Nel periodo che va dal 13 al 26 gennaio dell’anno 1993, subito dopo la chiusura dello Stabilimento Terme dei Lavoratori Inps, le Terme dei Papi provvedevano a riperforare in profondità il “pozzetto”, andando ad intercettare una vena primaria dell’alimentazione della “callara”. Per inciso l’operazione fu effettuata senza alcuna autorizzazione da parte della Regione Lazio e neanche del Comune di Viterbo.
Dopo questa riperforazione i pozzi Gigliola e Uliveto che si trovano all’interno del perimetro Inps, si sono asciugati completamente, mentre il “pozzetto” aumentava la sua portata spontanea da 4,5 lt/s a circa 22 lt/s. Il 23 agosto del 1993 una rilevazione del geologo Giuseppe Pagano afferma che il livello del cratere del Bullicame è 45,5 cm. sotto il livello campagna, comunemente detto anche livello di sfioro.
Insomma, si era verificato un vero disastro. Prima di questa operazione la sorgente del Bullicame erogava 11-15 litri/sec; i pozzi Gigliola e Uliveto 9-12 litri/sec ed il “pozzetto” 4,5 litri/sec. Dopo il 26 gennaio 1993 (data di ri-perforazione del “pozzetto) la sorgente del Bullicame perdeva 3-5 litri al secondo, i pozzi Gigliola e Uliveto si asciugavano completamente e il “pozzetto” guadagnava da 13,5 a 17,5 litri al secondo. Da quel momento anche le pozze naturali attorno alla “callara” del Bullicame non ricevono più acqua rimanendo all’asciutto e gli utilizzatori devono rinunciare ai bagni terapeutici. Ma oltre a questi inconvenienti verso i cittadini viterbesi, abituali frequentatori delle pozze, ci sono altri danni che non appaiono subito in evidenza ma sono di grande portata.
Infatti, con il prosciugamento dei pozzi Gigliola ed Uliveto le ex Terme Inps, sono state private del loro valore intrinseco. Infatti, se prima con la presenza di acqua nei pozzi Gigliola e Uliveto, avevano un alto valore di mercato, appetibile a più di un imprenditore, oggi senza l’acqua termale quello stabilimento non vale più niente, nel senso che nessuno vorrà investire in quella struttura sapendola senza acqua. Qui prodest dicevano gli antichi latini: a chi giova? Chi è che ne trae vantaggio?
Con la riperforazione del “pozzetto” le Terme dei Papi hanno avocato all’interno del loro stabilimento, quanto erogavano i due pozzi e cioè esattamente 9-12 litri al secondo.
Il Comune di Viterbo ha anche pensato di surrogare a questa mancanza convogliando fino allo stabilimento ex Inps, i 12 lt/s che fuoriescono dalla sorgente delle Zitelle.
Probabilmente non si è riflettuto abbastanza sulle difficoltà che questa nuova opera comporta. Per esempio, siccome in zona termale non si possono fare scavi ad una profondità superiore a 1,20 metri, non si può quindi mandare l’acqua per caduta, ma bisognerà dotare l’impianto di una pompa, che sarà sempre in funzione con un relativo canone elettrico. Poi c’è il costo dello scavo che dovrà essere fatto per circa 1700 metri lineari. E’ stato previsto quanto potrà costare?
Noi pensiamo che costerà tanto. Ad occhio e croce, per un lavoro fatto a regola d’arte, potrebbero essere necessari circa un milione di euro.
E qui si pone un’altra domanda: Chi pagherà lo scavo? Il Comune, oppure le Terme dei Papi che hanno creato il problema? La soluzione più semplice è una sola: obbligare la Terme dei Papi a chiudere il “pozzetto con una saracinesca per riportarlo alla gettata di 4,5 lt/s. Così facendo le Terme ex Inps riavrebbero il loro prezioso liquido dai pozzi Gigliola e Uliveto e la sorgente delle Zitelle potrà servire per dare un’altra concessione. Perché adesso tutto il comparto termale deve finalmente risorgere e quel liquido vale oro quanto pesa.
Giovanni Faperdue
Presidente Associazione Il Bullicame