poiché l’Uomo conosce con sicurezza soltanto poche decine di vitamine e di altre sostanze pro-vitaminiche.

Oggi, per ottenere il vantaggio di una (supposta) maggiore produzione agricola, si ricorre al metodo di modificare il patrimonio genetico delle piante naturali, allo scopo di: modificarne la struttura, renderle sterili (per obbligare gli agricoltori a comprare nuovi semi ogni anno), brevettarne la trasformazione indotta, rivendere in tutto il mondo il prodotto così ottenuto. In realtà non è mai stato dimostrato che le coltivazioni OGM producano maggiori quantità di prodotti, tutt’altro.

Mi son reso conto che non è possibile scrivere oltre di questo tema altrimenti o voi smettete di leggere oppure non sapremo più che dirci all’incontro… per cui chiudo questa introduzione generale e vi invito a partecipare alla discussione….

Paolo D’Arpini – Referente P.R. della Rete Bioregionale Italiana

……….

17° incontro della Rete Bioregionale Italiana – 18 e 19 giugno 2011 – Ospitaletto di Marano (Modena). Per avere tutte le delucidazioni su come raggiungere il luogo dell’incontro e sulle sistemazioni:
caterina.regazzi@alice.it ; Cell. 333.6023090
marco.lapelosa@alice.it ; Tel. 059/794369
 
Informazioni generali e tematiche:
Paolo D’Arpini: circolo.vegetariano@libero.it – 0733/216293

http://retebioregionale.ilcannocchiale.it

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